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Argelide. L’Italia agoninizzante nella Piazza del Teatro a Monticchiello (Pienza)

La Compagnia del Teatro Povero di Monticchiello (Pienza) ancora una volta è capace di stupire e meravigliare. In Piazza fino al 14 agosto, tutte le sere, una comunità capace di resistere alle prepotenze ed ai soprusi. Quest'anno è alla berlina il debito pubblico.

A 45 anni dal suo esordio, Monticchiello con la sua gente, è in grado di mostrare grinta, coesione, tenacia, capacità, voglia di essere, di stare insieme, di gioire e far gioire. Dolce ed aggressivo, poetico ed amaro, accorato ma non rassegnato, l'autodramma di quest'anno (ideato, scritto, realizzato dalla gente di Monticchiello) entusiasma ed ammalia.

Abbandonare l'auto, salire a piedi nell'ora del tramonto l'ultimo tratto del colle, con i contorni di Pienza e delle Crete senesi all'orizzonte, nelle orecchie i canti che la natura propone, dà la possibilità di ritrovare uno spazio, il proprio, una dimensione, quella che ci appartiene per umanità, un tempo, il nostro che è difficile cogliere nel frastuono della quotidianità. Monticchiello è capace di accogliere, ogni sera, per una ventina di giorni, in piena estate, alcune centinaia di spettatori che, taluni per la prima volta, altri ormai da anni, si muovono da località vicine e lontane, non per assistere ad uno spettacolo ma per partecipare ad un incontro con una esperienza di vita, con una realtà vivace e propositiva, con un fenomeno che con il passare degli anni si consolida e si sviluppa in una forma artistica unica ed impareggiabile.

Non ci sono nomi illustri. Volutamente non viene dato spazio al professionismo. Il lavoro che inizia a gennaio con la scelta del tema e l'elaborazione del testo è un lavoro di squadra. E' la Cooperativa del Teatro Povero, è l'insieme dei ragazzi e delle ragazze, degli uomini e delle donne che vivono a Monticchiello che generano l'esperienza che avvolge e coinvolge. Sempre, immancabilmente. Solo chi partecipa da anni riesce a riconoscere e ad individuare i soggetti, le personalità che compongono il gruppo. Tra tutti i due Direttori artistici e tra loro Andrea Cresti. Lo ricordo ancora, era il 1978, ed era il primo anno che salivo a Monticchiello, giovane insegnante alla ricerca di tutto cio' che poteva far crescere cultura. E così lo vidi nella croce di quel Davide Lazzaretti diretto da Arnaldo Dellagiovanpaola. Andrea Cresti è uno del gruppo. Nato nel gruppo, lavora con il gruppo. La sua mano si percepisce però nei segni, nelle luci, nelle immagini, nel clima della scena. Ma con lui, anima ispiratrice, degno erede di intellettuali che hanno amato Monticchiello e la sua esperienza come Mario Guidotti, si coglie e si riconosce la mano di tutti quelli che negli anni abbiamo imparato ad individuare e riconoscere, che ci hanno sempre meravigliato e stupito: un tempo nelle vesti di giovani garzoni oggi in quella di nonni; un tempo ragazzine, oggi massaie; una volta massaie, oggi donne senza tempo. Non ho visto da un po' il Capoccia. Non ho chiesto per paura.

Anche quest'anno con Argelide la provocazione è diretta, immediata, e come sempre, le scene e le voci colpiscono nel segno. Arrivano al pensiero obbligandolo a riflessioni e congetture, a supposizioni e risposte. Raggiungono sempre l'obiettivo: ci si alza incantati ma inquieti, felici di aver partecipato ma indignati, amareggiati ma pieni di propositi per un domani migliore possibile.

Chi è Argelide? Una vecchia morente, l'origine della vita, il riferimento e la memoria della famiglia, è l'Italia, al capezzale della quale l'intera comunità si avvicina per costatarne la fine. Nonostante l'età, forse 150 anni; nonostante l'agonia sofferente che oscura e annebbia lo sguardo ed il pensiero; nonostante il frastuono dei giovani musicanti irriverenti anche nei confronti di un decesso imminente; nonostante il paese che si concentra tutto nelle stanze del podere, chiassoso e litigioso, renitente ai richiami per un comportamento dignitoso; nonostante tutto e tutti riesce a trovare in sè la forza di reagire, di combattere una battaglia che sembrava l'ultima, che si prefigurava da subito come persa in partenza e priva di risposte possibili. Una battaglia che non valeva la pena di combattere, che non poteva fare storia. La morte non si sconfigge perchè obliga tutti a sostenere un gioco sconosciuto al quale non ci si può sottrarre e del quale non si conoscono le regole. Per Argelide il gioco scelto dalla morte sono gli scacchi, un gioco del quale ignora gli elementi costitutivii, le caretteristiche, la grammatica, le possibilità. Un gioco al quale soggiacere per soccombere definitivamente. Ma a Monticchiello sanno bene che per vincere una battaglia l'espressione rassegnazione deve essere bandita dal linguaggio ed ecco così che Argelide, con un guizzo improvviso, obbliga la Morte a spostare il duello su un altro gioco: la Bestia. La Bestia, una sorta di briscola dove ciascuno è da solo contro tutti, una sorta di poker popolare dove però non è possibile bluffare. La Bestia è il gioco che Argelide conosce e sa gestire ed utilizzando la stessa strategia della morte la sconfigge guadagnando tempo. Così l'Italia-Argelide è salva grazie alla creatività, all'intelligenza, all'ingegnosità, alla tenacia.

Tutti gli anni sono salito a Monticchiello portando amici e conoscenti. Anche quest'anno è stato così. La ragione non è solo quella di potersi confrontare sui sentimenti provati, sulle provocazioni ricevute ma anche quello di diffondere una esperienza culturale di rilievo. Tutti gli anni sono salito una sola volta nel periodo dello spettacolo. Quest'anno voglio tornarci e salire da solo per rivivere l'emozione dell'attesa. Attesa per ritrovare nei personaggi le persone viste e conosciute in altri ruoli ed in altre parti. Persone che con altri ruoli e altre parti, straordinariamente, riescono a far provare sempre le stesse emozioni. E tra loro il Jolly, quella persona-personaggio che è allo stesso tempo Monticchiello e l'Universo, passato e futuro, furbizia, sagacia, sapienza; è l'uno che rappresenta la totalità della sua gente, buffone e saggio, denigratore e taumaturgo, è Balzellino. Balzellino, personaggio senza tempo, capace di rievocare, con una presenza di pochi secondi in Argelide, tutti i ricordi della Piazza del Teatro, tutti gli anni passati. Con lui si capisce perchè Giorgio Strheler coniò per questo evento una definizione ad hoc. A Monticchiello infatti non si mettono in piedi spettacoli. Qui si celebra un autodramma.

L'autodramma della gente. E non solo di Monticchiello.

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