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Aprire un’impresa? E’ subito fatto (2)

Aprire un'impresa? E' subito fatto (2)

Denaro, money, argent, geld, dinero, é’±, in qualsiasi modo lo chiamiamo la sostanza è sempre quella, ed è tutto quello che serve per aprire un’attività, anche senza toccare l’art.41 della Costituzione, come dice di voler fare Tremonti.
Volete aprire un ristorante? Mandatemi un’email, meglio ancora un bonifico bancario, e domani mattina siete proprietari del mio locale. Licenze - come dice Berlusconi - permessi ed altre gabole non esistono: a tutto in Italia c’è un escamotage per risolvere la questione. Non serve esperienza, non serve mestiere, tutto si impara. Se va bene siete dei geni, se va male è il mercato che detta le sue regole, come sostengono gli economisti.

Perché pochi "si buttano"? Perché manca il denaro, tutto qui.
Certo, detto così sembra semplice e non servono tanti libri di marketing per aprire un’attività, ma è la verità.

Se avessero ragione i libri, i migliori commercianti (o industriali) sarebbero i professori universitari o gli studiosi di economia; invece fanno i docenti e gli esperti, e si guardano bene dall’investire anche un solo centesimo in un’impresa. Spesso invece sono le persone normali ad iniziare una nuova attività, quelli con pochi o nulli studi, ma con qualche buona idea, tanta volontà di emergere, di mandare a quel paese il proprio datore di lavoro, di cambiar vita, di mettersi in gioco, di affrontare il rischio e l’avventura.

Anthony Bourdain, chef diventato famoso nel mondo non per le sue ricette, nel suo primo libro Kitchen Confidential - Avventure gastronomiche a New York, porta tutta una serie di esempi di ristoranti falliti, a prescindere dal talento dei suoi cuochi e patron, salvo dimostrare - alla fine - che c’è un fattore X per cui un suo collega ha avuto successo, sempre e comunque.

La base di partenza sono i soldi. Se li avete, ma non avete l’arte, potete sempre assumere chi ce l’ha, e farvi fare il lavoro da costoro. Mario Poletti Polegato, tanto per riprendere un esempio già fatto, dopo aver brevettato i suoi "buchi" ha assunto cinque giovani collaboratori che fanno fatto il lavoro sporco, dal marketing alla creatività.

Il ministro dell’economia, piuttosto che pensare a "riforme" roboanti della libertà d’impresa, dovrebbe pensare di più a come far arrivare soldi alle imprese in essere o in fieri. E’ il denaro che crea le opportunità, lo sviluppo, le possibilità di entrare in nuovi mercati, creare nuova occupazione, creare ricchezza. Se non arriva denaro né alle imprese né alla popolazione non avviene nulla o, meglio, i consumatori non comperano, le aziende non vendono e chiudono, come avviene tutti i giorni.
Come si dice, il denaro non dà la felicità, ma aiuta molto a raggiungerla. Il sorriso a trentadue denti arriva dopo, ed anche questo aiuta, ma arriva dopo.

Lo ha capito bene Muhammad Yunus, premio Nobel 2006 per la pace, inventore del microcredito per imprenditori troppo poveri per ottenere denaro dalle banche tradizionali. La sua creatura, la

Grameen Bank oggi ha 1.084 filiali in cui lavorano 12.500 persone. I clienti in 37.000 villaggi sono 2.100.000, per il 94 per cento donne. L’organizzazione non è in perdita: il 98 per cento dei prestiti viene restituito.

Yunus non ha cambiato né leggi né costituzioni, ha solo imprestato soldi sulla fiducia. Ed il "mercato" lo sta premiando.

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