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Appello Dell’Utri - 20a puntata

Prima parte della requisitoria al processo d’Appello. Il pg: "Dell’Utri si è comportato come un mafioso ed è al servizio di Cosa Nostra".
 

È iniziata, durante l’ultima udienza del processo Dell’Utri, la requisitoria del procuratore generale Antonino Gatto. Requisitoria che durerà ben cinque udienze, ma che non potrà servirsi di prove, come le famose lettere inviate, secondo l’accusa, da Provenzano a Berlusconi tramite Marcello Dell’Utri. È solo l’ultima delle tante prove non ammesse dalla Corte dall’inizio del processo. I maligni sostengono che il presidente della Corte, Claudio Dall’Acqua, abbia fretta di concludere alla svelta il processo per potersi trasferirsi a Caltanissetta, dov’è stato promosso. Comunque stiano le cose, è certo che almeno un merito queste lettere lo hanno avuto. Quello di riaccendere, finalmente, i riflettori, anche dei grandi giornali, su questo processo. 


Quando iniziai la rubrica nessuno, salvo pochi cronisti come Lirio Abbate, a cui non sono concesse più di 10 righe di agenzia rigorosamente clandestine e invisibili anche su internet, ricordava più che il processo Dell’Utri fosse in corso. Stavolta, in aula, c’erano le videocamere e qualche giornalista in più del solito. È ancora troppo poco per il processo eccellente più importante del momento, ma in Italia è un successo straordinario. Da autentico paese semilibero.

In questa puntata pubblichiamo, praticamente in esclusiva, la trascrizione testuale dei passi principali della requisitoria. Scremata dei tecnicismi processuali e, per maggiore leggibilità, sintetizzata in alcuni tratti.

In questa prima parte il pg mette al vaglio i rapporti intercorsi fra Vittorio Mangano e Dell’Utri fino agli anni ’70. Occhio alle conclusioni.

Il ruolo di Magnano nella Bacigalupo
Marcello Dell’Utri conosceva la “capacità di protezione di Mangano dai tempi della Bacigalupo”, squadra di calcio palermitana allenata da Dell’Utri in cui giocavano il figlio del mafioso Gaetano Cinà insieme all’attuale procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. “Mangano avrebbe dovuto assicurare in quella lontana epoca l’incolumità fisica dei giovani appartenenti alle classi agiate che andavano a giocare ai campi della periferia di Palermo e in zone degradate della città e, quando vincevano, dovevano scappare poiché era esposta a pericolo persino la loro incolumità.”

Arrivo ad Arcore
Quando all’assunzione di Mangano nella villa di Berlusconi ad Arcore, ufficialmente come stalliere, il pg ritiene difficile credere che non sia stato possibile trovare in Brianza “delle persone che non sono state capaci di sovrintendere alle colture di Arcore e nientemeno sia stato necessario spostarsi dall’estremo nord all’estremo sud per trovare, esclusa tutta la massa di contadini e delle persone che si intendevano di coltivazioni della Brianza, per trovare, a Palermo, una persona che di quelle coltivazioni poteva saperne poco o nulla”. “Gli interessi che Mangano coltivava erano di tutt’altra natura”.

Il fattore incompetente
“Esaminando un poco criticamente tutte le affermazioni che vengono fatte al riguardo” dell’esperienza di Magnano con i cavalli “vediamo che questa sua particolare esperienza con la cura e con l’allevamento degli animali riposa solo sulle sue [di Mangano] labiali affermazioni che sono state smentite […] persino dallo stesso imputato che, in un passo delle sue spontanee dichiarazioni […] afferma testualmente che Mangano si interessava di cani, ‘non sapevo neanche di cavalli’.”

“Silvio Berlusconi, nelle dichiarazioni da lui rese al giudice istruttore di Milano [nel 1987] ha affermato, a proposito dell’assunzione di Mangano, che lui aveva in animo di impostare un’attività di cavalli, attività poi non realizzata perché Mangano si rivelò essere un noto pregiudicato. Quindi Berlusconi stesso afferma di avere avuto in animo [...] di impostare questa attività e che questa attività non fu poi realizzata.”

Quale fu la “ragione per la quale si sentì la necessità di percorrere 1200, 1500 chilometri per andare da Arcore, estremo nord, a Palermo, estremo sud” per trovare “un tizio che aveva interessi da coltivare di natura ben diversa” da “un allevamento di cavalli che poi non fu realizzato, come dice espressamente Silvio Berlusconi”? “Ci si deve chiedere, se non è questa la ragione per la quale Mangano venne assunto ad Arcore, quale possa essere questa ragione.”

Stalliere o bodygurad?
“Berlusconi riponeva estrema fiducia in Mangano” perché a lui soltanto lasciava accompagnare i suoi figli a scuola e lo lasciava sedere a tavola con lui alla villa. “Addirittura accompagnava la moglie [di Berlusconi] a Milano”. Quindi il pg si domanda: “da quali pericoli Mangano avrebbe potuto proteggere i figli di Berlusconi dai quali non poteva proteggerli l’autista? Quali erano questi pericoli dai quali solo Mangano avrebbe potuto fare fronte? Non è che ci dobbiamo pensare molto”, ironizza Gatto.

“Queste circostanze escludono che Mangano sia stato chiamato ad Arcore per le sue abilità agricole o per le sue particolari abilità equine”. Il boss è stato assunto ad Arcore “per la protezione che Mangano può accordare”.

“Mangano fornisce una garanzia” a Berlusconi “prima ancora di diventare uomo d’onore”. “Milano era il campo operativo di Mangano” che assecondava “quelle mire finalizzate a stringere l’imprenditore nel suo abbraccio al fine di porselo nelle mani.”

“Questa chiave di lettura può spiegare quelle infedeltà del garante rispetto al rapporto di garanzia che aveva assunto; ed è facile, a questo proposito, pensare al tentato sequestro del principe d’Angerio [amico di Berlusconi rapito nel dicembre del 1974 subito dopo una cena col Cavaliere, nda] in cui questo stalliere [...] fu il basista.”

Mangano “fu lasciato ad Arcore” da Cosa Nostra “quale simbolo della protezione accordata da Cosa Nostra a Berlusconi.”

Le colline pistoiesi
24 ottobre 1976. “Tonino Calderone e Nino Grado si trovavano a pranzo presso un ristorante di Milano, Le colline pistoiesi. Nel ristorante “entrò Mangano in compagnia di un signore elegantemente vestito”. “Il Grado - racconta testualmente il pentito Calderone - si alzò per andare a salutare ed ossequiare comportandosi con molta riverenza nei confronti di questo signore”. “Il saluto - racconta in aula il pg - consistette in una stretta di mano [...] ma molto calorosamente”. Dell’Utri e Mangano “presero posto allo stesso tavolo dove sedevano il Nino Grado e il Calderone, e Mangano procedette alle presentazioni con nome e cognome.”

Alle nozze di Jimmy Fauci
Dell’Utri “il 26 giugno 1996 davanti al Tribunale aveva negato di conoscere sia Bontade che Teresi, mentre invece [...] è rimasto accertato che nell’aprile del 1980 il Dell’Utri aveva partecipato al matrimonio di Jimmy Fauci [boss dedito al traffico internazionale di droga, nda] sedendo all’intrattenimento nuziale allo stesso tavolo cui prendevano posto Mimmo Teresi e l’allora latitante Francesco Di Carlo al quale, su invito del boss Teresi il Dell’Utri fornì i propri numeri di telefono affinché si mettesse a disposizione per l’ipotesi in cui il latitante Di Carlo dovesse capitare a Milano.”

Dell’Utri “a Londra ci andò - afferma il pg - apposta per il matrimonio di Jimmy Fauci e non ci capitò solo accidentalmente, perché è veramente ridicolo che in una città di 14 milioni di abitanti si possa partecipare casualmente ad un matrimonio perché si passa e si vede che c’è qualcuno che si sta per sposando, a cui, casualmente, è presente anche Mimmo Teresi.”

“Si è comportato come un mafioso”
“Se Dell’Utri, nonostante le importanti funzioni istituzionali ricoperte, non prende le distanze da Mangano, e anzi nelle manifestazioni esteriori mostra un amichevole apprezzamento nei suoi confronti, in quel modo si comporta, di fatto, come si comporterebbe un mafioso. Perché un mafioso così si deve comportare: innanzi al giudice nego, e sono autorizzato a farlo per necessità difensive, fuori dalle aule giudiziarie non posso disconoscere il fratello. Si è comportato in questo modo da mafioso.
E allora mi pare che non possa dirsi che sia una mera congettura ritenere che egli sia stato e sia persona a disposizione dell’organizzazione mafiosa. E poi partecipe del disegno che questa, attraverso il Mangano e la protezione accordata a Berlusconi, perseguiva nei confronti dell’imprenditore.”


 

Segnalazioni

Il giallo della società dei fratelli Mori-Berlusconi
Paolo Berlusconi e il fratello del generale Mori nella ditta di costruzioni "Co.Ge". Un rapporto della Dia del ’99 ipotizza infiltrazioni mafiose. Erano nel "tavolino degli appalti". Leggi l’articolo
Dell’Utri, fermato l’imbroglio
Il giudice Salvatore Scaduti presiede il processo d’appello Dell’Utri a Palermo. Non quello per mafia, ma un altro per calunnia (a danno dei pentiti che lo hanno accusato di collusioni mafiose, qui la storia) in cui il senatore è stato assolto in primo grado. Ora il giudice rischia di essere trasferito prima della sentenza. Leggi l’articolo

 

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