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Anniversario della morte di Peppino Impastato: “La mafia è una montagna di merda”

Anniversario della morte di Peppino Impastato: “La mafia è una montagna di merda”

Ecco cosa Peppino Impastato pensava fosse la mafia. Semplice, diretto ed efficace. “Mafia, una montagna di merda”, era questo il titolo di un suo famoso articolo comparso nel 1966 sul giornale “L’Idea socialista”. Peppino Impastato era un ragazzo semplice, coraggioso ancor più perché proveniente da una famiglia mafiosa, coraggioso perché non solo attaccava la criminalità organizzata, ma perché la derideva, la dileggiava e la metteva in ridicolo.
 
Nel 1977 aveva fondato Radio Aut, libera e autofinanziata, di cui la trasmissione satirica Onda pazza era uno dei programmi più seguiti. La sua voce doveva essere diventata insopportabile per il boss del paese, Tano Badalamenti. Sentirsi sbeffeggiare con quel soprannome, don “Tano seduto”, doveva mandarlo fuori di testa. I boss son persone da rispettare, non omuncoli che un ragazzo qualsiasi si poteva prendere il lusso di prendere per i fondelli, di irridere agli occhi dei conterranei.
 
Così, don Tano, decise che per quel giovane del suo paese era giunta l’ora di stare zitto, di tacere. Quel trentenne insolente doveva essere tolto di mezzo, aveva parlato abbastanza. Figurarsi che aveva pure deciso di candidarsi alle elezioni comunali, dove avrebbe potuto infilare ancora più il naso in affari che non lo riguardavano. Diede l’ordine di ammazzarlo, nonostante il buon cognome che portava. Il giorno delle elezioni non lo avrebbe proprio visto. Come avrebbe potuto un potente boss sopportare un affronto del genere? I boss vengono spiazzati dal coraggio delle persone libere. La vigliaccheria è la sola a dominare le loro vite.
 
E così, la notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 Peppino saltò in aria sui binari della ferrovia del paese, il suo corpo venne adagiato su cinque chili di tritolo. Di Peppino Impastato non rimase più nulla. La magistratura, le forze dell’ordine e la stampa parlano prima di un atto terroristico di cui l’attentatore stesso sarebbe rimasto vittima, poi viene fuori la storia del suicidio, una serie di depistaggi a cui gli amici e i familiari non credono. Loro sanno che Peppino è stato ammazzato, sanno che a volere la sua morte è stato don Tano. Solo nel 1984, l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, grazie alle indicazioni del consigliere istruttore Rocco Chinnici, che era stato ammazzato l’anno precedente, emette una sentenza a firma di Antonino Caponnetto, in cui si stabiliva la matrice mafiosa del delitto, ma a carico di ignoti. Bisognerà attendere l’11 aprile del 2002 perché Badalamenti venga condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio. Due anni prima la Commissione parlamentare antimafia aveva approvato una relazione che riconosceva la responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.
 
Quest’anno la casa confiscata di Badalamenti verrà restituita alla comunità. Un bel modo per ricordare Peppino Impastato nel trentaduesimo anniversario dalla sua scomparsa.
 
Abbiamo sentito il fratello di Peppino, Giovanni, che con la madre Felicia, scomparsa nel 2004, non ha mai smesso di lottare per ottenere verità e giustizia.
 
Quest’anno finalmente la confisca della casa di Badalamenti. Che ricordi ha con Peppino legati a quella casa?
 
Diciamo che noi abbiamo sempre abitato molto vicino a casa di Badalamenti. I miei ricordi sono quelli di quando con Peppino percorrevamo quella strada, di quando con Peppino portavamo avanti le battaglie contro la mafia e ci ritrovavamo di fronte, a qualche centinaio di metri dal grande boss. Sono ricordi di due mondi completamente diversi, distanti però molto vicini geograficamente. I ricordi sono di quando vedevamo lui affacciato sull’uscio di casa, ricordi di tante persone che entravano lì dentro, soprattutto boss mafiosi. La casa di Badalamenti si trovava al centro del paese e lui aveva la possibilità di vedere tutto, di guardare tutto, di controllare su tutto, in particolare nelle feste di paese. Siamo noi oggi ad aprire quella casa, siamo noi che entreremo con le chiavi in mano, con le chiavi della legalità in quella casa, per cercare di ricominciare a lavorare, a produrre qualcosa di utile, soprattutto per le nuove generazioni.
 
Anche sua madre, come Peppino col tempo è diventata un simbolo della lotta antimafia. Qual è il più bel ricordo che ha di sua mamma e suo fratello insieme?
 
Sì, anche mia madre è diventata un simbolo, anche mia madre è stata protagonista di alcune battaglie importanti, e il ricordo di mia madre con Peppino è quello di una madre che l’ha sempre protetto, ha cercato sempre di salvaguardare un po’ più lui, perché aveva paura che succedesse qualcosa. Ma possiamo dire che il periodo più bello vissuto insieme a Peppino è stato quello dell’infanzia, i ricordi più belli sono dell’infanzia quando abbiamo avuto la possibilità di stare più vicino a Peppino.
 
Inizialmente stampa, forze dell’ordine e magistratura hanno sostenuto che Peppino si fosse suicidato. Di questi giorni la notizia dell’archiviazione di un altro caso, quello di Niki Gatti, un ragazzo che dicono si sia tolto la vita in carcere e troviamo ancora la puzza di criminalità organizzata. Due storie diverse che non sono cadute nell’oblio grazie a due “madri-coraggio” che cercano verità e giustizia. Dov’è lo stato e l’opinione pubblica? Non cambia mai niente in questo paese?
 
Non è vero che non cambia mai niente, le cose stanno un po’ cambiando. Il fatto che noi andiamo a rilevare la casa di Badalamenti credo che sia un segnale di cambiamento, il fatto che noi teniamo sempre aperta Casa Memoria, anche questo credo che sia un segnale di cambiamento. E’ chiaro che non ci sono risvolti importanti per il semplice motivo che purtroppo ci sono delle precise connivenze, delle precise convivenze, tra la mafia e una parte delle istituzioni, questo mi sembra un pochino chiaro. La battaglia diventa difficile soprattutto per questo motivo, perché io sono convinto che la mafia sia un problema culturale, che bisogna far leva su una cultura mafiosa, che bisogna andare avanti in un certo modo e piano piano le cose cambieranno. Però poi dobbiamo pure capire che non cambia molto perché non c’è proprio la volontà, anche a livello istituzionale, per poter far cambiare le cose.
 
Che giorno sarà il 9 maggio 2010?
 
Il 9 maggio 2010 io son convinto che sarà uno dei più importanti anniversari, addirittura ancora di più rispetto al trentennale per il semplice motivo che quest’anno abbiamo raccolto molte più adesioni rispetto al previsto. Diciamo che è stata una cosa veramente impressionante, dove ci sarà un’enorme partecipazione, soprattutto al corteo. L’altra cosa importante è il fatto che domani sera il corteo si concluderà davanti alla casa di Badalamenti, la casa che è stata rilevata ed è stata affidata a noi, alla nostra associazione. Proprio oggi è stato fatto un sopralluogo, un sopralluogo importante, e chiaramente tutto si risolverà nel migliore dei modi. Questo è un anniversario importante anche perché abbiamo dato spazio ai movimenti e a quelle realtà che hanno bisogno di visibilità. 
 

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