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Tg1, festini, referendum elettorale. Porcellum

Di Fab (---.---.---.249) 21 giugno 2009 19:38

Non mi sembra affatto allucinante il sostenere l’astensione verso questo referendum. Anzi, mi appare indifendibile.
Certo, nel merito delle proposte e proprio per questo.
 
I referendum politici non sono comparabili con i referendum etico/sociali; l’esempio riportato e che riguarda la Chiesa non ha senso poiché di differente classificazione e analisi politologica.
 
Per astensione s’intende l’astenersi dal recarsi alle urne, dove sono approntati i seggi esclusivamente per i referendum. Nell’articolo non s’invoca tout court l’astensione per i seggi approntati anche per i ballottaggi delle amministrative dove si sostiene invece la possibilità, sancita dalla Costituzione e considerata opportuna nel merito, di non ritirare le schede. Recarsi alle urne è un diritto, non un dovere giuridico.
 
L’astensionismo “attivo” di cui si parla e il non ritiro delle schede dei referendum sono un’espressione di volontà dell’elettore. Le analisi dei numeri elettorali e le strategie d’opinione indicano e suggeriscono che se si è contrari al contenuto di una proposta referendaria, il più delle volte lo si esprime con il non voto poiché più efficace per il raggiungimento dell’esito sperato.
 
Non ho parlato di astensionismo passivo ma attivo per cui la tua riflessione, Gloria, non tiene conto di questa differenza ed erroneamente generalizza in alcuni tratti.
 
Nel merito, la semplice abrogazione (ed anche questo concetto sembra tu non abbia tenuto presente) di parti di una legge non è ritenuta migliorativa dai contrari al referendum (che si rivelano astensionisti) ma peggiorativa; per cui toccherà, nel caso, tenersi quella legge elettorale anche se non piace. Non “ci” (in risposta al tuo “vi”illudete) facciamo alcuna illusione che l’insuccesso “freghi a qualcuno”. Serve solo a non peggiorare la legge, a cercare di non aumentarne i danni, tutto qui.
 
Che la gente non sia motivata ad andare a votare (tu intendi, evidentemente, alle politiche) è un altro discorso e non è comparabile con il voto/non voto al referendum, che continuerà ad esserci come idea e metodo; sono due piani distinti dell’ingegneria elettorale. Si sostiene di non votare nel merito di questo referendum; non si sostiene di non andare più a votare né, da cittadini, si seguono solo le manovre dei partiti. Non votando questo referendum si esprime, per quel che è possibile con un referendum abrogativo e che ha dunque una modalità dicotomica, un punto di vista di contrarietà a queste proposte referendarie.
 


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