Ad un certo punto era palese che Balotelli volesse uscire dal gioco.
Prima si fa ammonire per un fallo talmente stupido che è difficile non fosse premeditato: https://www.youtube.com/watch?v=Zs1...
Poi simula danni invalidanti amplificando gli effetti di uno scontro, forse sperando di essere richiamato.
La mia impressione è che avesse capito, già dalla partita precedente, che non gli sarebbero arrivati buoni palloni da giocare e che la colpa dell’inefficacia dell’attacco italiano sarebbe stata addossata tutta a lui. E infatti non sbagliava. Certo: ha reagito ad una situazione difficile dimostrando scarsa professionalità, mostrando un carattere fragile, vulnerabile. Un attaccante di tempra più forte si sarebbe andato a prendere i palloni, lui invece ha fatto l’offeso.
Che vi fossero problemi di compatibilità e divisioni all’interno della squadra è dimostrato dalle successive dichiarazioni dei cosiddetti "senatori" contro "le figurine", secondo l’efficace espressione di Buffon. Una opinione certamente presente da tempo nel gruppo.
Comunque, come sempre, la debacle di una squadra è determinata dall’intero complesso, allenatore in testa.
Mi ha colpito, ad esempio, l’ostinazione di Pirlo a servire la fascia sinistra anche quando era fortemente presidiata dagli avversari, i quali si erano ovviamente accorti di questa preferenza, anche quando alla destra c’erano ampi spazi di manovra per una possibile avanzata in attacco.
Ma anche la scelta tattica fallimentare di indugiare nelle retrovie a passaggetti perditempo. Fallimentare per la velocità e la dinamicità di avversari che in pochi secondi andavano in pressing impedendo la precisione dei lanci in avanti e, spesso, catturando il pallone nella nostra metà campo. Complice anche il lassismo dell’arbitro verso interventi molto duri e decisi degli uruguaiani.
Insomma, secondo me le dimissioni di Prandelli erano dovute non solo per una questione di stile ma soprattutto per la sostanza di una regia deficitaria, scarsamente flessibile e da una selezione probabilmente molto condizionata da fattori che con l’efficacia e l’armonia della squadra c’entrano ben poco.
La formazione di una nazionale non può portare ad un gruppo affiatato se si è obbligati a selezionare certi giocatori perché troppo famosi per essere esclusi o perché qualcuno in qualche club o in federazione si offenderebbe se non fossero convocati.
Questo non è calcio: è sottobosco politico, lotta di potere, esibizionismo.
In campo ci devono andare gli atleti, non i padreterni o i raccomandati. E ci devono andare con l’umiltà, la voglia di vincere, la decisione necessaria per battersi fino all’ultimo, lo spirito di sacrificio che sono i tratti tipici del vero atleta.
In più, trattandosi di uno sport di squadra, deve andarci chi è cosciente che i compagni non si criticano per nessun motivo e che tutti devono essere leali nei confronti degli altri.