Protervia > Per le
navi Ong non si tratta di inopinate sopravvenienze accidentali, ma di una
attività dichiarata ed esercitata in modo sistemico, come un vero e proprio
business. Questo implica dei distinguo quando si cerca di coniugare il “dovere” etico morale
di salvare delle vite in mare e il correlato “obbligo” di portare in salvo le
persone soccorse verso un luogo per loro sicuro. Non spetta infatti al solo “trasportatore”
di decidere ogni volta chi dovrà prendersi piena cura di quelli che sono, a
tutti gli effetti, degli immigrati. Come non è un diritto del comandante “soccorritore”
attraccare liberamente alla banchina del porto da lui prescelto, mentre in alto
mare si fanno i trasbordi di naufraghi su navi “inviate” dai paesi noti. Non
solo. In quanto attività “ripetitiva” vari sono i potenziali paesi di
destinazione e con ognuna delle preposte Autorità possono essere a priori
convenuti termini e modalità di esecuzione. Criterio sensato e lineare che però
non vivacizza le campagne Ong per la raccolta di copiose donazioni (v.
business). Di più sul caso Sea Watch 3 La
capitana Carola dichiara di aver commesso un “errore” di manovra andando a “spingere”
contro la banchina la piccola motovedetta della GdF che si frapponeva al suo attracco.
Secondo Lei la piccola motovedetta si sarebbe dovuta scansare e lasciare libera
l’area, non essendo una nave da guerra. La capitana Carola non osa “confessare”
che non avrebbe insistito su tale “errore” di manovra se avesse avuto di fronte
la stazza di una Fregata della Marina Militare. Ossia: missione altamente “umanitaria”
(sofferenze migranti, specie donne e bimbi) che non esclude imporre il braccio
di ferro. Del resto per certe navi Ong il tutto si conclude con l’atto di
consegna. Dissimulare la protervia non è affatto insolito per Gli “untori”
della Parola …