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Commento di Ilaria Ampollini

su Tumori e alimentazione. Errare è umano, perseverare è da Iena


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Iaia Leone Ilaria Ampollini 3 giugno 2014 11:18

Buongiorno, mi scusi se ho tardato nel rispondere, ma ho riflettuto su quanto ha scritto. Io ho tre considerazioni, molto sintetiche, da fare.


1) la fiducia di cui lei parla non è concessa a priori, ma al contrario è una fiducia data a una forma di sapere che si è costituita nel tempo, a partire dalle popolazioni più antiche, perfezionandosi lentamente e sbagliando anche (gli errori sono fondamentali, altrimenti non ci sarebbe progresso). Fidarsi della ’medicina convenzionale’ oggi significa fidarsi del percorso del pensiero scientifico, che comprende anche Pitagora, Archimede, così come Paracelso, Newton o Galeno. 

2) non è questione di negare l’efficacia. Il problema è un problema di responsabilità: il fatto che una cura abbia funzionato (siamo sicuri? cosa mi dice di eventuali recidive?) su una persona non significa molto per la medicina, perché quello che si cerca è una cura che funzioni il meglio possibile per il più alto numero di persone. 

3) concepire o proporre nuove terapie è sicuramente possibile, ma bisogna rispettare le regole del gioco. Quindi, protocollo alla mano, per dimostrare la validità di una cura (che io non chiamerei alternativa, ma semplicemente non scientificamente dimostrata) è necessario sperimentarla su un determinato numero di pazienti, in doppio cieco, poi verificare se il suo effetto è assimilabile a un placebo o maggiore. La cosa più importante resta comunque la collaborazione con la comunità scientifica: non possono e non devono esistere cure magiche o segrete, i cui principi siano fumosi, non misurabili o non riproducibili. Questo è un principio non calato dall’alto da un qualche testo sacro dogmatico, ma è una regola metodologica fondamentale, nata poco per volta da Galileo in poi, confermata dai successi della chimica dopo Lavoisier e utilizzata dalla scienza moderna. 

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