Curiosa motivazione collegare opere d’arte (pitture o poesie
che siano) con l’affissione su un muro di un simbolo religioso. Naturalmente
qualsiasi opera d’arte ha un valore universale al di là di ciò che rappresenta
e di chi fu il committente. La simbologia religiosa non ha invece alcun valore
universalistico (nonostante le pretesa universalità del messaggio evangelico o
coranico) ma settario (cioè divisivo), qualsiasi cosa ne pensi il citato “ebreo
osservante” che, evidentemente, ha dimenticato ciò che quel simbolo ha
significato nei secoli passati per la sua gente.
Suggerire che per questo lo
Stato stia prendendo un atteggiamento antireligioso è solo la solita
interpretazione che rimanda alla logora querelle tra laicità e laicismo (di cui
francamente si potrebbe fare finalmente a meno).
Ovviamente quel simbolo ricorda a tutti i presenti che la
cultura dominante è quella rappresentata da quello stesso simbolo e non quella
dell’imparzialità dello Stato nei riguardi dei suoi cittadini. Cosa che è un bel po’ diversa da ciò
che invece è rappresentato da un semplice ‘logo’ storico (dell’università o
delle squadre di calcio... ma che razza di esempi !) che non significano certo dominio culturale.
L’imparzialità dello Stato viene comunicata ai cittadini
anche attraverso manifestazioni simboliche. Bene ha fatto quindi il rettore
Tesi a intervenire con una decisione che, per quanto tardiva, è assolutamente
condivisibile. I crocefissi stanno bene - e nessuno ha il diritto di toccarli - nei luoghi propri della religione cristiana. In quelli delle istituzioni dello Stato ci sta bene lo stemma della Nazione, casomai. Il resto è una polemica davvero trita.