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Commento di Renzo Riva

su ‘Avvenire' contro nozze Concia: “Matrimonio mediatico per creare polemiche”


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Renzo Riva Renzo Riva 9 agosto 2011 15:02


Sconcia la Concia.

Non per convivere con una pari sesso ma per pretendere lo status matrimoniale.
http://www.arcigaymilano.org/crono/rs-dossier.asp?IDEvento=411&IDRS=5850&offset=228


Il fascicolo contiene i seguenti documenti:

1. DEL MATRIMONIO E SUOI SURROGATI

2. LA DIFFERENZA TRA I DIRITTI DELL’INDIVIDUO
E QUELLI CHE SPETTANO A UNA COPPIA

3. STORIA BREVE DELL’ISTITUTO MATRIMONIALE

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DEL MATRIMONIO E SUOI SURROGATI

Ipotizziamo che un/a ultrasettantenne e un/a trentenne sottoscrivano vicendevolmente un PACS (PAtto Civile di Solidarietà) secondo la legislazione francese in vigore, ripresa in gran parte dalla proposta di legge del deputato italiano Grillini con alcune modifiche (peggiorative o migliorative - de gustibus non est disputandum).
L’effetto patrimoniale più evidente comportato da un simile patto sarebbe, in caso di morte dell’ultrasettantenne, la reversibilità dei vitalizi e delle pensioni che il trentenne potrebbe godere per almeno 48 anni, data di presunto decesso secondo l’aspettativa media di vita odierna dei maschi (in Italia 78 anni).
Lo stesso dicasi dell’ultrasettantenne che sposa una venticinquenne (comunitaria o extracomunitaria). Questa, per avere allungato il pappagallo per alcuni anni (se fortunata solo per mesi), si troverà a godere della pensione di reversibilità per altri 58 anni, secondo l’aspettativa media di vita odierna delle femmine (in Italia di 83 anni).
Un altro caso analogo è stato quello di un transessuale quarantenne che sposa un generale in pensione con diversi milioni mensili.
Pertanto è contraddittorio che alcuni partiti (tra questi il Partito Radicale) facciano campagne (giuste) per chiudere i rubinetti della spesa previdenziale e contenere le disparità, per poi aprire la paratia del fronte di spesa pubblica (assistenziale) che i sopra elencati casi innescheranno, insieme alla produzione del (mal)-costume conseguente.
Quanto sopraddetto richiederebbe piuttosto di porre mano alla legislazione matrimoniale in senso restrittivo, per gli aspetti provvidenziali, previdenziali e patrimoniali che non riguardino la prole; anzi produrre benefici solo e qualora ci sia la prole (ricordiamo la tassazione dichiarazione congiunta? E relativi divorzi di comodo; rientrati con la dichiarazione "non cumulabile").
Che due (o più) individui (di qualsiasi sesso) desiderino prodursi in prestazioni affettive di qualunque tipo non deve riguardare la società. Anzi, la società dovrebbe stare lontana alcune miglia dalle lenzuola e solo intervenire con leggi per limitare danni di qualsiasi natura a congiunti e terzi che l’eventuale dissennatezza degli stessi potrebbe arrecare.
La materia è socialmente ed economicamente troppo seria per lasciarla in monopolio ai catto-comunisti; l’intellighenzia ed i politici cattolici accumulano silenzi assordanti unitamente ai laici; che, se non vogliono portare il cervello al monopolio, devono dare almeno il segno che esistono. Ricordasi a tal proposito la scena muta dell’On. Buttiglione con Adel Smith nella nota trasmissione TV che ha visto giganteggiare il prof. Cacciari (ateo?), novello crociato contro la stupidità umana.

Renzo Riva
[email protected]

Pubblicato sul quotidiano
"Il Gazzettino" il 19.08.2003
fascicolo del Friuli
sezione "Lettere"

Renzo RIVA - Via Avilla, 12/2 - 33030 BUJA

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LA DIFFERENZA TRA I DIRITTI DELL’INDIVIDUO
E QUELLI CHE SPETTANO A UNA COPPIA


La questione cosiddetta dei matrimoni gay non interessa, evidentemente, i soli gay, ma pone dei gravi problemi politici, giuridici e sociali, che riguardano l’intera società. In Italia si è formato un fronte politico e culturale, che in parte è laico (per esempio i radicali) e in gran parte è della vecchia e nuova sinistra comunista.
I Ds, firmatari Franco Grillini (presidente Arcigay), Luciano Violante (presidente del gruppo parlamentare) e Barbara Pollastrini hanno presentato la proposta del Pacs (patto civile e sociale), un disegno di legge che rappresenta la posizione ufficiale del partito.
Il fatto è in sé indicativo e importante. Le coppie omosessuali rivendicano il “diritto” di contrarre matrimonio, così come le coppie eterosessuali, legittimate o di fatto che siano; e conseguentemente di godere dei diritti delle coppie legittimamente coniugate, in materia di successione, eredità, testamento, alimenti, adozioni, assistenza, locazione e così via. Questo assunto è stato fortemente rafforzato, negli ultimi tempi, dalla legislazione di molti Paesi, del Nord Europa e del Nord America (dall’Olanda al Belgio al Canada alla stessa Francia, sia pure con rilevanti differenze tra loro) che hanno accolto le pretese del mondo gay; e ciò non può non incidere sulla Comunità Europea.
E qui c’è da discutere, innanzitutto, se l’essere gay, cioè manifestare una certa preferenza sessuale, sia un “diritto” e comporti dei diritti e doveri; o se sia semplicemente un comportamento, un modo di vita, un costume, che non può avere rilevanza giuridica nei confronti della generalità dei cittadini.
In Italia ognuno è libero di “far l’amore come gli va” (secondo la canzone di Lucio Dalla): davanti, di dietro, a destra, a sinistra e al centro. Un problema di diritto si apre quando si pongono i rapporti con altri e con la pubblica amministrazione. I gay hanno gli stessi diritti degli altri cittadini. Ma, per esempio, né i cittadini etero, né gli omo, hanno il diritto di sposarsi con quattro mogli, diritto che invece è pacifico e inossidabile per i cittadini di molti Paesi arabi, asiatici e africani. Eppure la poligamia di fatto esiste ed esistono i conseguenti problemi; ma nessuno pensa di risolverli con un matrimonio poligamico, almeno in Italia e negli altri Paesi occidentali. E’ interessante porsi il problema, di come lo Stato dovrebbe rispondere ai tanti islamici che abitano nel nostro Paese, e che vorrebbero legittimare il proprio matrimonio con due, tre o quattro cittadine; è anzi sicuro che sarebbero le donne le prime a chiedere tale legittimazione. E nel caso di islamici-gay, perché non ammettere non solo il matrimonio omosex, ma anche poligamico e infrasex.
Il Pacs aggira l’ostacolo, abbandonando la questione formale del matrimonio.
I gay dicono: “Lasciamo perdere la vostra sacralità. Veniamo al sodo. A noi interessano gli aspetti giuridici e quelli materiali. Alla coppia di fatto che regolarmente si registra in Municipio, devono essere riconosciuti gli stessi diritti contrattuali della coppia etero-matrimoniale”.
I gay di fede grilliniana da tempo hanno deciso di mimetizzarsi dietro le “coppie di fatto”, cioè i molti etero che senza sposarsi (operazione sempre più difficile, costosa e sempre più spesso respinta dai giovani d’oggi) convivono insieme, pacificamente o no, e che vorrebbero ottenere anch’essi gli stessi diritti, senza pagar dazio.
E qui casca l’asino soprattutto perché l’istituto del matrimonio è mirato alla continuazione della specie ed è un’invenzione appositamente dedicata alla creazione e alla difesa, la regolarizzazione e legittimazione, della famiglia; e che la famiglia è l’insieme di maschio, femmina e loro figli.
Si legge spesso che i gay ritengono che la loro unione in coppia costituisca “una famiglia”; e che proprio in base a questo, abbiano il “diritto” all’adozione di figli. Ma non è così. Anche nei secoli di maggior auge della pederastia; quando era diffusa e normalmente accetta nelle classi del potere; anche quando era praticata insieme alla pedofilia e questa era di moda e quasi un obbligo sociale nelle classi più alte; e quando tutto questo dava luogo a celebri amori maschili, femminili, omosex, bisex, saffici, impuberi e produceva altissime poesie e romanzi; tutto questo però non ha mai preteso d’essere “una famiglia”.
Un insieme di omosessuali e figli adottivi, può essere un gruppo sociale, un collettivo, o anche una scuola, un’accademia, un liceo, ma non è una famiglia. I suoi componenti hanno individualmente i diritti degli altri cittadini; o se mettono insieme un’attività economica possono avere dei diritti societari; ma non hanno il diritto coniugale o il diritto del pater familias , o il “ubi tu Gaius ibi ego Gaia”.
Perciò non esistono due specie di diritti: uno per il cittadino etero e uno per il cittadino gay, ma esiste solo il diritto del cittadino.
Se questo cittadino ha un amico o un’amica o un pargolo che ama, può testare, assicurare, ospitare, ereditare, donare, ricevere, come gli pare secondo legge e fatti salvi i diritti dei terzi.
Ma si tratta sempre di diritti individuali, non di diritti di coppia e meno che mai di diritti particolari legati alle specificità (sessuale, religiosa, censo ecc.).


(libera riduzione di un articolo "A proposito dei matrimoni gay" da "l’Avanti" del 8/08/2003)

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STORIA BREVE DELL’ISTITUTO MATRIMONIALE

MATRIMONIO NELLE SOCIETÀ OCCIDENTALI

Nella civiltà occidentale si considera il matrimonio una libera scelta tra individui che si attraggono per amore.
Questa nozione non è scontata ovunque: numerose tradizioni testimoniano che il matrimonio è concepito diversamente secondo le epoche e le società.
Per i cattolici, come per gli ortodossi, il matrimonio è un sacramento, ma diverse sono le credenze, i costumi e le usanze.


ORIGINE DEL MATRIMONIO

L’unione tra uomini e donne in origine fu assai primitiva; in epoca preistorica il matrimonio non esisteva, e le donne appartenevano collettivamente alla tribù che le aveva rapite.
In seguito il rapimento divenne un’iniziativa personale.
Secondo alcuni, il velo sarebbe una reminiscenza del drappo che l’uomo gettava sul capo della donna che rapiva.
La stessa interpretazione ritiene che durante la cerimonia nuziale, la sposa stia alla sinistra dell’uomo perché anticamente era con questo braccio che egli la stringeva, avendo il destro impegnato a maneggiare la spada per combattere gli altri soldati o mercenari.
Ancora oggi sopravvive l’usanza di simulare il rapimento prima della cerimonia nuziale: nei paesi scandinavi l’uomo "rapiva" la sua donna e i genitori fingevano di cercarla.
Gli sposi, nei primi giorni del matrimonio, celebravano la fuga bevendo dell’idromele. Proprio da questa tradizione, secondo alcuni, sarebbe nata l’espressione "luna di miele".


IL MATRIMONIO PLURIMO

La poligamia, che consente ad un uomo di avere più mogli, è praticata in molti paesi e in alcune filosofie rappresenta un ideale di felicità perché assicura una discendenza numerosa.

In alcuni paesi dominati dall’islam, la poligamia è ammessa dalla legge coranica.

La poliandria e una pratica più rara, diffusa presso gli Shoshone del Nevada, i Todas dell’India, i Bashile del Congo, gli Yanomanis del Venezuela permettono, anzi raccomandano, alla donna d’avere più mariti.
Montesquieu nell’ "Esprit des lois" scrive che il viaggiatore arabo Abu Dhahir al-Hassan nel IX sec. aveva scoperto l’esistenza della poliandria in India e in Cina, durante il suo viaggio in questi paesi: "Sulle coste del Malabar vive la tribù Nair, dove l’uomo non ha diritto di sposarsi con più di una donna, mentre queste possono sposare più uomini".
Nel celebre corpus di tradizione Sahih, Al-Bukkari ricorda che fra gli arabi dell’epoca pre-islamica, c’erano diversi tipi di relazioni coniugali. Vi era un’unione chiamata "Istibdha", nella quale un marito, desiderando una migliore progenitura, sceglieva un altro maschio e chiedeva a sua moglie d’avere rapporti con lui per un periodo determinato, durante il quale egli si allontanava, fino a quando la donna non fosse incinta.
Secondo un altro costume, un gruppo d’uomini (non oltre 9) intratteneva relazioni sessuali con una sola donna.
Dopo il parto, questa li convocava tutti e sceglieva tra loro, quello che sarebbe divenuto ufficialmente e legalmente il padre.


TRA FRATELLI E SORELLE

In concomitanza ai matrimoni esogamici per rapimento o per acquisto, era diffusa anche l’usanza di matrimoni tra fratelli e sorelle, più semplici e sbrigativi.
Nella sua Storia delle Civiltà, Will Durant racconta che "in certe regioni del mondo, il matrimonio era un rito collettivo.
Nel Tibet ad esempio era prevalente l’unione di un gruppo di fratelli con un gruppo altrettanto numeroso di sorelle, senza che si formassero coppie stabili. Vi era una sorta di collettivismo in cui ciascun uomo poteva possedere qualsiasi donna del gruppo."


ADELFOGAMIA

Cesare, l’imperatore romano, ha descritto un’usanza simile diffusa presso gli antichi popoli anglosassoni. L’uso di sposare la vedova del proprio fratello, praticato presso gli ebrei ed altri antichi popoli, costituiva una reminiscenza di questi costumi arcaici.
In molte regioni del mondo, l’adelfogamia è ancora oggi una prerogativa delle famiglie di rango elevato e delle caste nobili.

Più tardi, c’è stata la tendenza ad unire un gruppo di fratelli ad un gruppo di sorelle; nessuna distinzione era fatta fra i bambini, tutti coeredi di una proprietà che restava in possesso inalienabile di una sola famiglia.
Dal sistema poliandrico proviene il levirat, costume che conosciamo attraverso la storia di Booz e Ruth ed il cicisbeismo che fu una pratica legale in Italia.

(libera riduzione di una mia ricerca su materiale ricavato da vari siti internet)


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