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Commento di Isabeau

su Braccio disarmato


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Patrizia Dall'Occa Isabeau 4 novembre 2008 15:23

Ho letto con le lacrime agli occhi prima ancora di leggere la risposta di Federico.

Valutare positivamente un articolo come questo purtroppo non aiuta nella cattura di chi ha creato il precedente per queste parole.

Ma non mi andava di rimanere in silenzio. Il dolore non lo si può immaginare ne’ ricreare, lo si può avvertire come un vento leggero sulla pelle, come un’eco lontana, possono scorrere lacrime silenziose...ma il dolore non basta, non è mai bastato. Fortunato è andato oltre, e la recriminazione di Federico è il suo riflesso. 

Non ho la televisione in casa, non la sopportavo più, da un anno e mezzo vivo di radio e internet. Eppure ho saputo della vicenda di Fortunato solo attraverso le parole di Sergio. E mi sento impotente. Cosa posso fare da qui? come possiamo trasformare "l’abitudine" al dolore in indignazione? Quante volte anche io mi sono sentita dire che tanto, il tempo passa e i fatti si dimenticano, che tanto è normale, l’Italia è così, la Camorra è una realtà con cui si deve andare di pari passo. Ma non è vero. L’Italia non è questo. L’Italia è gente, persone, uomini, donne, madri e padri, figli. Ed è incredibile assistere al silenzio omertoso dei più, tacciare elementi utili per paura, paura di aggressioni di una minoranza che sulla paura ha costruito la sua forza.

Sto parlando a vanvera, non so più come ordinare i pensieri.
Nel mio piccolo diffonderò la notizia, nel mio piccolo farò in modo che questo evento non sia dimenticato, che non sia l’ennesima normalità in una realtà anormale.

Per Fortunato. Per Federico. Per tutti i morti senza nome di un mondo che il suo, di nome, l’ha seppellito nell’indifferenza.

Patrizia


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