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Vino. A 30 anni dallo scandalo metanolo 2 bottiglie su 3 sono doc

Non molti se lo ricorderanno. I produttori senza dubbio sì. 30 anni fa scoppiò lo scandalo del metanolo, 23 vittime e decine di intossicati, con il quale si danneggiò considerevolmente l’immagine del vino italiano, ma non solo quella.

Un intero settore produttivo subì una crisi di notevoli dimensioni, le cui prospettive potevano essere del tutto negative. In 30 anni però la situazione del nostro vino è cambiata notevolmente.

Quanto è avvenuto in 30 anni è emerso in un recente convegno, realizzato dalla Coldiretti “Accadde domani, a 30 anni dal metanolo, il vino e il made in Italy verso la qualità”.

E’ stato anche presentato un dossier, nel convegno citato, realizzato congiuntamente dalla Coldiretti e dalla fondazione Symbola.

Quali i principali contenuti del dossier, così come esposti in un articolo pubblicato su adnkronos.com?

Negli ultimi 30 anni, la produzione italiana di vino si è ridotta del 38% passando dai 76,8 milioni di ettolitri agli attuali 47,4 milioni di ettolitri – in seguito alla riduzione dei consumi pro capite passati dai 68 degli anni ’80 ai 37 di oggi – che hanno però permesso la conquista del primato mondiale nella produzione davanti alla Francia.

Il calo della produzione è stato accompagnato da una crescente attenzione alla qualità con il primato dell’Italia in Europa per numero di vini con indicazione geografica (73 docg, 332 doc e 118 igt).

Se nel 1986 la quota di vini doc e docg era pari al 10% della produzione, oggi è pari al 35%, e se si considerano anche i vini igt, categoria nata dopo l’ ’86, si arriva al 66%, in altre parole i 2/3 delle bottiglie.

E, quindi, si è verificata una notevole crescita delle esportazioni, passate da un valore di 800 milioni di euro nel 1986 ai 5,4 miliardi del 2015 (+575%).

E’ anche fortemente aumentato il volume d’affari, passato dai 4 miliardi di euro di trent’anni fa ai 9,4 di oggi.

Si stima che il vino offra durante l’anno opportunità di lavoro a un milione e duecentocinquantamila italiani tra quanti sono impegnati direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse, di servizio, e nell’indotto, che si sono estese negli ambiti più diversi.

Con 72.300 ettari di terreno coltivati da 10.000 aziende e 1.300 cantine, in Italia si trova il 22% dei vigneti mondiali coltivati con metodo biologico secondo il regolamento dell’Unione europea n. 203/2012.

Il boom nella produzione di vino biologico made in Italy non è l’unico cambiamento che si è verificato nel trentennio, ma significative novità hanno riguardato anche il recupero dei vitigni autoctoni con il record di 1.200 esemplari presenti in Italia e l’arrivo del qr code in etichetta per garantire la tracciabilità dal tralcio al bicchiere attraverso lo smartphone.

Ma c’è anche la possibilità di verificare sul web il contrassegno presente sulle bottiglie per avere informazioni sul prodotto, oltre che per essere garantiti rispetto al rischio di imitazioni.

Il vino è diventato anche strumento di solidarietà con un crescendo di esempi di come con il vino possa nascere lavoro “buono” per diversamente abili, detenuti e tossicodipendenti anche con il recupero dei terreni sottratti alla criminalità.

Dal 4 agosto 2008 è arrivata la possibilità di mettere in commercio i vini a denominazione di origine nel formato bag in box, gli appositi contenitori in cartone e polietilene dotati di rubinetto che consentono di spillare il vino senza far entrare aria, garantendone la conservazione.

In questi anni sono stati anche introdotti per la prima volta i primi tappi di vetro al posto di quelli di sughero, è arrivato lo spumante made in Italy con polvere d’oro, quello fatto invecchiare nel mare e la bottiglia di spumante con fondo piatto per aumentare la superficie che i lieviti hanno a disposizione per assolvere al meglio il loro compito.

Ma negli ultimi trenta anni sono stati evidenti anche gli effetti dei cambiamenti climatici con la presenza della vite che si è spostata verso l’alto fino a quasi 1.200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni più alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.

Quanto esposto fino ad ora dimostra chiaramente la portata dei cambiamenti intervenuti in 30 anni.

Un elemento mi sembra fondamentale di tali cambiamenti: incremento della quantità e della qualità hanno marciato insieme.

Per questo quanto avvenuto nel settore del vino dovrebbe servire da esempio per quanto dovrebbe verificarsi, se non è ancora avvenuto, in settori anche molto diversi, ad esempio in settori della stessa industria manifatturiera.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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