Un giubileo sempre più caro
Con l’inaugurazione, quest’estate, dei primi cantieri, la città di Roma ha cominciato a prepararsi per il giubileo che si aprirà nel dicembre 2024. Se riuscirà a rispettare l’ambiziosa tabella di marcia che si è data è difficile a dirsi ma al momento i segnali non devono confortare granché istituzioni e Vaticano.
Manca infatti meno di un anno e mezzo all’inizio dell’anno santo e i cantieri aperti si contano sulle dita di una mano (da uno sguardo al sito del Comune ci pare di poter dire che siano solo tre i grandi progetti avviati: Ponte dell’Industria, Piazza della Repubblica, Piazza Pia). Alcune gare sono addirittura andate deserte: ultima in ordine di tempo quella per la realizzazione della stazione FS Pigneto.
Ma allora, se come ha ammesso il sottosegretario di Palazzo Chigi Alfredo Mantovano «a ogni Giubileo non si riesce mai a completare l’intero numero di opere che si è prefissati», dove vanno a finire i soldi a esse destinati? Come vengono reinvestiti? E, al di là della valutazione circa i singoli progetti (su cui torneremo a breve), quale occasione mancata rappresenta questo fatto per la città?
Una questione cui se ne intreccia un’altra, non di poco conto: quella, di fronte al fiume di soldi che si appresta a lambire la città eterna, delle concretissime possibilità di infiltrazioni mafiose.
Il pericolo lo ha denunciato nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 il presidente della Corte d’appello di Roma, Giuseppe Meliadò: «Gli stanziamenti miliardari previsti, fra il 2021 e il 2026, per la realizzazione degli obiettivi del Pnrr e le ingenti risorse che affluiranno a Roma in vista del Giubileo rendono concreto il pericolo di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata», ha detto: «Una macchina burocratica lenta e farraginosa è il principale terreno di coltura di tali pericoli, un virtuoso equilibrio fra celerità, trasparenza nell’affidamento delle risorse ed effettività dei controlli, specie preventivi ne è il principale antidoto».
Parole condivise dalla Direzione investigativa antimafia, che nel secondo rapporto semestrale 2022 al Parlamento, presentato in questo mese di settembre, ha citato proprio il discorso di Meliadò.
Intendiamoci, Roma ha più che mai bisogno di interventi di riqualificazione, ma che si pensi che «il Giubileo possa costituire l’occasione per il miglioramento della città» (come si legge sul sito del Comune di Roma) è l’ennesima picconata al già non saldissimo principio di laicità che dovrebbe informare l’agire dell’amministrazione pubblica.
A sindaco e compagnia bella non sembra poi interessare l’impatto sulla vita della cittadinanza di una miriade di cantieri concomitanti come quelli che dovrebbero in teoria costellare la capitale da qui al 2025. Già solo l’avvio del cantiere di Piazza Pia ha generato il caos, in una città che anche in condizioni di normalità non ha certo la mobilità come fiore all’occhiello.
Inoltre, come prevedibile, scorrendo l’elenco degli interventi in programma è evidente come tra i due obiettivi dichiarati («prepararsi al meglio per accogliere decine di milioni di pellegrini che arriveranno da tutto il mondo» e rivolgere «lo sguardo ai propri cittadini, avviando opere e iniziative di sviluppo con attenzione particolare alle periferie») prevalga decisamente il primo. Degli 86 interventi di riqualificazione e valorizzazione (su un totale di 184 interventi per Roma e Lazio previsti nel programma dettagliato approvato con DPCM dell’8 giugno 2023) solo undici riguardano le periferie, e si tratta di interventi che definire di “sviluppo” appare un tantinello lusinghiero.
Sotto la voce “periferie” ricadono infatti i seguenti progetti: riqualificazione e illuminazione degli svincoli GRA, manutenzione straordinaria della viabilità municipale, manutenzione straordinaria dei marciapiedi della viabilità municipale, riqualificazione dei percorsi della Stazione Fiumicino Aeroporto, Ponte dell’Industria, riqualificazione della stazione di Torricola, riqualificazione del fabbricato viaggiatori e adeguamento dell’accessibilità della stazione Roma Tuscolana, adeguamento e riqualificazione del fabbricato viaggiatori della stazione Roma Aurelia, apertura degli accessi lato viale Marconi della stazione Roma Trastevere, parcheggio presso il policlinico di Tor Vergata, e infine (unico intervento di impatto direttamente sociale) impianto sportivo polivalente a Tor Vergata.
Insomma per avere strade e marciapiedi decenti (non certo chissà quali opere e iniziative di “sviluppo”) i cittadini romani – specie se non abitano in centro – devono aspettare il giubileo. E spendere contemporaneamente milioni e milioni di euro per i servizi di accoglienza dei pellegrini o per il rifacimento dei sagrati delle chiese (quelle di periferia, bontà loro), intervento, quest’ultimo, «essenziale e indifferibile» per cui sono stati stanziati ben 9 milioni di euro.
L’Uaar (che già ha dato vita alla piattaforma “I costi della Chiesa” per fornire una stima quanto più attendibile e accurata dei privilegi fiscali e dei finanziamenti pubblici a favore della confessione cattolica) non si è lasciata cogliere alla sprovvista e sulle spese che tutti i cittadini dovranno affrontare in vista dell’anno delle indulgenze cattoliche ha lanciato un osservatorio laico: Caro giubileo.
Al momento sono previste spese complessive per più di 3 miliardi di euro, di cui più di un miliardo dai fondi statali per il giubileo e più di 2 miliardi da soggetti terzi (tra cui 500 milioni del Pnrr).
Una cosa è certa: pagheremo tutti un conto salato. E viste le puntate precedenti la città non ne trarrà grande giovamento. Sicuramente non il giovamento di cui avrebbe bisogno e cui potrebbe puntare se a dettare l’agenda fossero le esigenze dei cittadini e non del Vaticano.
Ingrid Colanicchia
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