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Turchia, l’affarismo pre e post terremoto

Keçiören è una provincia a nord di Ankara. Dista circa cinquecento chilometri a nord-ovest dalla faglia anatolica che ha scassato la Turchia fra il golfo di Alessandretta, Gaziantep, Kahramanmaraş facendo 42.000 vittime accertate.

 Se ne conteranno tante in più quando, fra oggi e domani, s’interromperanno i soccorsi, dopo quattordici giorni ininterrotti, poiché anche fra gli ultimi miracolati delle trecento ore d’immersione sotto il calcestruzzo la luce della vita si spegne. A Keçiören è nato quarant’anni fa Mehmet Özkan. Dopo aver compiuto studi superiori all’Aydınlık Evler Commerce Vocational High School e una successiva laurea in amministrazione aziendale all’Università di Anadolu, è diventato membro del settore giovanile locale dell’Ak Parti. La sua carriera nel partito di maggioranza durante i premierati di Erdoğan è volata, in sette anni Özkan è salito al ruolo di vicepresidente finanziario e amministrativo del distretto e dal 2016 è Direttore d’Affari in quella provincia. Ora il suo nome è citato su qualche testata turca per i crolli di un gruppo di edifici di Antakya. Cosa ci faceva Mehmet così a sud? Affari, che come in ogni latitudine mondiale, quando sono coperti da ruoli politici risultano più facili. Il nucleo abitativo, denominato Golden city, è imploso su di sé, ma accanto alla furia del sisma annovera, a detta dei primi sopralluoghi ingegneristici, il taglio di colonne e la manipolazione delle schermature di ferro per far posto a una palestra e un poligono di tiro (Özkan Sports Center e Özkan Atis), gestiti dallo stesso membro dell’Akp. La relazione degli esperti che hanno compiuto i sopralluoghi evidenzia l’assenza di numerose colonne nei seminterrati e testimonianze raccolte fra alcuni sopravvissuti che abitavano nei piani superiori del complesso hanno confermato come la società appaltatrice dei lavori di adattamento avesse creato ampie aperture nel seminterrato per gli scopi affaristici di destinazione.

Altre “creature” simili sono sparse nella città poiché la Özkan Brothers Construction era coinvolta in ulteriori opere di edificazione. Il tema dei crolli catastrofici prossimi a strutture danneggiate eppure rimaste in piedi, è affrontato dalla magistratura che ha operato numerosi fermi tramutati in arresto per 130 responsabili di aziende appaltatrici indagate per disastro colposo. La questione coinvolge direttamente la politica nazionale e locale, poiché amministratori e funzionari risultano coinvolti nei mancati controlli e in molti casi in agevolazioni e condoni che evadevano le misure antisismiche. Tutto ciò si è verificato pure per costruzioni recenti che avrebbero dovuto rispondere a ferrei criteri introdotti dalle ultime normative. Su questo le polemiche galoppano, non solo fra la popolazione direttamente colpita e ridotta a una precarietà che può durare a lungo: i senza tetto s’aggirano sul milione di persone, alle quali c’è da aggiungere condòmini e inquilini di palazzi parzialmente lesionati che hanno bisogno di verifiche e riparazioni. La promessa del presidente Erdoğan per una ricostruzione entro un anno di quasi settantamila edifici rappresenta un obiettivo azzardato su cui gli oppositori già fanno leva. Altri due argomenti al centro di serrati dibattiti sono: la giurisdizione degli aiuti che l’alleanza Akp - Mhp affida unicamente all’agenzia statale Afad. L’orientamento accaparratorio del governo - che di recente ha posto il teologo İsmail Palakoğlu a dirigere la struttura, una figura esperta di affari religiosi non certo in emergenze catastrofiche - e l’ostracismo rivolto a ong interne (l’Ahbap della popstar Levent) per impedirne il soccorso ai terremotati, stanno rinfocolando la polarizzazione già presente fra maggioranza e opposizione. La scadenza elettorale di metà maggio è l’ulteriore diatriba in corso. I vertici istituzionali non si sono pronunciati, però si paventa un posticipo tattico da parte di Erdoğan per limitare il calo di consensi e orientare il voto con le promesse della ricostruzione. Il segretario del gruppo repubblicano ha lanciato l’allarme parlando di golpe in caso di rinvio. E ora che i salvataggi stanno esaurendo il loro corso, la tensione sale.

Enrico Campofreda

Questo articolo è stato pubblicato qui

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