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«Toccami» (Annotazioni brevi tra sociologie, filosofie, psicologie, e routine contemporanee italiane) -parte II

Una delle dinamiche sociali più diffuse è legata all’individuazione della potenziale ‘risoluzione’. Per ogni evento imprevisto, accadimento avverso; sforzi, sguardi e intenti sono rivolti all’individuazione della risoluzione possibilmente immediata, definitiva e facile da attuare. Tra mercati, pubblicità e talk show, spesso è comprando qualcosa che la si individua (questa soluzione).
 
Ma coi corpi non sempre tali dinamiche sociali si rivelavano effettivamente, internamente, risolutive.
 
Uno degli esempi più evidenti e comuni riguarda i corpi malati.
 
Si fa di tutto per curare nella declinazione di scacciare la malattia, o almeno ridurne gli effetti negativi sulle carni. Si fa di tutto per preservare il corpo, limitare i danni del tempo, degli sforzi, dell’invecchiamento cellulare, nonché per impedirne l’esposizione ad agente esterni capaci di modificarne funzionamenti, sanità e benessere in generale.
 
L’equazione è estremamente elementare: corpo sano > malattia > soluzione > cura.
A volte la fase ‘cura’ non riporta il corpo all’iniziale stato, non guarisce insomma ma tende a migliorarne la condizione malata. Tende.
 
Cos’ha a che vedere tutto questo con «Toccami»?
 
Di fronte a un corpo malato è la cura intesa come soluzione, che attira attenzioni, impegni e sentimenti. Attraverso ‘la cura’ si manifesta l’interesse, l’affezione, la profondità di un legame.
 
Ma curare troppo spesso presuppone – solo - azioni esterne. Azioni come cercare e consultare specialisti, prenotare esami e visite, accompagnare, fare ricerche, procurare farmaci, organizzare spostamenti e degenze, fornire oggetti atti a ridurre fastidi e isolamenti (giocattoli per bambini in ospedale, letture o musica per malati costretti a terapie periodiche…).
 
Toccare, invece, è azione interna. È collegamento diretto tra corpi. Collegamento che, come già enunciato in precedenza, si dirama tra sensi e percezioni.
Specialmente se non ci sono altre soluzioni a cui aggrapparsi, da cercare, afferrare, tentare.
«Toccami» è richiesta che difficilmente un malato esprime. La condizione non-sana del corpo potenzia, espande, spezza quei sensi che perfino lo stato-sano sfoca tendendosi alla negazione.
Eppure - in talune circostanze - è proprio di quel «Toccami» che si ha bisogno. Oltre (accanto) le cure esterne, chimiche o meno, tra parole ed esami. Oltre. Nel tocco restano intense altre soglie di cura, affezione, possibilità di accompagnare il corpo malato nel percorso incerto, instabile, faticoso che è la ‘non sanità’, l’estrema fragilità delle carni, tra paure, ragionamenti, ipotesi e capovolgimenti. La pelle è tangibile, sente, trasmette, contiene, scatena. La pelle può restituire la dimensione materiale, che le paure risucchiano. La pelle può placare il vuoto attorno, l’assenza del sentire. 
 
Confessando che vorrebbe toccare quel corpo o che vorrebbe esserne toccata, là qualcosa di inerme sopraggiunge a quella scrittura. È un’inermità della carezza, un cedimento dei corpi, in cui ogni criterio di possesso viene meno. Il toccare diviene così il luogo in cui ogni proprietà, ogni diritto e ogni pretesa non possono che cedere, rivelandosi nel loro essere insostenibili. Disabitato dalla sua finalità, questo toccare non è più dove sarebbe voluto giungere. È invece tutto avvinto nel suo compimento. Rispetto a ogni volontà di possesso, qualcosa s’intromette e ci abbandona in quel corpo apertamente inerme.
[…] Il toccare, ben prima di un gesto intenzionale, sarà stato proprio questo: il punto in cui il corpo non si tiene. Ecco perché viene e a te e perché nulla l’avrà mai trattenuto. Là i corpi scoprono la loro prossimità nel fatto di non essere altro che il tocco di questo tatto. Sono tutto sensibilità, sono i nervi scoperti di questo sentire.
(Là, una lunghissima deviazione di R.Panattoni e G.Solla, postfazione a ‘Toccare, Jean-Luc Nancy di J.Derrida)
 
Concludendo, «Toccami» nella sostanza oltre che tra apparenze diffuse, galleggiamenti superficiali di comodo, è una delle più evidenti, trascurate e silenziose politiche sui corpi.
 
‘Politiche sui corpi’ da intendersi nel senso enunciato da Paola Borgna in ‘Sociologia del corpo’ (2005):
"[…] comportamenti, morfologia e persino fisiologia dei corpi sono l’esito di un insieme di processi attraverso i quali ciascuna società agisce sui corpi (per tal via costruendoli, letteralmente). Detti processi sono in-formati da rappresentazioni (o modelli) sociali del corpo, di suoi aspetti o di sue funzioni: rappresentazioni quasi sempre implicite, condivise nei tratti fondamentali dai membri di una società, parte delle quali costruite e diffuse da attori sociali specializzati, che esercitano una funzione normalizzatrice. I medesimi processi sono all’opera nella vita quotidiana sotto forma di pratiche più o meno routinarie relative al corpo, e sono politici nel senso più puro del termine per il loro essere volti al controllo della varietà sociale; in ciò riflettendo e rinforzando (o cambiando) la distribuzione del potere tra gli individui."
 
Ciò che in alcuni contesti individuali quanto collettivi diventa pratica diffusa: difficoltà a chiedere (il tocco altrui), barriere tra volontà, istinti e bisogni che zittiscono la pelle (propria e non), le anaffettività dilaganti, l’impossibilità (più o meno temporanea) di ascoltare quel ‘sentire’ che dai tocchi dirama; tutte queste pratiche sociali sono – oggi, in Italia – volte anche al controllo nonché il potere tra-sui corpi (pensiamo all’enorme potere dell’assenza di tocchi tra una madre e il figlio, pensiamo alle potenziali conseguenze presenti e future, pensiamo alla forza di questo potere imposto e subito. Ma anche: pensiamo alle dinamiche di controllo in un legame affettivo dove i sentimenti in ‘gioco’ hanno differenti pesi per i corpi coinvolti, pensiamo ai sottili ricatti che i tocchi-non-tocchi possono scatenare).
 
Tutte politiche non solo italiane, non solo contemporanee, probabilmente non collegabili direttamente a un’identità nazionale consapevole.
 
Eppure basta poco.
Un piccolo riscontro individuale che chiunque può tentare: quante volte avete detto o vi è stato detto «Toccami»?
Non tra le pagine di un romanzo, non attraverso schermi o fiction entro i reality che le vite di tutti sono costretti a subire: quante volte nel vostro intimo avete registrato l’espressione «Toccami»?
 
Annotazione a margine di questa trattazione ma pertinente: anche nel morire si sta assistendo a veri e propri mutamenti nelle gestioni dei corpi e dei tocchi.
 
Scrive Carlo Alberto Defanti in ‘Soglie. Medicina e fine della vita’:
"Un altro aspetto della morte negata è la sua dislocazione: essa avviene nell’8o per cento dei casi in un ambiente medicalizzato, sia ospedale o casa di riposo. Si muore fuori casa, a contatto con personale di assistenza che ha sue regole e che richiede tacitamente al morente di mantenere quello che gli anglosassoni chiamano ‘acceptable style of facing death’ (stile accettabile di affrontare la morte), ossia un contegno emotivo dignitoso. […] Scrive Ariès nel 1975: « La morte all’ospedale non è più l’occasione di una cerimonia rituale.. […] La morte è stata scomposta, spezzettata in una serie di piccole tappe di cui, in definitiva, non si sa qual è la morte vera, quella in cui si è perduta la coscienza oppure quella in cui si è perduto il soffio… Tutte queste piccole morti silenziose hanno sostituito e cancellato la grande azione drammatica della morte e più nessuno ha la forza o la pazienza di attendere un momento che ha perso una parte del suo senso»."
 
Senza alcuna pretesa di comprensione generale men che meno accusare o condannare qualcuno o qualcosa in particolare: quante volte avete chiesto o vi è stato chiesto di toccare un morente? (Attenzione: non un ‘morto’, ma qualcuno che ‘sta’ morendo).
 
 
 

Nello scaffale

Jacques Derrida – Toccare, Jean-Luc Nancy, 2000, edizione Marietti del 2007.
Jean-Luc Nancy, Indizi sul corpo, 2009, Ananke. 
Jean-Luc Nancy, Noli me tangere, 2003, prima edizione Bollati Boringhieri del 2005. 
David Le Breton, La pelle e la traccia, 2003, edizione Meltemi del 2005. 
Didier Anzieu, L’Io-pelle, 1985, edizione Borla del 2005.
Paola Borgna, Sociologia del corpo, Laterza, 2005.
Carlo Alberto Defanti, Soglie – Medicina e fine della vita, Bollati Boringhieri, 2007.

 

La prima parte QUI.

 

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Fotografia di Bg. Bruxelles, 29/01/2009.

 

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