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Terremoto: si può uscire dall’emergenza con più occupazione e più sicurezza?

Ogni tanto il terremoto ci ricorda che viviamo in una zona sismica; che tutta l’Italia, ad eccezione della Sardegna, è interessata dagli eventi sismici. La scossa di terremoto del 25 gennaio in Toscana ed Emilia dovrebbe portare a più miti consigli a quanti a vario titolo si accingono a chiedere il voto agli Italiani.

 

La lezione del terremoto dell’Abruzzo e dell’Emilia dovrebbe essere arrivata chiara e forte a chi di dovere. Abbiamo un patrimonio edilizio fragile e vulnerabile a partire proprio da quello costruito negli anni sessanta e prima dell’entrata in vigore della legge antisismica che risale al settembre del 1981 ma anche dopo quella data si è continuato a costruire senza applicare correttamente quella normativa, vedi tutte le ondate di abusivismo successive a quella data.

Pensare a quello che potrebbe accadere, al di là dei debiti scongiuri, fa parte dell’oggi. Prendere atto che il nostro patrimonio edilizio va adeguato è una realtà ineluttabile. Non pensarci sarebbe solo fare gli struzzi di fronte alla realtà.

In un periodo di crisi gravissima come quella che stiamo attraversando, perché non pensare ad incentivare la messa in sicurezza delle nostre abitazioni? Perché non investire su un materiale “rivoluzionario” come lo è certamente il legno? Questo ci consentirebbe di risolvere nel breve e lungo periodo almeno tre problemi, il lavoro, la salvaguardia del territorio dai rischi idrogeologici e la sismicità delle nuove case.

In rete è possibile vedere i filmati del test antisismico presso i laboratori di Kobe (Giappone) con risultati sorprendenti fino al punto che da più parti si propone di estendere il beneficio fiscale del 55% anche alle famiglie che metteranno in sicurezza antisismica, in zone pericolose, la propria abitazione.

Seguendo questo “percorso virtuoso” di rottamazione con nuove case in legno, nel tempo si supererebbe quella falsa contraddizione “edilizia contro ambiente”. Anzi, proprio questa nuova edilizia diventerebbe la molla per salvaguardare l’ambiente stesso partendo proprio dalla materia prima, il legno che sarebbe prodotto da una vasta campagna di rinaturalizzazione delle nostre montagne troppo spesso bruciate dagli incendi. La montagna rinaturizzata drenerebbe l’acqua prevenendo il dissesto idrogeologico e darebbe lavoro a migliaia di giovani.

Il nostro territorio non ha bisogno di new-town ma di scuole ed ospedali sicuri ed antisismici nei fatti e non sulla carta. La messa insicurezza degli edifici nelle aree sismiche e il riassetto idrogeologico del territorio sono le due opere pubbliche più urgenti, importanti e strutturali per il nostro paese.

 

 

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