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Telegram, USA dietro arresto fondatore? Durov nuovo Assange?

«L’impegno di Durov per la libertà di parola e la privacy degli utenti lo ha reso un bersaglio di Washington », questa, in conclusione, l’ipotesi prevalente in merito all’arresto, a Parigi, del fondatore di Telegram, Pavel Durov.

«Durov è stato arrestato sabato all’aeroporto di Parigi-Le Bourget, subito dopo essere arrivato dall’Azerbaigian con un jet privato. Secondo i media francesi, i procuratori di Parigi intendono accusare il 39enne di complicità nel traffico di droga, reati di pedofilia e frode, sostenendo che l’insufficiente moderazione dei contenuti di Telegram, i suoi forti strumenti di crittografia e »erare sull’applicazione », rivela RT [1].

L’arresto di Durov, a mio parere, ricorda la persecuzione degli Impero d’Occidente contro Julian Assange. Anche questi ostacolava l’azione criminale degli Stati Uniti.

Parallelamente, si ipotizza che gli Stati Uniti, con l’arresto di Pavel Durov, intendano attaccare TON, una piattaforma blockchain originariamente sviluppata dai creatori di Telegram. « Con importanti aziende russe che investono in TON, l’arresto è essenzialmente “una continuazione della politica di sanzioni degli Stati Uniti” », ha sostenuto una fonte su RT.

Intanto, con un comunicato, Telegram ha così commentato la vicenda: « la società segue le leggi dell’UE [2] e che le sue politiche di moderazione dei contenuti sono conformi agli standard del settore. Assurdo sostenere che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili dell’abuso di quella piattaforma » [3]. «Durov si è sempre rifiutato di consegnare i dati degli utenti alle forze dell’ordine o di installare le cosiddette “backdoor” per consentire a tali agenzie di sorvegliare le conversazioni sull’applicazione », conclude l’articolo di RT.

Tra i primi a commentare la notizia anche il magnate statunitense della tecnologia Elon Musk che « ha chiesto il rilascio del fondatore e CEO di Telegram Pavel Durov » nonché scritto che viviamo in « tempi pericolosi » dove « la libertà di parola è sotto attacco » [4].

Egualmente, Edward Snowden, ex agente CIA e NSA, oggi fuggito in Russia, ha commentato: « La detenzione del fondatore e CEO di Telegram Pavel Durov mette a rischio i diritti umani fondamentali di parola e associazione » [5].

C’è stato, infine, chi ha ricordato come « nel 2018 un gruppo di 28 ONG, tra cui Human Rights Watch, Amnesty International, Freedom House e Reporter senza frontiere, abbia condannato la decisione di un tribunale russo di bloccare Telegram nel Paese » ( blocco poi non avvenuto ). Tale fatto impone una domanda: ora le ONG dei diritti umani « si appelleranno a Parigi e chiederanno il rilascio di Durov, o si decideranno ad ingoiare la lingua? ».

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