• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Taj Mahal | I nemici dell’arte religiosa

Taj Mahal | I nemici dell’arte religiosa

Potrebbe sembrare paradossale, ma quando si parla di beni interessanti dal punto di vista storico/artistico e con una precisa connotazione religiosa, i principali nemici da cui difendersi sono proprio le religioni. 

Ovviamente con l’esclusione di quella che ha tutto l’interesse di difendere quel bene. L’ennesima conferma è arrivata recentemente dallo Stato indiano dell’Uttar Pradesh, il più popoloso dell’intera federazione e del mondo, che ha clamorosamente e assurdamente deciso di togliere il Taj Mahal da tutte le sue pubblicazioni turistiche.

Il clamore sta nel fatto che non si tratta di un monumento qualunque, ma di una delle nuove sette meraviglie del mondo, inclusa nel patrimonio dell’umanità dall’Unesco, primaria attrazione turistica che comunque continuerà a essere meta di visitatori nonostante l’iniziativa del governo. L’assurdo sta nella motivazione alla base del provvedimento: il Taj Mahal è notoriamente un edificio islamico e il partito al governo guidato da Yogi Adityanath, un sacerdote fondamentalista indù, non è capace di accettarlo. Un parlamentare del partito di governo ha perfino dichiarato che la storia della costruzione del monumento è “una macchia” nel passato dell’India da cancellare, perché l’imperatore Moghul che lo ha concepito avrebbe sopraffatto gli indù locali e imprigionato il padre. In realtà l’edificio è stato fatto costruire dal padre effettivamente imprigionato, non dal figlio.

Lo scorso agosto il Taj Mahal è perfino stato oggetto di una controversia legale basata sempre su questioni religiose. Una cordata di sei avvocati ha chiesto a un tribunale di riconoscere l’origine induista del mausoleo, che secondo loro sarebbe stato in origine un tempio dedicato a Shiva, poi riconvertito dagli invasori Moghul come diversi altri templi. Il tribunale ha accolto il ricorso, ma l’ispettorato archeologico indiano al quale è stato chiesto di fornire il suo parere ha fermamente respinto la stravagante ipotesi: il Taj Mahal è un mausoleo islamico e lo è sempre stato, niente nella sua architettura potrebbe far supporre diversamente.

In un’altra parte del mondo, neanche troppo distante, sono invece i fondamentalisti musulmani a fare scempio di opere appartenenti ad altri culti. Chi non ricorda la distruzione dei giganteschi Buddha di Bamyan a opera dei talebani, in Afghanistan? Con l’Isis, poi, il triste elenco di questo genere di scempi si è allungato a una velocità maggiore che nel passato: si va dalle mazze in azione nel museo di Mosul e a Ninive, ai bulldozer che hanno distrutto buona parte di Nimrud e Hatra, passando per Palmira che “fortunatamente” ha subito meno danni di quanto si temeva.

Ancora un ulteriore passo verso ovest e arriviamo in un posto dove l’architettura sacra non è affatto minacciata da altri culti, anche perché da svariati secoli vi domina sempre lo stesso, ma è piuttosto messa in pericolo da meccanismi burocratici senza senso. Quel posto si chiama Italia. Le opere a rischio sono quelle del Fec, il Fondo per gli Edifici di Culto che fa capo al Ministero dell’Interno. Il problema in questo caso sta proprio nel fatto che la gestione è affidata a un organismo incompetente, il che porta all’esecuzione dei soli interventi urgenti, senza uno straccio di programmazione tesa alla prevenzione.

Eppure il Fec è un fondo autoalimentato con enormi potenzialità che potrebbe essere sfruttato al meglio, non solo passivamente con l’indotto generato dal turismo. Invece si rimane in una situazione che presta il fianco ad abusi e favoritismi, perché per gli interventi urgenti fino a 300 mila euro si può procedere per affidamento diretto, senza nessun bando. Ma del resto numerosi enti locali elargiscono spesso contributi direttamente a parrocchie e diocesi affinché provvedano a far eseguire lavori di manutenzione sulle chiese, ed è chiaro che le parrocchie non indicono generalmente gare d’appalto per l’affidamento dei lavori.

Massimo Maiurana

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità