Stop alle armi all’Arabia Saudita: che farà l’Italia?
Chi a seguito del barbaro omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, chi preoccupato anche per la catastrofica situazione della popolazione civile in Yemen, martoriata da oltre tre anni di conflitto armato, negli ultimi 10 giorni tre governi europei (la Germania il 19, la Danimarca e la Finlandia il 22 novembre) hanno deciso di sospendere le forniture di armi all’Arabia Saudita.
Anche a causa di quei trasferimenti, che hanno favorito bombardamenti indiscriminati su strutture civili quali scuole, ospedali, strade e porti, dal marzo 2015 sono state registrate – tra morti e feriti – oltre 17.000 vittime civili mentre 18 milioni di yemeniti si trovano in stato d’insicurezza alimentare.
Anche il Parlamento italiano è finalmente ritornato ad occuparsi (dopo gli infruttuosi dibattiti del 2017) di questa drammatica situazione, in particolare con un’audizione di esponenti della società civile in seno alla Commissione Esteri della Camera che è diventata occasione di stimolo alla presentazione di testi parlamentari.
La questione, com’è noto, riguarda da vicino l’Italia, che negli ultimi tre anni e mezzo ha ripetutamente autorizzato forniture all’Arabia Saudita di bombe prodotte in Sardegna dalla RWM Italia, di cui si è ventilato in questi giorni il raddoppio della produzione.
Questa mattina la coalizione costituitasi allo scoppio del conflitto dello Yemen (composta da Amnesty International Italia, Fondazione Finanza Etica, Medici senza frontiere, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo e Save the Children Italia) rivolgerà da una conferenza stampa in Senato un appello al Parlamento perché sia presentata una mozione che, in linea con le risoluzioni del Parlamento europeo del 4 ottobre e 25 ottobre 2018 e nel rispetto della normativa nazionale (legge 185/90), del Trattato internazionale sul commercio di armamenti e della Posizione Comune dell’Unione europea sull’export di armamenti, chieda al governo d’imporre un embargo immediato sulle armi e la sospensione delle attuali licenze di esportazione di armi a tutte le parti nel conflitto dello Yemen, in quanto è presente un chiaro rischio di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.
Le associazioni chiederanno anche al Parlamento di sollecitare il governo ad attivare iniziative concrete per la risoluzione diplomatica e multilaterale del conflitto in corso in Yemen, impegnarsi a finanziare il fondo per la riconversione dell’industria militare previsto nella stessa legge 185/90 e intraprendere iniziative verso le parti in conflitto (in particolare chi utilizza maggiormente lo strumento dei bombardamenti aerei cioè la Coalizione guidata dall’Arabia Saudita e di cui fanno parte anche altri paesi destinatari dei sistemi d’arma italiani, come gli Emirati Arabi Uniti) affinché siano rigorosamente rispettati i divieti di bombardamento di ospedali e scuole, ricordando che gli ospedali e il personale medico sono esplicitamente tutelati da trattati e convenzioni dal diritto umanitario internazionale, che un attacco deliberato contro i civili e le infrastrutture civili costituisce un crimine di guerra e che gli attacchi alle scuole sono condannati dalla Safe Schools Declaration, di cui l’Italia è tra i primi firmatari.
L’Italia infine dovrebbe sollecitare l’istituzione di una indagine internazionale indipendente per esaminare le possibili violazioni del diritto umanitario internazionale da parte di tutte le parti in conflitto, al fine di assicurare la giustizia, le responsabilità e il risarcimento per le vittime. Negli oltre tre anni di conflitto armato numerose sono state le segnalazioni riguardanti violazioni di diritti umani e crimini di guerra, come confermato anche nel rapporto recentemente pubblicato dal Gruppo di eminenti esperti delle Nazioni Unite.
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