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Stato sociale: Italia vicina alla Polonia e flexsecurity agli antipodi

La flexsecurity alla danese tornerà nelle ricette politiche anche dopo la sconfitta del ticket Renzi-Ichino? Può darsi. D’altra parte anche per l’ex ministro Cesare Damiano, rimanendo nella cucina del Pd, il viaggio studio in Danimarca era stato interessante.

Poca disoccupazione, lo Stato che si prende cura del transito del licenziato (condizione facilmente acquisibile) verso nuove occupazioni e finché il posto non arriva lo sostiene per tre anni. L’Italia, stando ai dati, assomiglia più al “modello” polacco, o viceversa. Per avvicinare la flexsecurity dovrebbe capovolgere le proprie politiche: meno pensioni, più sussidi per chi è, o dovrebbe trovarsi, nel mercato del lavoro.

Di solito a questo punto si confrontano dati sull’occupazione nei due Paesi. Qui tocca invece alle ultime informazioni fornite da Eurostat, l’istituto di statistica europeo, sulla protezione sociale, ovvero sull’insieme degli interventi che gli stati membri mettono in moto per sostenere chi perde o lascia il lavoro per limiti d’età, le famiglie, i poveri, i bambini. Insomma, le fasce più deboli.

In un recente articolo su YouTrend abbiamo analizzato il panorama europeo e il “peso della spesa” nelle tasche dei cittadini bisognosi. Ma un ulteriore approfondimento su come la valanga di soldi sia ripartita tra le varie destinazioni (pensioni, disoccupazione, eccetera) aiuta, in due modi: tratteggia il contorno delle scelte governative di ogni Paese e permette un confronto in più.

Guardando al 2010, l’Italia si comporta, rispetto alla media europea, come la Polonia. In fatto di pensioni, il Belpaese è 15 punti sopra lo standard europeo, ma compensa ciò limitando le altre voci di spesa (malattia e invalidità, famiglia e bambini, disoccupazione , casa ed esclusione sociale). La Danimarca fa l’esatto contrario. Toglie alle pensioni per dare alle altre, più giovani, voci. La Francia, traendo dai dati un diverso riferimento, non si discosta dalla media dell’Europa a 27.
 
 

L’Europa, intesa come insieme di stati ognuno con la propria indipendente politica nel Sociale, spendeva nel 2010 6.016 euro a cittadino. Le fette più sostanziose vanno a pensioni e malattia, rispettivamente al 45% e 37%. Per famiglia, disoccupazione e casa ci sono l’8, il 6 e il 4 per cento. L’Italia spende il 60% in pensioni e toglie a tutti gli altri interventi, lasciando ad aiuti per la casa e contro l’esclusione sociale lo 0,3% dei 5.878 euro a testa erogati.

Sono numeri che raccontano qualcosa sul complicato intreccio tra politiche per il lavoro e protezione sociale: per questo potrebbero tornare a galla durante la campagna elettorale 2013, se i candidati vorranno parlare, dati alla mano, di flessibilità e insieme di sicurezze.

 

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