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Sperimentazione animale: strage vana, crudele, infinita

La recente direttiva europea facilita il reperimento di “cavie” per la vivisezione, ma un uomo geneticamente non è un gattino
 
È un argomento complesso quello che riguarda la sperimentazione animale. Non tanto per la posizione di ricercatori, associazioni e cittadini che chiedono al 92% la cessazione degli esperimenti, quanto dal punto di vista legislativo. L’8 settembre 2010 è stata approvata la nuova Direttiva europea 2010/63/UE sulla sperimentazione animale che aggiorna le regole in vigore dal 1986. Molti stati membri dell’Unione europea non hanno mai legiferato in materia di vivisezione e, nel loro caso, sarà valida la normativa.

Ma in Italia le cose sono diverse: ben due leggi regolano la sperimentazione animale, stabilendo vincoli che ora entrano in collisione con le indicazioni comunitarie.

Le vere vittime
Ogni anno 12 milioni di animali sono sacrificati in Europa per fini sperimentali, statisticamente uno ogni tre secondi. Nei laboratori italiani ammontano a 900 mila: per la ricerca di base delle università, per lo studio di malattie umane e veterinarie, per le neuroscienze, per la verifica di nuovi farmaci. A questi settori vanno aggiunti il monitoraggio ambientale per sostanze che devono essere rilasciate nell’ambiente, come pesticidi, e l’industria bellica per il collaudo di nuove armi chimiche, nucleari e biologiche. Stiamo parlando di esseri viventi che, pur non sapendo parlare, provano dolore e gioia esattamente come noi.
Irritazione cutanea. Corrosione cutanea. Irritazione oculare. Sensibilizzazione cutanea. Tossicità acuta orale. Tossicità acuta cutanea o per inalazione. Tossicità cronica. Genotossicità/Mutagenicità. Cancerogenesi. Teratogenesi. Ecotossicità. Embriotossicità. Tossicocinetica. Questi sono tutti i test che vengono effettuati per ogni elemento chimico. Il numero degli animali tra roditori, pesci, scimmie e cani previsti per testare ogni singola sostanza ammonta a 2 mila.

Le integrazioni considerate “positive”
Dal 1991 l’Italia vieta l’utilizzo di randagi nei laboratori e, dal 2008, non si possono più impiegare animali nella didattica per esercitazioni di chirurgia e anatomia. La Direttiva europea, invece, permette di destinare bestie “vaganti” alla vivisezione: ogni animale senza microchip è carne da macello e basterà entrare in un canile per fare “spesa gratis” di cani e gatti da rinchiudere nei laboratori. Inoltre, sarà possibile utilizzare specie in via d’estinzione e catturate in natura come scimmie antropomorfe, condurre esperimenti didattici e non senza anestesia e riutilizzare gli stessi animali per più esperimenti.

Ma non disperate, perché tra le novità apportate vi è anche la classificazione del livello di dolore provocato dal test: “non risveglio, lieve, moderato, grave” sono gli stadi della sofferenza provata dall’animale. Se il livello è “lieve”, l’esperimento può essere eseguito senza chiedere autorizzazioni e può coinvolgere ogni tipo di cavia più e più volte. Finché, presumibilmente, non sarà talmente sfinita ed emaciata da doverla abbattere.

Ma abbattere come? L’intervento dei parlamentari ha apportato altre sostanziali “migliorie”: l’utilizzo di metodi di soppressione “umani” e il reinserimento degli animali “dismessi”. Una volta torturati, tagliuzzati, infettati, dissanguati e menomati possono essere assassinati creandogli meno angoscia possibile oppure affidati ai “fornitori di animali” dai quali provengono per seguire un programma di riabilitazione e socializzazione.

I must da non perdere
Gli animali più richiesti sono topi e i cagnolini di razza beagle. I primi perché sono economici, maneggevoli, facili da trasportare e manipolare geneticamente. I secondi perché sono socievoli, di piccola taglia, robusti e con un pelo corto atto a favorire iniezioni e prelievi. La sperimentazione animale alimenta un intenso giro d’affari tra allevamenti di animali da laboratorio e aziende che producono le attrezzature, come stabulari, per ingabbiare le cavie, e strumenti di contenzione, per tenerli fermi durante gli esperimenti.

Per non parlare del business che ruota attorno agli animali stessi: con pochi clic è possibile acquistare on line topi modificati geneticamente, cani con le corde vocali recise e gatti portatori di malattie. Esistono persino cataloghi da sfogliare contenenti le foto e il relativo prezzo: si passa dai 4,60 euro per un topo sano a oltre 310 euro per un ratto diabetico. Dov’è, in questo caso, l’attenzione per la ricerca se c’è chi, a priori, ci guadagna così tanto?


I buchi nell’acqua della vivisezione
Il dilemma fondamentale è se, e quanto, siano effettivamente utili gli esperimenti sulle cavie. I casi in cui sostanze letali per l’uomo non lo erano per gli animali sono innumerevoli: il tranquillante Talidomide negli anni Sessanta causò la nascita di 10 mila neonati deformi, lo spray Isoproterenol uccise migliaia di asmatici, la cura contro il diabete e l’obesità Mediator è stato ritirato dal mercato perché in Francia avrebbe provocato centinaia di morti. Erano tutti farmaci che avevano superato la prova sulle cavie.

Anche la risaputa correlazione tra fumo e cancro ai polmoni non è mai stata confermata da esperimenti di laboratorio: gli studi non riuscirono a dimostrare il legame perché non fu mai possibile indurre il cancro negli animali utilizzati. L’inefficacia vale anche per amianto, arsenico, benzene, alcool e lana di vetro: tutte sostanze risultate innocue per le bestie ma dannose per l’uomo. Dovrebbe essere chiaro, ormai, che non è possibile paragonare il patrimonio genetico dell’uomo a quello di altri animali, seppur simili. Per ottenere le precise reazioni che avrebbe un umano, l’unico test sicuro è quello effettuato sull’umano stesso, vanificando la morte di migliaia di cavie.

Tanta sofferenza non è necessaria
I metodi alternativi alla vivisezione esistono e, in alcuni casi, hanno già rimpiazzato le vecchie procedure, come nei crash test. Simulazioni elettroniche sono in grado di prevedere, grazie a modelli matematici e speciali software, gli effetti biologici di alcuni composti chimici. Le moderne tecniche di imaging possono essere utilizzate nello studio del cervello umano, invece di sezionare i primati. Colture in vitro di cellule e tessuti umani possono essere impiegate nella sperimentazione di nuovi farmaci. Altri metodi basati direttamente sull’uomo, come la ricerca clinica e l’epidemiologia, sono efficaci nello studio delle malattie.

La vivisezione, quindi, non è più una questione di attendibilità. Più probabilmente è diventata una questione di business e affari: i test su animali sono una valida copertura legale per le case farmaceutiche perché le tutelano in caso di inaspettati effetti nocivi sull’uomo. Inoltre, testare su animali significherebbe per lo scienziato pubblicare più facilmente i propri studi, consentendo una carriera accademica più rapida: la vita di un roditore è molto più breve, di conseguenza le malattie si sviluppano più in fretta.

Gandhi disse: «Il grado di civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali». Non aveva tutti i torti.

L’immagine: un umano, un gattino, i suoi occhi, noi…

Jessica Ingrami

(LucidaMente, anno VI, n 62, febbraio 2011)
 

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