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Spagna e Catalogna, due diversi anniversari

Da Barcellona Steven Forti. * Il testo qui proposto è una versione aggiornata di due precedenti articoli, “Spagna 1914-2014, Grande Guerra e non solo”e“Il Tricentenario catalano (1714-2014)”, pubblicati su E-Review, n. 2, 2014.

Per quanto molto diverse tra loro e con un taglio differente – celebrativo, memorialistico o storico – le iniziative legate al centenario della Grande Guerra stanno riempiendo l’Europa. Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Austria… Perfino in Portogallo.

Non così in Spagna, che in quel conflitto fu neutrale, per quanto la guerra smosse – e molto – le acque stagnanti del regime della Restaurazione di Alfonso XIII con un acceso scontro tra aliadófilos e germanófilos che si protrasse per tutta la durata del conflitto e con la tripla crisi del 1917, tra le Giunte di Difesa militari, l’Assemblea dei parlamentari di Barcellona e lo sciopero generale rivoluzionario. È anche vero, però, che le ricorrenze sono soprattuto altre per il paese iberico.

Se nel 2014 vi dev’essere un centenario è più facile che sia quello della Generazione del 14, il gruppo di scrittori e intellettuali, tra cui José Ortega y Gasset, Gregorio Marañón, Juan Ramóm Jiménez, Manuel Azaña e Ramón Gómez de la Serna, che vivacizzarono e tentarono di modernizzare, europeizzandolo, il paese iberico nei primi decenni del Novecento e nel periodo repubblicano. Fu Lorenzo Luzuriaga a coniare a fine anni Quaranta il termine di Generazione del 14, scegliendo come momento chiave il discorso che nel marzo di quell’anno Ortega y Gasset pronunciò nel Teatro della Comedia di Madrid: “Vieja y nueva política“, una sorta di manifesto per quella generazione.

E a tutto questo, a quel fiorire di riviste e di progetti culturali (dalla Revista de Occidente alla Residencia de Estudiantes fino alla Liga de Educación Política), ai legami con l’Europa e con le Americhe, è stata dedicata nella primavera del 2014, alla Biblioteca Nacional de Madrid, un’interessante mostra, intitolata “Generación del 14. Ciencia y modernidad“. Curata da Antonio López Vega, Juan Pablo Fusi Aizpurúa, José Manuel Sánchez Ron, José Lebrero Stals e Carlos Pérez García, la mostra ha presentato oltre duecenti oggetti, tra pitture, sculture, fotografie, lettere, materiale scientifico, opere d’arte e libri.

Detto questo, ci sono però anche alcune iniziative interessanti legate alla Grande Guerra. A partire dalla pubblicazione di alcuni studi storici di qualità, come España en la Primera Guerra Mundial. Una movilización cultural di Maximiliano Fuentes Codera o Nidos de espías. España, Francia y la Primera Guerra Mundial, 1914-1919 di Eduardo González Calleja e Paul Aubert, che scandagliano due ambiti in cui la Spagna ebbe, direttamente o indirettamente, un certo protagonismo: quello culturale e quello dei servizi di spionaggio. E a continuare con alcuni incontri scientifici, come, in particolar modo, La Gran Guerra y sus consecuencias. Las alternativas a la quiebra de la civilización liberal, organizzato dal Grup d’Estudis República i Demòcracia (GERD) e tenutosi presso l’Universitat Autònoma di Barcellona il 7 e l’8 maggio del 2014.

E poi alcune mostre. Una su tutte: Barcelona, zona neutral 1914-1918, curata da Fèlix Fanés y Joan M. Minguet ed esposta tra ottobre 2014 e febbraio 2015 alla Fundació Miró del capoluogo catalano. Un’esposizione dedicata soprattutto all’arte e agli artisti presenti nella Barcellona di quel periodo: dai catalani Miró e Togores, che iniziano il loro percorso verso l’avanguardia, allo spagnolo Picasso, che ritorna a Barcellona nel 1917, fino agli stranieri che si rifugiano nella Ciudad Condal per evitare la guerra, come Picabia, Otto Loyd, Gleizes e molti altri. Il tutto però contestualizzato molto bene nella realtà politica, sociale e culturale della Barcellona di quegli anni e con materiali di indubbio interesse (riviste, illustrazioni, fotografie, cartoline e pellicole cinematografiche).

Ma nel 2014 la Catalogna è stata sommersa di iniziative celebrative, memorialistiche e storiche che hanno ricordato un altro avvenimento storico poco conosciuto a nord dei Pirenei.

L’11 settembre del 1714, la città di Barcellona fu riconquistata, dopo quattordici mesi di assedio, dalle truppe spagnole del duca di Berwick. La riconquista del capoluogo catalano pose fine alla guerra di successione spagnola, che era durata quasi un quindicennio e aveva visto il coinvolgimento diretto delle grandi potenze del Vecchio continente. I catalani, che appoggiavano il pretendente al trono Carlo d’Austria, furono sconfitti, i Borbone instaurarono una monarchia assolutista e per punire i “traditori” catalani il re Filippo V impose i Decreti di Nueva Planta che abolirono le autonomie locali catalane esistenti dal Medio Evo.

Fino alla fine del XIX secolo in Catalogna i fatti del 1714 hanno avuto ben poca centralità. Con il nascere del catalanismo politico tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento quella data riacquistò poco a poco importanza e divenne un simbolo: nel 1980, non a caso, si scelse l’11 settembre come il giorno della festa nazionale catalana, la Diada. Le aspirazioni indipendentiste catalane dell’ultimo triennio hanno ridato ancora maggiore centralità all’11 settembre e ai fatti che in quel giorno si ricordano. Dal 2012, infatti, la manifestazione organizzata il giorno della Diada ha visto crescere i propri partecipanti da poche decine di migliaia a oltre un milione.

È in questo contesto politico che si devono leggere e interpretare le innumerevoli iniziative che hanno invaso Barcellona e la Catalogna in questo 2014, l’anno del Tricentenario.

Purtroppo, infatti, una parte importante del ricchissimo programma di iniziative – mostre, conferenze, tavole rotonde, installazioni, spettacoli, ecc. – ha visto una politicizzazione notevole, riscontrabile sia nell’utilizzazione a fini politici della storia catalana sia nella rilettura di eventi del passato in una chiave chiaramente nazionalistica. Niente di nuovo, per carità, ma in alcuni casi questo imprinting è così grezzo da risultare quanto meno controproducente per gli organizzatori.

Nella presentazione del sito del Tricentenario, i cui atti sono stati organizzati e finanziati dalla Generalitat de Catalunya, la regione autonoma catalana, si legge ad esempio che la commemorazione del 1714 è “una magnifica opportunità sia per celebrare la tenacia di un popolo – e le sue ragioni – sia, soprattutto, per imparare dagli errori e dalle cose giuste fatte” e che il Tricentenario si basa su quattro pilastri: “commemorare, reimmaginare, coesionare e proiettare” con l’obiettivo di mettere in luce “il vincolo persistente tra il 1714 e il 2014, il filo che unisce ciò che eravamo, ciò che siamo e ciò che saremo”. Il presidente della Generalitat de Catalunya, Artur Mas, lo ha espresso molto bene, affermando in più d’una occasione che “la Catalogna vuole difendere con i voti quello che hanno difeso gli eroi del 1714”, facendo riferimento al referendum di autodeterminazione che il governo catalano ha promosso lo scorso 9 novembre.

Secondo questa logica e con questi obiettivi è stato inaugurato un anno prima del Tricentenario, l’11 settembre 2013, il Centro Cultural del Born, il quartiere che è stato protagonista dell’ultima resistenza barcellonese all’assedio delle truppe borboniche nel settembre del 1714. In esso si possono visitare dei resti archeologici – unici nel loro genere – della città di Barcellona precedenti alla guerra di successione. Il bellissimo Centro, che utilizza l’antica struttura modernista del mercato del Born e all’ingresso del quale si staglia una enorme bandiera catalana, presenta diversi spazi, in cui si organizzano mostre, conferenze, presentazioni di libri, concerti e spettacoli.

L’opportunità di offrire alla cittadinanza e ai molti turisti che invadono ogni anno Barcellona uno spazio per conoscere la storia della città e della cultura catalana è però viziato pesantemente da una lettura nazionalista del passato catalano in chiave antispagnola. Nella presentazione del Centro si parla della “Barcellona del 1700, la prospera città che ha subito l’assedio del 1714, di epica ed eroica resistenza, prima di concludersi con la perdita delle libertà nazionali della Catalogna, che a tre secoli di distanza non sono ancora state restituite” e si ricorda che “se siamo coscienti delle nostre origini e di chi siamo, sapremo sempre meglio verso dove dobbiamo avanzare come popolo”. Come sottolinea Francisco Morente Valero, professore di storia contemporanea dell’Università Autonoma di Barcellona, “la proposta del Centro cultural del Born si riassume in una storia di buoni (i catalani eroici e resistenti) e di cattivi (gli spagnoli sanguinari e liberticidi). Così è stato trecento anni fa e così è anche adesso. Che fosse falso nel 1714 e che lo sia anche nel 2014 fa lo stesso. Il mezzo è il messaggio e il Born assolve perfettamente questa funzione.”

Così le due mostre permanenti del Centro, intitolate Fino ad ottenerlo! L’assedio del 1714 e Barcelona 1700Dalle pietre alle persone, sono accompagnate da altri pannelli esplicativi che poco hanno a che vedere con i fatti di tre secoli fa, come, tra gli altri, una serie di profili biografici di politici catalani (il presidente della Generalitat Lluis Companys, il dirigente democristiano Manuel Carrasco Formiguera, l’anarcosindacalista Joan Peirò, ecc.) fucilati dai franchisti durante e alla fine della Guerra Civile del 1936-1939. La lettura che si vuole offrire al visitatore è chiara: la Spagna è sempre stata il nemico della Catalogna, una nazione oppressa ormai da trecento anni di dominio straniero. Un’interpretazione che fa rabbrividire qualunque storico, tranne quelli che hanno abbracciato la lotta per l’indipendenza catalana di questi ultimi anni. E non sono pochi, purtroppo.

Un esempio è rappresentato da Espanya contra Catalunya: una mirada histórica (1714-2014), un congresso di storia tenutosi a dicembre del 2013 e organizzato dal Centre d’Història Contemporània de Catalunya e dalla Societat Catalana d’Estudis Històrics. Un incontro, che più che un congresso è stato un atto di propaganda politica a cui hanno partecipato non pochi storici catalani e che è stato pesantemente criticato in ambito accademico e pubblico.

Detto questo, bisogna riconoscere che al di là di altri casi simili – come 300 Undici Settembre (1714-2014). Dalla sconfitta alla Diada della Nazione, mostra esposta al Museu d’Història de Catalunya, il cui direttore (dal 2000 al 2008) Jaume Sobrequés i Callicó è stato, non a caso, il promotore del congresso citato anteriormente – si sono potute visitare esposizioni e mostre di un certo interesse. All’Onze de Setembre – l’11 settembre – e alle rivendicazioni catalane legate a quella data hanno dedicato due mostre anche l’Arxiu Històric de la Ciutat de Barcelona (Undici settembre. Storia della commemorazione della Diada a Barcellona) e l’Arxiu Municipal Contemporani (Dalla demolizione della Ciutadella alla rivendicazione dell’11 settembre). La migliore ricostruzione storica è stata quella offerta da Il mondo del 1714 esposta al Museu d’Història de Barcelona (MUHBA), da sempre attento a non confondere la politica del presente con la storia passata.

Ma poi, con alti e bassi per quanto riguarda l’offerta qualitativa, si sono organizzate esposizioni che hanno toccato quasi tutti gli ambiti: dalla fotografia (A proposito dell’11 settembre presso l’Arxiu Fotogràfic de Barcelona) alla scultura (Rafael Casanova. La divulgazione di una scultura monumentale presso il Museu Frederic Marès – Rafael Casanova guidò l’esercito catalano durante la difesa di Barcellona del 1713-1714), dalla lingua catalana (1714. Il catalano ieri, oggi e domani presso il Centre de Normalització Lingüística de Barcelona) al giornalismo e alla propaganda (1714. Notizie e propaganda presso il Col.legi de Periodistes de Catalunya), dalla medicina (Il mondo della salute nella Barcellona del 1714 presso il Col.legi Oficial de Metges de Barcelona) alla musica (Le musiche del 1714 presso il Museu de la Música de Barcelona). Moltissime poi le conferenze, le tavole rotonde, gli incontri e gli spettacoli organizzati quasi ogni giorno durante il 2014.

Vale la pena menzionare altre due iniziative. La prima è La battaglia finale, una serie di grandi installazioni che sono state esposte in 13 piazze e vie del centro storico di Barcellona con fumetti dell’artista Oriol García Quera che rappresentano gli episodi chiave del 1714. La seconda è BCN 1714. Un percorso sonoro nella storia, un audio guida per smartphone e tablet che ha permesso di conoscere, mentre si passeggiava per la città, i principali luoghi barcellonesi della guerra di successione del 1713-1714.

Nel 2014 c’è stata anche un’altra commemorazione in Catalogna: quella del centenario della Mancomunitat catalana, l’istituzione, creata nel 1914 e soppressa nel 1925 durante la dittatura di Miguel Primo de Rivera, che riuniva i quattro consigli provinciali catalani. Fu il primo riconoscimento dell’unità territoriale catalana da parte dello stato spagnolo. A questo centenario si sono dedicati, sia a Barcellona che negli altri capoluoghi di provincia della Catalogna (Tarragona, Girona e Lerida), varie mostre e vari incontri, passati comunque in secondo piano per il protagonismo dato al Tricentenario del 1714.

Da Barcellona, Steven Forti

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