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Sorveglianza illegale nei confronti di chi manifesta nei Paesi Bassi

Nei Paesi Bassi, la sorveglianza illegale nei confronti dei manifestanti pacifici sta mettendo in pericolo il diritto alla riservatezza e sta avendo un effetto raggelante sul diritto di protesta, sempre più criminalizzato.

È quanto ha dichiarato ieri Amnesty International pubblicando il rapporto “Poteri incontrollati: i controlli d’identità e la raccolta dei dati nei confronti dei manifestanti pacifici”, secondo il quale la supervisione e i controlli sui metodi di sorveglianza delle forze di polizia non rispettano le leggi nazionali né gli standard internazionali sui diritti umani.

Nella sua ricerca, condotta tra settembre 2020 e novembre 2022, Amnesty International ha intervistato 50 manifestanti, giungendo alla conclusione che c’è un diffuso modello di azioni intimidatorie da parte delle forze di polizia.

Gli agenti hanno una grande discrezionalità nel decidere chi fermare e sottoporre a controlli durante le proteste e le carte d’identità sono regolarmente usate per raccogliere dati sui manifestanti pacifici.

Chiunque intenda protestare può essere sorvegliato dalla polizia, grazie agli ampi e vagamente definiti poteri discrezionali degli agenti. C’è poi un’evidente assenza di supervisione sui loro metodi di sorveglianza.

Il rapporto identifica una serie di metodi impiegati dalle forze di polizia per identificare e controllare i manifestanti: accertamenti illegali d’identità, monitoraggio delle attività sui social media, uso dei droni durante le proteste, infiltrazione nelle app dei gruppi e ispezioni nelle abitazioni senza preavviso.

Una volta controllata, ciascuna carta d’identità è conservata in un database della polizia per almeno cinque anni, in violazione del diritto alla riservatezza.

Queste prassi fanno sì che alcuni gruppi siano più controllati di altri, soprattutto quelli che temono di subire discriminazione e interventi illegali da parte delle forze di polizia.

Le forze di polizia non rispettano la Legge sull’obbligo di identificazione del 2003, che afferma in modo chiaro che i controlli d’identità sono permessi solo quando ragionevolmente necessario per lo svolgimento del loro lavoro. Le prassi attuali sono evidentemente contrarie a quanto è permesso da quella normativa.

Il rapporto è stato pubblicato nell’ambito della campagna di Amnesty International “Proteggo la protesta” che sta documentando gli attacchi alle proteste pacifiche, mostrando solidarietà a coloro che sono presi di mira e sostenendo i movimenti sociali che lottano per il cambiamento dei diritti umani in tutto il mondo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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