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Sicurezza nucleare, un ossimoro del terzo millennio

Intervista a Paolo Scampa, presidente dell’AIPRI (Associazione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Ionizzanti) con formazione NBCR (nucleare, biologica, chimica, radiologica) conferita dal comandante Maurice Eugène Andre (esperto NBCR a funzione esclusiva).

Nel 2008 si sono avuti in Francia ben 3 incidenti nucleari (2 a Tricastin e 1 a Romans-sur-Isere). Si è trattato di incidenti "lievi" (INES 0 e 1), con consegenze irrilevanti? Quali sono stati gli effetti sulla popolazione?
La dispersione di radiolementi artificiali, in qualunque quantità sia non è mai "qualunque". L’entità patologica di questi rilasci si conoscerà soltanto col trascorrere degli anni, dei secoli e dei millenni. Bisogna lasciare il tempo a questi elementi di inoltrarsi nelle falde acquifere, di risalire la catena alimentare, di depositarsi dentro gli organismi. Insomma la radioattività uccide anche lentamente, bisogna essere pazienti… Mi ricordo che al momento del riversamento di centinia di chili di Uranio nel fiume francese La Gaffière, poi in parte finito nel Mediterraneo, invitai esperti e politici che sostenevano l’innocuità dell’evento ad aggiungere i fatti alle parole facendo un bel tuffo, era estate, nella Gaffière. Non lo hanno fatto. Continuo a chiedermi il perché.

Nel normale funzionamento (al di là di eventuali incidenti o fughe radioattive) di una centrale nucleare a uranio, quali sostanza vengono disperse nell’ambiente? Con quali conseguenze per la popolazione?
Detto in modo semplice, un reattore atomico è una sorta di pentola a pressione che necessita di una valvola di scarico onde evitare esplosioni. Il Trizio ed il Carbonio 14, due gas generati per attivazione nel circuito primario (acqua in media a 306 gradi centigradi mantenuta sotto pressione per non “bollire” e generare bolle di gas), vanno imperativamente espulsi per via aerea o liquida (i fiumi di scarico delle centrali sono oramai pieni di Trizio); lo Iodio, lo Xenon ed il Krypton sono altri gas che vengono ugualmente in parte convogliati verso la pattumiera aerea che noi tutti respiriamo. Inoltre le centrali si liberano involontariamente, anche se in modo minore, di Cesio, Plutonio, Uranio, Cobalto. Per farla breve le centrali nel loro “normale” decorso di produzione emettono fatalmente nell’ambiente tutta la gamma dei prodotti di fissione e di attivazione che producono. Gli oltre 400 reattori nucleari tuttora in attività nel mondo costituiscono di per sé una fonte “legalizzata” di contaminazione cronica dell’ambiente già drammaticamente marcato dalle prove atomiche e ri-marcato dalle guerre “impoverite”. Lo testimoniano le migliaia di rapporti di sorveglianza radiologica, così come gli inventari dell’UNSCEAR (Comitato Scientifico delle Nazioni Unite sugli Effetti delle Radiazioni Atomiche) sugli agenti liquidi e gassosi rilasciati. L’UNSCEAR sottolinea per esempio che dal 1950 al 1997 più di 2,2 tonnellate di Iodio 129 (14,8 TBq), gas radioattivo dal tempo di dimezzamento di 15,7 milioni di anni, di cui le tiroidi sono golose, nonché più di 220 kg di Kripton 85 (e via discorrendo) sono stati immessi nell’atmosfera. Queste cifre di contaminazione aerea già di per sé spavantose sono tuttavia, secondo noi, ampiamente sottostimate in quanto più di 30 tonnellate di I129 e più di 4 tonnellate di Kr85 sono state “prodotte” dall’inizio dell’attività elettronucleare. Dubitiamo fortemente che i carburanti spenti ne abbiano saputo trattenere più del 70%.

Esiste una correlazione fra la percentuale dei tumori e la vicinanza agli impianti nucleari? In base a quali dati, statistiche, riscontri si può affermarlo? O si tratta di una "bufala"?
La radioattività di origine umana, come si suol dire, è il più sicuro dei cancerogeni. Negarlo dovrebbe essere passibile di corte marziale. Gli ambienti nuclearisti coltivano da sempre il negazionismo, pur non potendo confutare l’origine radiologica dei tumori (ma non solo). Non esistono dati istologici che dimostrino l’estraneità delle centinaia di milioni di persone attualmente affette da tumore nel mondo alla contaminazione da nanoparticelle radioattive. Si dovrebbe dimostrare, in breve e per cominciare, che non esiste tumore radiologico indotto per effetto di prossimità alfa. I dati epidemiologici e le correlazioni ahimé ci sono, ed innumerevoli. A livello planetario il tumore ha conosciuto due “innalzamenti” da cui non è mai sceso: il primo con i test atomici - oggi proseguiti con l’immissione nell’aria di più di 10mila tonnellate di Uranio impoverito di cui pagheremo (ancora una volta) il prezzo - il secondo con “l’atomo della pace”. Dati sull’infertilità, sulle malattie genetiche, sulla diminuzione della speranza di vita per via della contaminazione atmosferica nella nostra stessa ricca Europa sono sotto gli occhi di tutti. Lo stesso dicasi per i dati epidemiologici circostanziati nelle vicinanze delle centrali. Ma per i “sapienti” a favore del nucleare la contaminazione atomica crescente alla quale siamo sottomessi tramite contaminazione interna non conta ovviamente per nulla. L’argomentario dei pronucleari è insomma risaputo, lo servono identico da 50 anni. Capitolo 1. La radioattività “esterna” ed interna è cancerogena a qualsiasi dose, lo scrivono nero su bianco. Capitolo 2. L’ambiente è contaminato con le emissioni delle centrali e lo dimostrano Geiger alla mano i loro stessi rapporti radiologici. Capitolo 3. La radioattività è cancerogena ma non provoca nessun cancro. Puro razionalismo.

Il prof. Vincenzo Pepe, Presidente del movimento «FareAmbiente», ha dichiarato in un’intervista che «i moderni reattori moderati ad acqua di seconda generazione non hanno mai fatto vittime, mantre quelli di terza sono 100 volte più sicuri e "prevedono anche l’imprevedibile"». Come commenta questa affermazione?
Le autorità internazionali riconoscono soltanto i tumori mortali indotti dalle radiazioni. Non quelli non mortali... Di conseguenza: o si crepa o si è sani! In questo modo vengono cancellati milioni di ammalati. Ebbene, tutti questi ammalati non sono forse "vittime"? Come definirli altrimenti? Le stime di mortalità variano inoltre da un’istanza all’altra. L’ICRP (Commissione Internazioale sulla Protezione Radiologica, istituto autorevolissmo) nell’arco degli anni ha sempre stimato al rialzo la pericolosità. Per 1 milione di persone che ricevono una dose di 10 millisievert (= 1 REM) quante moriranno di tumore? Le statistiche variano da uno studio all’altro, ma nessuno può affermare: "zero". Il rischio zero non esiste ed è escluso dagli stessi fautori del nucleare.
 

È vero che nel mondo esistono circa 80 depositi per rifiuti radioattivi di prima e seconda categoria (cioè ad isolamento secolare)? Sono sufficienti? Cosa avviene dopo un secolo di contenimento? È sufficiente collocare le scorie dentro fusti di acciaio? È vero che questi fusti sono "sicuri" e "ad impatto esterno nullo"?

Si ignora il numero di depositi radioattivi ufficiali e segreti presenti sulla terra. So che se ne costruiscono in continuazione, in Francia per esempio, uno dei quali a Bure, il paese di Giovanna d’Arco ed un altro in Champagne! Il volume delle scorie cresce in continuazione e ciò lascia intuire che i depositi attuali siano insufficienti ad assorbire i vari milioni di metri cubi di scorie di prima e di seconda categoria generati ogni anno, come segnalato dall’AIEA - l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Accanto ai depositi sotterranei vi sono inoltre numerossimi depositi sottomarini abbandonati, uno dei quali (a più di 4000m nell’Atlantico) è italiano, del 1969 (per coordinate e categoria vedere alle pp. 36-37 del rapporto). Si noti che la AIEA non fornisce tuttavia l’inventario dei depositi clandestini. Per quanto riguarda la tenuta stagna dei contenitori si tratta di una pura illusione, specchio per allodole. Lo stesso Commissariato all’Energia Atomica francese, che investe ingenti somme per lo studio delle microfessure, lo certifica con obiettività. Non esiste materia impermeabile, nulla sfugge all’erosione del tempo, nulla resiste per l’eternità alla corrosione provocata dal calore e dai raggi radioattivi. (Dentro questi fusti vi è un calore di più di 100 gradi. Sono carboni ardenti multisecolari). È solo questione di tempo. Siamo purtroppo di fronte a una catastrofe planetaria annunciata, anche soltanto per via dei gas radioattivi che trasudano dai contenitori. È già tutto scritto. Queste sono pattumiere praticamente eterne su scala umana. Non vi è via di scampo. Al termine questi contenitori riverseranno lentamente il loro contenuto letale nell’ambiente senza neanche il bisogno di incendi, terremoti o esplosioni vulcaniche. La terra non ha uscite di emergenza.

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