• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > S. Caterina da Siena ispiratrice di pace

S. Caterina da Siena ispiratrice di pace

Tra i tanti protagonisti della storia, un posto di prima grandezza occupa Caterina da Siena. La vergine senese attese a una vasta opera di pacificazione e, asserì papa Giovanni Paolo II, conobbe proprio «la parola della riconciliazione» e la pronunciò in un tempo difficile per la Chiesa e il mondo (1347-1380).

La sua opera conciliatrice e di pace ebbe come dimensione non solo Siena e l’Italia, ma si può dire l’Europa. Certo è che la domenicana si mosse in una visione ampia della sua missione e, potremmo dire, con la mentalità europea, che aveva assorbito fin da piccola nella sua stessa città natale. Laica, fu modello di capacità comunicativa, esempio di speranza umana nella verità, nella carità operativa. Portatrice sana di valori, vive con intensità estrema, non estremista, il suo essere persona, il suo essere innamorata del Bene ed esigerlo per ognuno. Si lascia conoscere nelle sue Lettere e nel Dialogo, da cui è possibile desumere i principi di una filosofia sociale.

Per noi uomini del XXI secolo, soggetti alla mentalità dei nazionalismi esasperati, dei confini politici divenuti barriere, non è semplice pensare a un’Europa nella quale tutti si consideravano, in qualche modo, concittadini di quello che era o era stato un medesimo Impero e si muovevano liberamente da un paese all'altro; Siena stessa era una delle tante città-stato di quel tempo ed era in relazione per i suoi commerci con i maggiori centri d’Europa; il latino era ancora la lingua ufficiale comune a tutto l’Occidente, nonostante l’affermarsi delle lingue volgari. La cultura europea era unitaria, malgrado le divisioni politiche e comunali. Pur serbando ognuno la propria nazionalità, che anzi comincia allora ad accentuarsi, gli uomini del secolo XIV non si consideravano ancora come forestieri l’uno con l’altro; si sentivano coinvolti in un destino piuttosto comune e non avevano difficoltà a vivere insieme. Di fronte a Caterina vi era un’Europa divisa politicamente, ma unita dalla cultura umana e cristiana, che i secoli precedenti avevano elaborato, ed Ella seppe, in un secolo molto difficile e denso di vicende che lacerarono dall’interno anche la compagine ecclesiastica, indicare le vie per la conciliazione e l’ordine. La sua fu una dottrina, si può dire, in certo modo, una filosofia politica e oggi, più che mai, si avverte il bisogno di riscoprire la purezza dell’etica, della politica, della filosofia.

Caterina da Siena, Dottore della Chiesa, Compatrona d’Italia, d’Europa, di Roma, mistica della politica, è maestra di perenne attualità. La sua fu sapienza politica a servizio dell’umanità per la pace sociale. È noto che Caterina, per la sua stessa missione, si è dedicata alla realizzazione della pace in terra. Con la sua esperienza ci esorta a rinnovarci profondamente, soprattutto nello spirito, come anche, con la sua ‘politica’ raccomanda di ritrovare, nei rapporti, il senso cristiano, il bene di tutti, che è un servizio che si rende a Dio e che ritorna gratuito e copioso all’uomo.

Lo stato pacifico è, secondo Caterina, un edificio che poggia su quattro colonne, tutte ugualmente indispensabili ma con funzioni diverse:

- la verità è la luce che illumina sull’ordine sociale da realizzare;

- la giustizia è quanto deve realizzarsi per il bene comune e la promozione di ogni uomo;

- la carità è la “fontana” da cui sgorga la giustizia, e dà la spinta a continuare sempre nel far giustizia secondo le rinnovate esigenze dei luoghi e dei tempi;

- la libertà è il metodo rispettoso da seguire per la vera pace e il progresso sociale.

Ognuna di queste colonne è legata all’altra, l’una non sussiste senza l’altra.

Ciò che appartiene all’uomo e alla società umana, presto o tardi affiora nella coscienza degli uomini e dei popoli, ed è l’affermazione dei valori etici a determinare il vero progresso dell’umanità. È importante ricordare che la politica non è riservata ai politici, tutti possono e debbono collaborare al bene comune, evitando però le fazioni, le “sette” come dice Caterina, che sono la rovina della città, quando mirano non al bene comune, ma al loro bene particolare e sono per questo intente alla conquista del potere (L.268). Per Caterina è l’amore che spinge a fare giustizia, anche quando si tratta di punire e correggere il colpevole. Caterina rimprovera i politici ed anche i prelati ecclesiastici, che non riprendono i colpevoli. Essi mancano di carità, tradiscono il dovere del loro ufficio o si rendono responsabili del dilagare della corruzione e del male. Certo, ogni intervento, anche se punitivo, dev’essere ispirato non dall’odio, ma dall’amore: “Usate un poco la cottura, incedendo e cocendo il vizio per santa e vera giustizia, sempre condita con misericordia, e quella sarà la grande misericordia in punire e in riprendere li difetti loro. Senza dubbio occorre corregger li vizi e piantare le virtù nelle anime de’ sudditi vostri”. (L. 243). I governanti che per timore di impopolarità non mettono un freno all’immoralità e alla corruzione, causano ingiustizie, inquietudine, e la rovina stessa degli stati, dei comuni.

Caterina mette ben in evidenza (L. 123), e ancora oggi non si sbaglia, visto il tempo doloroso di venti di guerra che si respirano, che tre sono i peccati fondamentali dell’uomo politico: evitare la contesa, rimandare la decisione e tollerare il male. Peccati che ella riassume nel: “Sonno della negligenza”.

È affascinante, seppure ardua, la sfida che Caterina prospetta: l’attenzione deve potersi riaccendere sul dato che siamo custodi perfettibili di un tesoro chiamato umanità, e che occorre porsi la questione non solo di ‘cosa sia buono’, ancor più di ‘cosa buono sia’ per la conoscenza della verità e per riportare la persona al centro del rispetto umano, discernendone il valore virtuoso. Siamo tutti interpellati a essere, con Caterina, esagerati ‘briganti’ d’amore, di verità, di giustizia, di pace; persone etiche, capaci di fare uso del pensiero critico: l’etica implica la contemplazione, l’interiorizzazione perché sia autentica, ed ha bisogno solo di persone libere. E, la libertà, ha palesato Caterina, è l’essenza dell’etica e del testimoniare la Verità, dell’innestarsi in essa.

Incoraggia l’insegnamento di Caterina al superamento delle problematiche del tempo, quello suo e l’attuale, cercando soluzioni delle questioni con una capacità comunicativa esemplare e perspicace, attraverso la fermezza (L. 197), la perseveranza (L. 93), la volontà, tesoro tutto nostro (L. 195) e, soprattutto, esortando a: ‘Levatevi dal timore servile’ (L. 247), indicando sempre come strada la Verità. Innestarsi nella profondità dei concetti cui Caterina ci chiama, rende luce al dono più grande che riceviamo e che siamo chiamati a usare: l’intelletto, che ha come fonte prima l’Amore da cui proveniamo e, con S. Tommaso d’Aquino: più l’uomo pensa, più è il riflesso di quel pensiero sussistente che è Dio. C’è qualcosa di più che nasce dal profondo dell’essere umano che, in qualche angolo celato del cuore, fa fatica a volte ad affiorare. Ciò richiama all’assunto dottrinale “L’intelligenza scopre...”(S. Th., I-II, q. 94, a. 2): se l’uomo è segno altissimo dell’immagine divina, se questo segno è dato dalla sua libertà, soprattutto, ecco allora che la società degli uomini non può avere altro tessuto connettivo che quello della carità, una carità ovviamente che va ben oltre una solidarietà esistenzialmente necessitata, e che urge di azioni di responsabilità, di coraggio, di giustizia. Siamo opera del creato e questo già ci regala una dimensione straordinaria del nostro essere Persona con cui produrre costrutto nelle nostre vite e nella quotidianità.

Il suo pensiero muove, dunque, verso il riconoscimento del valore e della dignità della persona umana, nonché della strumentalità della società rispetto al destino eterno della persona. Pone la verità come condizione attraverso la quale l’uomo perviene alla sua conoscenza interiore, e deve essere sovrana, se non lo è, è schiava, per esempio del potere, per cui si rende cosa, piuttosto che persona. Essenziale per la verità è l’umiltà. Si è, dunque, interpellati a essere, con S. Caterina da Siena, esagerati ‘briganti’ d’amore, di verità, di giustizia, di pace, persone etiche, capaci di fare uso del pensiero critico: l’etica implica la contemplazione e l’interiorizzazione perché sia autentica, ed ha bisogno solo di persone libere, e la libertà, ha palesato Caterina, è l’essenza dell’etica e del testimoniare la Verità.

Cf. Maria Francesca Carnea, Libertà e Politica in S. Caterina da Siena, Ed. VivereIn, 2011.

JPEG - 38.5 Kb
Maria Francesca Carnea, Libertà e politica in S. Caterina da Siena
L’assunto speculativo ed etico della centralità della Persona contraddistingue e conferisce attualità perenne all’umanesimo di Caterina da Siena. Profondamente coinvolta nelle vicende del suo tempo, si avvede del­l’assenza morale ed etica nei costumi civili e religiosi. Si prodiga per scuotere le coscienze a rinsavirsi verso l’attenzione al senso della libertà, al senso dell’agire politico. Gli scritti e il suo esempio volitivo, evidenziano principi di una filosofia sociale che presenta notevoli analogie con l’insegnamento di Tommaso d’Aquino, principi capaci di muovere a una cultura della speranza e, per questo, della vita bella.
Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità