Ribelliamoci all’utilitarismo moderno

Credo non si sia mai vissuto mondo più “monocratico” di quello sviluppatosi dopo il crollo del muro di Berlino, dai due blocchi si è, di fatto, passato ad un mondo dominato da una sola potenza, che tenta d’imporre la sua legge al pianeta intero.
Ecco una descrizione dell’insieme di Alain de Benoist:
“Virtualmente, questo mondo non sarebbe altro che un villaggio globale, dove il progresso economico, dal quale si suppone tutti possano trarre giovamento, accrescerebbe l’ineluttabile evoluzione verso un modello politico, la democrazia liberale rappresentativa, della quale gli Stati Uniti costituirebbero il modello più completo. Alla fine, il mondo diverrebbe un vasto mercato popolato da semplici consumatori,sottomessi di volta in volta all’ordine marciante”.
Il capitalismo sfrenato da quei giorni in poi si è trasformato in una holding di società transnazionali che imperano e creano bilanci da far impallidire le più solide nazioni, le quali, inginocchiandosi ai padroni del vapore, hanno abolito di fatto le loro barriere doganali, facendo circolare liberamente persone e, soprattutto, capitali, favorendo, di fatto, la “libera circolazione” dei prodotti e dei beni.
Un sistema che pesa ogni attività solo con ragionamenti mercantili, indi denaro, indi profitto.
Traduciamo il tutto, ancora, con le parole di de Benoist: “Nel mondo del mercato, la legge suprema è la logica del profitto, legittimato da un’antropologia facente dell’individuo un essere avente come obiettivo permanente il suo migliore interesse. La sottomissione progressiva di tutti gli aspetti della vita umana alle esigenze di questa logica destruttura il legame sociale. Essa genera una società puramente commerciale dove, come ha già affermato Pierre Leroux, gli ‘uomini non associati non sono soltanto estranei tra loro, ma necessariamente rivali e nemici’. Gli altri uomini dunque non sono percepiti se non attraverso il loro potere d’acquisto e la loro capacità di generare profitto, attraverso la loro attitudine a produrre a lavorare e consumare. I media uniformano i desideri e le pulsioni, al prezzo di una radicale desimbolizzazione degli immaginari, produttori di una falsa coscienza, di una coscienza alienata”.
Questo mondo dove l’economia reale crea senza interruzione nuovi bisogni, moltiplica le distrazioni e i divertimenti, propaga l’idea che non esista felicità se non nel consumo, va combattuto, ribaltato in logica e cuore, va proposto un cambiamento, proposta una riflessine, non bastano manifestazioni più o meno affollate e spesso violente, ma occorre una vera organizzazione; occorre, di fatto,adoperarsi per l’avvento di un altro mondo, che non sia soltanto al di là delle cose, una visione trascendente o utopica, ma un nuovo mondo comune. Prospettiva rivoluzionaria? Non sarà mai tanto rivoluzionaria quanto la Forma-Capitale, che in questo mondo, ha già distrutto tutto.
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