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Religione, fase suprema del complottismo?

Quali sono le affinità e le divergenze tra le teorie complottiste e l’approccio religioso? E come si pongono credenti e atei nei confronti del cospirazionismo? Ne parla Valentino Salvatore sul n. 5/2021 della rivista Nessun Dogma.

I complotti esistono. Da sempre. Nei millenni gruppi di persone hanno spesso congiurato per sovvertire l’ordine a proprio vantaggio. Storie di assassini, voci false e scontri tra fazioni sono innumerevoli. Ma la tendenza a vedere ovunque una cospirazione, trame segrete di forze potentissime e oscure che reggono i fili del mondo, è cosa diversa: se diventa una lente per interpretare la realtà si incappa nel famigerato “complottismo”. Creduto un fenomeno prettamente postmoderno o derubricato a frutto della secolarizzazione, è un approccio che ha radici antichissime e si sposa bene con la religione.

La forma mentis religiosa si fonda sulla credenza che esistano agenti superiori e invisibili capaci di controllare gli eventi. Ciò sembra avere punti di contatto con la concezione paranoica del cospirazionismo, dove ad agire sono uomini (ma non solo). Il cervello umano, per come si è evoluto, tende a dare sistematicità ai fenomeni nel tentativo di ridurre complessità e imprevedibilità: la religione è una strategia per farlo. Crea uno schema preciso in cui a dirigere il mondo sono entità spirituali. Non a caso diverse idee complottiste hanno un sottofondo religioso, misticheggiante o sovrannaturale, oppure i protagonisti assumono una forza praticamente sovrumana. Un irriverente potrebbe sostenere che, in fondo, le religioni sono dei complottismi che ce l’hanno fatta e che si sono allargati un po’ troppo.

Testimonianze di voci complottiste a noi note risalgono almeno all’antica Grecia. Per concentrarci sull’era volgare, i primi cristiani che si riunivano in segreto venivano accusati falsamente dai “pagani” di orge e cannibalismo (certo, dire di mangiare il proprio dio fattosi uomo non aiutava…), nonché di minare l’ordine perché non rendevano omaggio all’imperatore. Dopo qualche secolo di occasionali persecuzioni subite, una volta prese le leve del potere – qualcuno direbbe con un complotto – rovesciarono le stesse accuse sugli infedeli. I padri della Chiesa, nella loro opera di propaganda, “convertirono” gli antichi dèi in demoni. Le vecchie religioni e filosofie divennero prodotto satanico di queste forze che trescavano contro l’umanità per ingannarla, gettarla nell’immoralità e nella perdizione e distoglierla dalla “vera” religione, persino scimmiottandola prima che sorgesse.

I refrain tipici del complottismo “religiosoide”, con assortimento di cricche esoteriche, stragi di innocenti e pratiche abominevoli, sono stati traghettati per millenni dalla cultura cristiana. L’accusa del sangue nei confronti degli ebrei, tra le scintille che hanno fatto divampare ghettizzazione, antigiudaismo e pogrom fino alla “soluzione finale” nazista, è un caso da manuale. Molte correnti eretiche e le streghe, oggetto di diffamazioni simili, hanno subito una ferocissima repressione nel mondo medievale e premoderno. Per non parlare degli eventi catastrofici, come carestie ed epidemie, attribuite a gruppi marginali mossi da intenti malevoli in combutta con gli spiriti. Un filone che arriva fino ai giorni nostri, con una spolverata di pseudo-scientificità e postmodernismo, se si pensa all’isteria collettiva del satanic panic o alle recenti teorie su PizzaGate e QAnon negli Usa.

L’accoppiata PizzaGate-QAnon è un caso recente utile da esaminare. A sostenere questa storia, secondo cui il “deep state” degli Usa è dominato da un gruppo di satanisti pedofili democratici combattuto in segreto da un coraggioso Donald Trump, sono soprattutto repubblicani, chiusi in bolle social e mediatiche, e cristiani fondamentalisti di varie denominazioni. Da parte cristiana si ammette l’esistenza di «scheletri epistemologici» nell’armadio che potrebbero predisporre i fedeli ad abbracciare teorie complottiste, oltre a strumenti che la stessa dottrina può fornire per uscirne. L’assunto della fede «nelle cose che non si vedono», per dirla con Agostino, può aprire a una permeabilità verso l’irrazionale se non si tiene la barra dritta. La cultura del sospetto verso resoconti ufficiali e la denigrazione degli esperti, dei saggi, delle élite come della scienza “materialista” – accusati di intenti malvagi e hybris – può andare ben oltre il necessario problematizzare. Inoltre questi complotti sono calati in una cornice apocalittica di ineluttabile scontro spirituale tra le forze del bene e quelle demoniache, che dà un affascinante tono epico e inserisce chi ne è conscio tra gli eletti.

La rivoluzione francese, svolta epocale che ha visto cadere l’egemonia della chiesa cattolica e affermato i diritti umani, ha rinfocolato i timori apocalittici dei religiosi con annesse teorie del complotto. L’antesignano dei teorici contemporanei che rilancerà diversi temi in voga è infatti il prete francese Augustin Barruel, fiero oppositore di illuminismo, massoneria ed ebrei, accusati di ordire una ramificata cospirazione internazionale. I Protocolli dei Savi di Sion, un falso confezionato dalla polizia segreta zarista in Russia nei primi anni del novecento, riecheggia questi topoi e sarà di ispirazione per fascisti, nazisti e sovietici.

Un fenomeno che non percorre solo l’occidente. Nel mondo musulmano il cospirazionismo, per il maggior peso della religione e per l’annosa questione israelo-palestinese, è molto diffuso nel discorso comune. Resistono in special modo teorie con protagonisti gli ebrei che da noi sono ormai marginali. Uno schema che si ripete nei paesi buddhisti – dove a ordire cospirazioni sarebbero invece i musulmani – e in India, dove vengono stigmatizzati cristiani e musulmani.

Non stupisce quindi che l’integralismo religioso vada a braccetto con il complottismo più di quanto non si voglia ammettere. L’apologetica crede di trarsi d’impaccio sfoderando uno dei detti più abusati dello scrittore inglese (cattolico) Gilbert Keith Chesterton, secondo cui «chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto». Ma la realtà è ben diversa. La secolarizzazione del mondo contemporaneo ha portato una quota crescente di persone ad abbandonare le religioni tradizionali, senza più il pungolo dell’imposizione totalitaria. Una fetta si è rifugiata in un florilegio di concezioni para-religiose, spesso esoteriche, occultiste e spiritualistiche, rinverdendo la pianta del complottismo. Ma sono pochi adepti, che fanno molto rumore e su cui si concentrano attenzioni, lamentazioni e fantasie (anche morbose, paradossalmente talvolta complottiste) dei credenti in culti tradizionali. Grande esponente fu proprio l’esoterista fondatore dell’antroposofia Rudolf Steiner, ossessionato dall’idea di confraternite che, tramite rituali e influenza politica ed economica, volevano controllare il mondo. Una quota più corposa e in crescita di persone è formata da non credenti, quindi persone che avrebbero in teoria più strumenti per rifuggire tale approccio.

Nei “bei” tempi in cui dominavano le religioni, senza alternative la quasi totalità delle persone prestava fede a superstizioni assimilabili all’odierno cospirazionismo e non certo all’idea raffinata dei teologi che si figurano alcuni. Oggi la situazione è cambiata, anche solo per una maggiore preoccupazione sul fenomeno. Vero è che concezioni (apparentemente) laiche come certe interpretazioni del comunismo possono impantanarsi in uno strutturale complottismo, che fa il paio con quello religioso. A orientare le sorti del mondo sarebbero degli oscuri e avidi gruppi di capitalisti potentissimi che metterebbero in campo un piano internazionale ben oliato, a volte demonizzati in termini del tutto analoghi ai gruppi minoritari oggetto degli strali delle religioni. Emblematico che convergano in nicchie complottiste simili sia militanti di estrema destra, sia quelli di estrema sinistra, sia ambienti confessionali tradizionalisti e non solo. Anche se cambiano le maschere dei cattivi: si può scegliere tra Bilderberg, rettiliani, George Soros, Bill Gates, illuminati, persino il povero papa (gesuita) Bergoglio e tanti altri. Oggi lo si vede in certi discorsi intorno a “gender”, “sostituzione etnica” e capitalismo malvagio. Tolti i troll che scherzano, non bisogna confondere la consapevolezza odierna e il buzz distraente dei social con una crescita straordinaria del fenomeno rispetto a tempi passati. Viene da pensare che antichi e premoderni, immersi in un mondo magico, fossero più complottisti di noi.

La ricerca si interroga infatti sulle affinità e le divergenze tra complottismo e religione, tanto che si parla di mentalità “quasi-religiosa” del cospirazionismo. Piaccia o meno al credente di religioni “serie” o all’incredulo perbenista, se si guarda la questione da un’ottica laica il credere che ci sia un dio che tutto vede, tutto sa e tutto controlla dall’alto e interviene negli eventi in maniera provvidenziale può rassomigliare a una suprema forma di complotto. Ma questa versione più rispettabile non viene tacciata di paranoia o irrazionalità per diversi motivi. In tanti ci credono ed esiste una consolidata tradizione culturale millenaria. La religiosità elabora una concezione di ampio respiro, che non si fissa su particolari gruppi o situazioni, ma fornisce guida morale, socialità, una interpretazione del reale che può dare altruismo e buoni frutti (almeno finché si rimane nei ranghi). Di solito la religione, quando è consolidata e raccoglie tanti adepti, esce dall’ombra, calca la mano sugli aspetti pro-sociali e amabili, va a braccetto col potere e si diluisce in un’immagine meno arcigna del complottismo da hater tipica degli albori o delle frange più puriste.

Tutto questo non significa che gli atei e agnostici siano immuni da certe derive, anzi. Se le credenze paranormali in genere favoriscono il complottismo, studi recenti suggeriscono che le differenze tra credenti e non religiosi siano meno nette, in media, se entrano in gioco variabili come anti-intellettualismo e fiducia verso le istituzioni. A quanto pare, più il credente è attaccato alla sua fede, più è probabile che sia complottista. Può contribuire un atteggiamento sospettoso verso intellettuali, esperti o élite. Ma se cala la diffidenza verso la politica, si smorza anche l’attitudine dietrologica. Tra i non credenti invece non è di per sé l’aderenza a una visione laica a incidere sulla creduloneria cospirazionista. Pesano invece la sfiducia verso le istituzioni e l’anti-intellettualismo: più sono marcati, più vedremo complottisti.

Guardando nel nostro orticello, i conti sembrano tornare. Alcuni fattori possono giocare a sfavore degli increduli: come il sentirsi in maniera vittimistica una minoranza perseguitata da “poteri forti” (per fare un esempio vicino, il Vaticano), la politicizzazione in senso estremo, il solipsismo e l’isolamento, le pose costantemente anticonformiste e iper-relativiste magari nel nome del “libero pensiero”. Un esempio è il successo tra gli anticlericali di Mauro Biglino, di cui abbiamo già parlato, che unisce lo smantellamento della Bibbia a teorie bislacche su ancestrali discese aliene e condisce il tutto con allusioni cospirazioniste anche sull’attualità.

Le teorie complottiste fioriscono in un terreno fatto di scarsa fiducia nelle istituzioni, senso di impotenza e mancanza di rappresentanza politica, economica e sociale, disistima verso l’analisi intellettuale, volontà di dare ordine al caos amplificato dalla complessità del contemporaneo, l’emergere di innovazioni sconvolgenti o disastri – come le epidemie. L’abbiamo visto nell’era del coronavirus. Per arginare questa pandemia nell’informazione, bisognerebbe allenarsi a distinguere il cospirazionismo dalla sana consapevolezza critica dello scetticismo, che ci sprona a riflettere sulle storture del potere, dell’informazione e della società. Perché la realtà è molto più complessa, disturbante e sfumata di quanto vogliamo credere. E va ben oltre le semplicistiche e rassicuranti soluzioni del complotto globale o della religione.

Valentino Salvatore

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