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Quattro salti in pagella...

“I dati Ocse-Pisa hanno mostrato un lieve miglioramento delle competenze dei quindicenni italiani, e dato il via a un'indecente corsa della politica ad attribuirsene i meriti. Mentre un'analisi più attenta dei numeri mostra il lungo cammino che c'è ancora da fare per dare una scuola migliore a tutti, riducendo le diseguaglianze del sistema”. Lo sostiene Fiorella Farinelli in un articolo pubblicato su www.sbilanciamoci.info:

Davvero stucchevole il ping pong della politica sugli ultimi risultati dell’indagine Ocse-Pisa. Con Maria Stella Gelmini che prova ad attribuirsene tutto il merito, anche se i test sono stati somministrati nel 2009 e i ‘testati’ sono quindicenni entrati in prima elementare nel 2000. E un’opposizione che, di fronte al rischio che la ripresina degli studenti italiani possa regalarle dei punti, inanella dichiarazioni che sembrano ispirate alla sindrome del tanto peggio tanto meglio. Ma certo, bisogna ammetterlo, c’è da innervosirsi rispetto alle espressioni enfatiche del ministro, che parla di ‘un risultato eccezionale’. O all’insidioso argomentare del presidente dell’Invalsi, secondo cui ‘nelle scuole si può migliorare a prescindere dai tagli’.

I numeri raccontano comunque una verità non proprio entusiasmante perché i risultati italiani rimangono sempre ben al di sotto della media Ocse, e dietro a paesi come l’Estonia, il Portogallo, la Polonia. Ma qualche segnale positivo indubbiamente c’è , perché per la prima volta da dieci anni in tutti gli ambiti indagati – lettura e comprensione di testi, matematica, scienze – si registrano recuperi rispetto al 2003 e al 2006. Non solo. La brezza del miglioramento si alza soprattutto nel Sud, dove si registra fra l’altro un sorprendente balzo in avanti della regione Puglia.

 Il confronto più interessante riguarda la lettura perché, essendo per la seconda volta (la prima fu nel 2000) l’ambito di specifico approfondimento dell’indagine, i divari mettono in piena luce l’inversione di tendenza. Qui, con un punteggio di 486 - la media Ocse è calata a 493 dai 500 punti del 2000 – l’Italia risale dal 33° al 29° posto, e il divario si accorcia 7 punti. Un netto miglioramento rispetto ai 23 punti del 2006, ai 18 del 2004, ai 13 del 2000.

Analoghi, anche se meno consistenti e meno significativi perché riferiti a periodi più brevi, i dati di tendenza in matematica In una classifica che comprende ormai 74 paesi, e tutti e 34 i paesi Ocse, l’Italia è ancora 35° (con 483 punti contro i 496 della media Ocse), ma il divario si accorcia di 13 punti rispetto al 2006 e di 21 rispetto al 2003. Dimezzato il divario anche in scienze - anche qui siamo al 35° posto - con 12 punti rispetto ai 25 del 2006.

Importanti, in lettura, le performances delle ragazze, con un punteggio medio di 510, significativamente superiore alla media Ocse e superiore di ben 46 punti rispetto alla media maschile (464 ). Sarà vero che tutto ciò si spiega con una maggiore propensione femminile a dar valore al proprio spazio interiore e a nutrirlo con la lettura ? E’ un fatto che questa differenza di genere si riscontra in tutti i paesi e dovrebbe, come il diffuso svantaggio che c’è invece in matematica, essere meglio studiata, anche con analisi sul campo, visto che è poi da lì che derivano molte diversità tra ragazzi e ragazze nella scelta degli indirizzi di studio e, per questa via, anche una parte dello svantaggio femminile nel rapporto con il mercato del lavoro.

Da approfondire, ma ci vorrà del tempo e indagini di tipo anche locale, i motivi per cui – in un Nord che supera nettamente la media Ocse – peggiorano invece i risultati del Nord Est . Vi ha contribuito il fatto che per la prima volta nel gruppo nel Nord sia entrato anche il Trentino, che ha sì buoni risultati ma anche una quota più importante di istituti tecnici, un settore scolastico decisivo per il nostro comparto manifatturiero che però, nel paese paradiso dei licei , abbassa sempre la media? O sarà invece, come sostengono commentatori che evidentemente non guardano alle analogie da questo punto di vista con il forte Nord-Ovest ( la Lombardia resta nettamente in testa alla classifica nazionale, e sopra la media Ocse) perché nel Nord Est è aumentato di molto il numero degli studenti di provenienza straniera?


Incuriosiscono anche, oltre alla stabilità del Centro, e al diffuso miglioramento del Sud, le differenze tra Abruzzo e Puglia – entrambe sopra la media nazionale, ma con una Puglia che in matematica accresce le sue performances di ben 50 punti – e gli enormi ritardi di Campania, Calabria, Sicilia; mentre Basilicata, Sardegna, Molise sono ancora sotto media ma con divari modesti. Ci sono fattori locali che spiegano questa disarticolazione? E di che tipo? Non è ininfluente venirne a capo visto che, in un sistema scolastico nazionale e in coerenza con il principio dell’equità, si dovrebbe lavorare non per dare voti agli eccellenti e agli scadenti, ma per supportare il miglioramento di chi resta indietro.

E’ comunque probabile che sulla positiva inversione di tendenza, riconosciuta anche dagli esperti dell’Ocse che ci inseriscono nel gruppetto - dal Messico alla Germania- dei paesi a ‘maggior cambiamento positivo’, abbia pesato, più che un miglioramento effettivo dei risultati di apprendimento, qualche altro fattore. Per esempio il fatto che finalmente gli insegnanti italiani, forse più in alcune aree territoriali e meno in altre, stiano smettendo di litigare con ogni dispositivo di verifica ‘esterno’, interpretato ancora qualche anno fa come un’indebita intrusione nel proprio monopolio valutativo…

Ma se fosse così, se si dovesse accertare che i migliori risultati derivano principalmente da una maggiore dimestichezza degli studenti con questo tipo di prove, ne deriverebbero alcune importanti conclusioni. Tra cui che il merito dei miglioramenti è da attribuire per intero agli insegnanti , e al progressivo superamento di certi antichi pregiudizi anche nelle scuole del Sud, di solito le più lente nell’innovazione. Una bella lezione per la politica. Quella di destra, che propugna la restaurazione della scuola delle ‘conoscenze’- tanto più alte e preziose quanto più astratte - di cinquant’anni fa. Quella di sinistra, in cui tanti continuano a masticare amaro e a diffidare di una valutazione esterna basata su indicatori oggettivi, da cui potrebbero prima o poi derivare anche pericolose valutazioni delle performances dei singoli istituti scolastici e addirittura dei singoli insegnanti. E se i professori, invece, cominciassero ad essere più avanti della politica e delle organizzazioni che li rappresentano? 

Ma la miniera Ocse descrive puntualmente anche quello che ostinatamente non funziona, nel sistema scolastico italiano.

Intanto le grandi differenze tra licei, tecnici, istituti e formazione professionale. I divari in lettura restano enormi, assai più larghi che in altri paesi con migliori performances, tra i 541 punti dei liceali, i 476 dei tecnici, i 417 dei professionali, i 399 della formazione professionale. Ma resta altissima anche la varianza tra scuole, con una media del 62% e il picco siciliano del 64%, comunque sempre più vistosa di quella – che intuitivamente dovrebbe essere invece maggiore – riscontrabile tra gli studenti di uno stesso istituto scolastico.

Che cosa significa? Che in Italia l’indirizzo scolastico non viene scelto in base agli effettivi interessi e vocazioni dei ragazzi, ma alla condizione sociale e culturale delle famiglie d’origine. Che permangono, nella cultura sociale e professionale, le tradizionali differenze gerarchiche tra tipi di scuola, e che sono queste a trascinare vere e proprie forme di segregazione formativa su base sociale. Che la vera differenza nelle performances degli studenti la fa il frequentare un indirizzo piuttosto che un altro, e perfino una scuola piuttosto che un’altra anche dello stesso indirizzo, anche nella stessa città e nello stesso quartiere. Che le competenze per la vita, comprendere un testo o saper risolvere un problema, che sono decisive per tutti, anche per chi farà il cuoco o l’elettrotecnico, non sono distribuite in modo sufficientemente omogeneo tra gli studenti. Un disastro, dal punto di vista dell’equità e del ruolo sociale del sistema scolastico, e anche delle richieste sempre più esigenti del mondo del lavoro.

Anche qui i numeri parlano chiaro. La bassa collocazione italiana nella classifica internazionale si spiega non solo con una percentuale di studenti nei livelli cosiddetti di eccellenza piuttosto limitata (5,8%) e inferiore alla media Ocse (7,6%), ma soprattutto con una percentuale superiore di studenti al di sotto del livello basso, 21% contro 19% della media Ocse Un punto della massima importanza, su cui insistono gli esperti Ocse. Perché i sistemi scolastici più virtuosi, i più efficienti ed efficaci, non sono quelli con gli studenti più bravi ma quelli che riescono a tenere più stretta la forbice tra i migliori e i peggiori. Da questo punto di vista l’Italia non presenta alcun miglioramento…”

Ho riportato gran parte dell’articolo della Farinelli, sebbene fosse molto lungo, perché ritengo che le sue analisi siano approfondite e di grande interesse anche se chi esprime queste valutazioni è un “non addetto ai lavori” come me, che però ha una figlia che frequenta la terza classe di un liceo scientifico e che quindi certi problemi li conosce quasi in prima persona. Concludo rilevando che le considerazioni della Farinelli dovrebbero essere esaminate attentamente da molti insegnanti, da molti dirigenti scolastici o presidi (è meglio chiamarli con il loro vecchio nome…), da molti funzionari ministeriali, da molti sindacalisti della scuola e non, da molti esponenti politici e, perché no, dalla stessa Gelmini. Ma non credo, purtroppo, che ciò avverrà.

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.126) 19 dicembre 2010 16:02

    Bah! sarà anche come dice l’Ocse - Pisa , ma la prima cosa che mi viene da osservare è che i dati emersi replicano la situazione socio economica e culturale delle varie regioni del paese .E’ evidente che non possiamo confrontarci con un paese ,come per es. la Finlandia , dove non esistono forti disomogeneità "ambientali" come in Italia . Però mentre il nostro sistema scolastico , pur con tutte le pecche del caso, sforna ancora eccellenze in tutti i campi , non altrettanto avviene in molti dei paesi che ci precedono abbondantemente in questa graduatoria .

    Una cosa che invece ho notato , a partire dai primi anni ottanta , è la progressiva femminilizzazione del corpo insegnante a livello di scuola media . E’ questo dato deve far riflettere molto attentamente sui rischi di una impostazione didattica di tipo mnemonico ,piuttosto che logico induttiva . Questo per es. spiega le migliori performance delle ragazze anche se, bisogna riconoscerlo , leggono e studiano più dei coetanei maschi . Ma non vorrei che ci fosse proprio un deficit di stimolo iniziale .
    Complessivamente mi sento di poter dire ,anche per esperienze dirette, che il livello qualitativo , sia che si tratti di licei sia che si tratti di istituti tecnici ,si è progressivamente abbassato in maniera molto preoccupante . E’ ora che qualcuno se ne occupi senza cercare di politicizzare un problema che investe tutta la nostra società ed il suo futuro.

    paolo

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