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Quanto costano quelle fotografie di Stefano Cucchi

Può darsi che le foto di Stefano Cucchi da morto servano a dare a quel giovane la giustizia che non ha avuto da vivo. Quegli scatti atroci che annodano le viscere in un pugno stretto sotto lo pelle dello stomaco hanno fatto il giro della Rete, dei quotidiani e delle televisioni. Come per l’omicidio di Neda, la giovane iraniana uccisa nel corso di una manifestazione contro il regime, quelle immagini hanno smosso sentimenti e coscienze, facendo alzare alte le grida di chi non riesce a guardarle senza un moto di pietà, o un sussulto di umanità, di dolore, un brivido di fronte a quelle ossa rotte, quella carne tumefatta. 


Ma quelle foto (la loro diffusione pubblica) sono un errore, oltre che un orrore. E non è tanto il contenuto delle immagini a caricare di pericolo la pubblicazione di quegli scatti. Non siamo solamente al cospetto di una fotografia terribile che fa deviare gli occhi dallo schermo, o fa coprire gli occhi dei nostri figli qualora si trovassero a transitare nei dintorni mentre le stiamo guardando. Siamo in presenza di una modalità comunicativa che fa del “vedere tutto” un pericoloso precedente. In modo sacrosanto, sulla scia emotiva innescata da quelle immagini si stanno muovendo la magistratura e la politica, il giornalismo e la società civile.


Quelle immagini sono diventate la benzina della coscienza, hanno innescato discussioni, richieste, appelli, voci che chiedono giustizia e verità. Ci hanno strappato dal pantano delle spallucce e dei “non posso farci nulla”. Ma quelle immagini (la loro diffusione pubblica) sono pericolose. Perché il pericolo che corriamo, volenti o nolenti, è quello di alzare un centimetro di più, ancora una volta, l’asticella che misura il livello della nostra sete di giustizia e verità. Di assumere, volenti o nolenti, una postura di lotta e di opposizione contro le bugie, gli insabbiamenti, le censure e le violenze del Potere che scatta solo quando sotto gli occhi ci vengono squadernati video e foto o audio. Rischiando, di fronte ai prossimi Stefano Cucchi, o alle prossime Neda, di voler vedere altrettanto, di voler vedere ancora (o addirittura di più). E non per morbosità o voyeurismo, come quelli che in autostrada rallentano per dare una sbirciatina al lenzuolo insanguinato sull’altro lato della carreggiata. Ma perché, così facendo, si rischia che - se qualcosa non ce la mostra youtube, o facebook, o una galleria di fotografie sui siti dei quotidiani – quella cosa non esiste, non ci (s)muove, non dà fiato alle nostre voci per chiedere giustizia e verità. Perché quando avremo visto tutto, non ci resterà più niente da vedere. Di Federico Aldrovandi abbiamo visto una foto col viso violaceo, la smorfia della morte sulla faccia. Di Neda, già qualcosa in più: il sangue che, proprio in quel momento, usciva a fiotti dalla bocca, dal naso, gli occhi che si spegnevano secondo dopo secondo. Del povero Stefano Cucchi abbiamo adesso un intero, spaventoso set live dall’obitorio, roba che fa tremare le vene ai polsi.
 
L’esplosione di un afflato civile capace di aggregarsi efficacemente ormai solo attorno a quello che si vede, a quello che è misurabile pixel per pixel, scatto dopo scatto, ridimensiona pericolosamente il perimetro di un sacrosanto movimento assetato, in casi come questo, di giustizia e verità e onore da restituire a un corpo sfondato, abusato, vilipeso. Sommerse dalla ridondanza delle immagini, le parole rischiano di affogare, e non bastare più. Quando lo sdegno nasce dalla rappresentazione di una realtà dolorosa, diventano più tollerabili le realtà meno rappresentate, o non rappresentate per nulla. La coscienza morale è un congegno complicato. Per avere orrore di un orrore, rischia di non bastare più che quell’orrore esista. E non ci basta nemmeno vederla direttamente, una realtà orribile, perché arrivi a scuoterci; rischiamo di aver bisogno di osservarla mediata attraverso un occhio che non è il nostro occhio umano. Se la gravità morale fa sentire la sua forza attrattiva solo quando ne abbiamo abbastanza, precipitiamo a corpo morto verso cosa? Verso l’orrore in sé, o verso la consapevolezza che quell’orrore ci coglie impreparati ad ammetterlo? Al cospetto dello Stefano Cucchi prossimo venturo, davanti al dolore di sua madre – davanti al dolore degli altri, direbbe Susan Sontag - in lacrime al telegiornale, che denuncia la morte inspiegabile di suo figlio, potremmo un giorno guardarci intorno, e non vedere nulla, se non il dolore nudo di una madre, e una denuncia alla Procura della Repubblica redatta in Times new roman da quella donna straziata. E senza il supporto di un audiovisivo qualsiasi, senza l’indignazione provocata da quelle povere mascelle sfasciate, da quelle arcate oculari tumefatte, da quella schiena fratturata, potremmo trovarci, quel giorno, a mormorare qualcosa di critico sulla giustizia italiana, o sulla violenza che ancora alligna in certi settori malati delle forze dell’ordine, sul fatto che ormai non c’è più giustizia, per poi tornare a sorvegliare la cottura degli spaghetti sul fuoco.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.231) 31 ottobre 2009 17:57

    Una tv che vuol dare le notizie e solo le notizie avrebbe pubblicizzato solo un paio di immagini (fisse) dell’uomo giustiziato al bar di Napoli. Quelle più utili per identificare l’assassino ed il suo palo. Una tv di questo tipo non continuerebbe per giorni a far vedere il volto e la schiena tumefatta di Stefano Cucchi. Da una tv governata da Audience e replicanti e fatta da Untori della parola non si può che essere Travolti dalle informazioni nella versione più shoccante. (questo e altro => http://forum.wineuropa.it )

  • Di Massimo (---.---.---.197) 1 novembre 2009 13:20

    "Ma perché, così facendo, si rischia che - se qualcosa non ce la mostra youtube, o facebook, o una galleria di fotografie sui siti dei quotidiani – quella cosa non esiste, non ci (s)muove, non dà fiato alle nostre voci per chiedere giustizia e verità." e secondo te ,queste notizie da chi le dovremmo avere,da Minzolini? Tutte le denunce e le polemiche su questo caso ,sono partite DOPO la pubblicazione delle foto , è questa la Stampa che vorrei SEMPRE!!!

    Massimo

  • Di (---.---.---.194) 1 novembre 2009 14:30

    caduta un cazzo... stefano è stato ucciso di botte per pochi grammi di fumo...vergogna italiana..disonore e morte all’arma dei carabinieri...sentite condoglianze alla famiglia.

  • Di Lorenzo (---.---.---.135) 2 novembre 2009 14:26

    Si devono pubblicare le immagini, per rendersi conto di quello di cui si parla. Per lo stesso identico motivo per cui si va in gita ad Auschwitz: toccare con mano qualcosa che solo si legge.

    E’ pura demagogia ipocrita parlare di "non offendere le coscienze"; non è la pubblicazione delle foto a offendere è il fatto in sè che offende.

    Ma scrivere un articolo sul fatto e non sul problema delle immagini, non era un comportamento più coerente e civile?

  • Di federica sgaggio (---.---.---.237) 2 novembre 2009 14:29

     No, Piero.
    Sono giornalista.
    Un giornalista ha il dovere di far vedere.
    Non possiamo edulcorare la realtà solo per il rischio che se ne possa produrre un effetto di assuefazione.
    L’assuefazione non è indotta dal troppo vedere, ma dalla mancanza di anticorpi, credo.

    L’immagine non c’entra.
    C’entra il nostro dovere di mostrare la realtà.
    Che non tutti lo si faccia, caspita, è verissimo.
    Che ci sia più verità in una pagina di libro che in un pezzo di giornale, è verissimo.
    Però io, singolo giornalista, ho il dovere di far vedere.
    È il mio statuto professionale.
    Senno, facevo il politico.

    Chi non vuole vedere, chiuda pure gli occhi.
    Io ho il dovere di tenerli aperti.

  • Di Francesco Raiola (---.---.---.192) 2 novembre 2009 14:52
    Francesco Raiola

    A volte credo ci vorrebbe una lettura un po’ meno semplicistica. Ci sono diversi gradi di lettura probabilmente.
    Credo che le immagini (se proprio DOBBIAMO vederle) dovrebbero al massimo essere una prova in più, non il motivo da cui scaturisce tutto. Non possiamo non indignarci se non veniamo puntualmente sconvolti, è assurdo.

    Tutti sconvolti per il video di Napoli: “Oh mio dio!”. Oh mio dio? Ma dove viviamo? Perché tutti ci indignamo ora che sono uscite le immagini e nessuno se n’è fregato nulla quando bacioterracino è morto? E’ qui il problema, credo. Lo so, indignarsi, incazzarsi etc stanca, anche perché ormai è pratica quotidiana, ma bisogna farlo, e non solo quando rimaniamo sconvolti da immagini del gener

    Nessuno chiede la censura (Piero scusa se interpreto), ma solo che non ci sia bisogno di arrivare a dover mostrare queste foto per avere giustizia.

    E Aldo Bianzino? E Niki Aprile Gatti? Nessuno ne parla. Pochi articoli sparsi. Giusto! Di loro non ci sono foto. Ma non vi ho visto indignarvi allo stesso modo. Non si è creata discussione. Ecco, è questo il punto!

    Sembra di essere su dei livelli diversi, tutto si estremizza. Credo che un ragionamento del genere (”I genitori hanno fatto bene a farle pubblicare, ma vorrei vivere in un paese in cui la giustizia non dipenda solo dall’indignazione delle persone dopo una foto”, scusa sempre se interpreto) non sia poi così assurdo

    Forse è utopico cercare di arrivare a questo, ma è una riflessione che, secondo me ci voleva.

  • Di (---.---.---.255) 2 novembre 2009 22:50
    Non credo che l’opinione pubblica sia molto turbata da questo “omicidio di stato”, d’altronde uccidere di percosse e torture, ha costi molto inferiori di un processo penale. Mi scuso di queste parole con la famiglia del defunto Stefano, ma in un certo senso non bisogna scandalizzarsi di quello che succede, siamo distratti dalle nostre (vostre) passioni; tv, calcio, musica, cinema, mode, donne e motori, ma poi quando ci si scontra singolarmente e personalmente con la realtà che d’impatto ci fa tornare coi piedi per terra, allora ne siamo sconvolti. Politici, industriali e magnati, potenti e facoltosi godono del narcisismo , della vanità e delle passioni ricreative di cui ci rallegriamo noi “poveri cristi “e ci mettono in competizione l’un l’altro facendoci trovare una ragione di successo che ci appaga facendoci dimenticare o distraendoci da quello che succede veramente intorno a noi ed a cui dovremmo prestare più attenzione. Anche nell’antica Roma il colosseo fu costruito a questo scopo, come vediamo la storia non cambia nel tempo, ed anche la domus aurea costruita di fronte ad esso, la potremmo benissimo associare ad una villetta di Arcore, con i suoi lustri e le sue innovazioni architettoniche
    Cosa succederebbe se facessimo almeno alla pari, come quello che succede per le partite di calcio e per le tifoserie, se un terzo della citta’ di Roma si mobilitasse davanti il carcere di rebibbia aspettando che escano le guardie carcerarie per tiragli le orecchie ad ognuno che esca da quella porta (come fanno i tifosi quando la propria squadra vuol vendere il miglior fuoriclasse), ed almeno una volta per ogni persona fuori ad attenderli? (Nessuno di voi ha un amico che fa la guardia carceraria e vi racconta come funziona lì dentro? Nessuno vi racconta di quelle donne con voglia di potere e di aumenti di gradi e di stipendio forse proprio in rivalsa al fatto che sono donne, comportarsi come delle bestie con dei semplici “fermati” , siamo sicuri che non avete mai sentito storie così, altrimenti devo pensare che siete omertosi per convenienza perché tutto sommato noi italiani, teniamo famiglia) forse manderebbero i nuclei anti-sommossa a placare la situazione. Se succedesse questo sarebbe un fatto molto grave politicamente, perché agli occhi del mondo sembrerebbe simile ad un colpo di stato in quanto la mobilitazione del popolo non è dovuta al comportamento di un singolo ma di un comportamento di stato solito e comprovato già dagli eventi passati ed assolutamente anticostituzionale ed immorale verso i diritti umani.  
    Diciamocelo (anzi dicetevelo) siamo troppo occupati a scegliere occhiali a specchio, o a spararci la musica nelle orecchie con i bianchissimi lettori di musica dal marchio d’elite, cosi come nello scegliere il telefonino più consono alla nostra personalità , scegliere un’auto che sia paragonabile al nostro status, ma soprattutto fare satira su quello che non funziona anzichè fare qualcosa per metterlo in ordine. 

    Se giustizia ci fosse stata, adesso Stefano starebbe scontando "per direttissima" al massimo un paio d’anni di carcere, se giustizia ci sarà, i responsabili di questo omicidio dovrebbero avere l’ergastolo perchè questo omicidio va ben oltre i 15 anni di un "colposo" per gli abusi di potere che sono stati fatti e le ragioni per cui è stato commesso, il tutto come sempre coperto da chi fa dello stato oggetto di repressione verso i deboli e di convenienza personale. 
  • Di Massimo (---.---.---.8) 3 novembre 2009 10:49

    Ho bisogno di giornalisti che mostrino la verità, condividano il loro sapere.

    Non ho bisogno di giornalisti che proteggano i miei occhi, e magari anche le mie orecchie.

  • Di andrea tj (---.---.---.15) 6 novembre 2009 11:55

     Guarda caso oggi su Repubblica pubblicano le foto segnaletiche che dimostrano che Cucchi è arrivato in carcere già torturato ( sì questo è il termine giusto).
    Perchè non le hanno fatte vedere prima? O meglio, perchè nessuno ne ha parlato prima per levare ogni dubbio?
    Perchè in questo paese siamo omertosi, mafiosi dentro l’anima, e ogni pezzo di questo paese familista, risponde non ai valori ed all’etica democratica costituzionale, ma bensì a quello del suo protettore.

    Sono servite le segnalazioni del blog di Beppe grillo, e le foto della famiglia per avere risposta a diritti che in tanti hanno calpestato, carabinieri, dottori, carcerieri, magistrati e dipendenti del tribunale e quanti altri. 

    Quanti hanno seguito le ultime ore di Stefano Cucchi, hanno visto le condizioni in cui era stato rovinato il ragazzo, perchè non denunciarlo? Perchè non denunciarlo almeno dopo l’accaduto?

    Allora ben venga la rete e le foto sulla rete, che possano scardinare questo sistema vecchio e incancrenito.

    La rete porterà la rivoluzione e farà scomparire questo sistema che sta morendo.

    Andrea Tj

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