Quando una vittima di mafia non è più vittima di mafia. Il caso Giaccone

Paolo Giaccone era medico, direttore dell'Istituto di Medicina Legale del Policlinico Universitario di Palermo. E' stato ucciso da Cosa Nostra per non aver accettato di falsificare una perizia che avrebbe incastrato un killer della mafia. Ieri l'Inpdap e la prefettura di Palermo hanno comunicato alla figlia Milly la sospensione del vitalizio per i parenti delle vittime della criminalità organizzata e del terrorismo mafioso, perchè il padre non sarebbe vittima del 'terrorismo mafioso'
“Nel giorno del ventottesimo anniversario della morte del professor Paolo Giaccone, Direttore dell'Istituto di Medicina Legale del Policlinico Universitario di Palermo, barbaramente ucciso per mano mafiosa l'11 agosto 1982, desidero ricordarne il sacrificio e rinnovarne la memoria. La sua vita è stata per chiunque l'abbia conosciuto esempio di civiltà, rettitudine e integrità morale. All'amore per la verità, al rispetto per l'etica professionale e al rifiuto della corruzione e delle intimidazioni, Paolo Giaccone ha offerto il sacrificio estremo. Oggi noi tutti abbiamo il dovere di ricordare il Suo eroismo quotidiano e silenzioso, la sua passione civile, dote semplice e rara, e nel farlo, prendere coscienza di quale forza straordinaria, quasi rivoluzionaria, possa avere semplicemente compiere il proprio dovere”.
Era l’11 agosto del 2010. Poco meno di un anno fa, e il Presidente del Senato Renato Schifani rendeva omaggio al professor Paolo Giaccone, che per lo stato era una vittima di mafia e del terrorismo mafioso. Medico legale ucciso per non essersi piegato a falsificare una perizia che avrebbe scagionato un killer di Cosa Nostra. Così l’11 agosto 1982 Cosa Nostra decide di eliminarlo tra i viali del Policlinico di Palermo oggi a lui intitolato. La sua determinazione nel rifiutare di falsificare la perizia per far incriminare quel killer che aveva fatto fuori quattro persone a Bagheria nel dicembre del 1981 gli costò la vita a solo 53 anni. Giaccone dirigeva l’istituto di medicina legale del Policlinico di Palermo.
Lasciava la moglie e una figlia, Milly, che diventerà medico a sua volta e poi, nel 1989, dirigente medico dell’azienda “Ospedali Riuniti e Cervello e Villa Sofia”. Nel maggio 2010 dall’ufficio del personale dell’azienda le fanno sapere che ha diritto al collocamento a riposo per limiti di servizio grazie alla legge che tutela le vittime della mafia. Nel gennaio 2011 la Prefettura con regolare delibera approva la richiesta della Giaccone e riconosce alla figlia del medico ucciso da Cosa Nostra il vitalizio in quanto familiare di ‘vittima della criminalità organizzata e del terrorismo mafioso’.
Ma a quasi 28 anni di distanza dall’omicidio Giaccone qualcosa è cambiato, nonostante la morte del medico legale sia sempre la stessa. Paolo Giaccone “non rientra nella categoria delle vittime di “terrorismo mafioso e criminalità organizzata””. Lo fa sapere l’Inpdap alla figlia Milly che avrà conferma anche dal viceprefetto Maria Pedone della prefettura di Palermo, che, “senza grandi spiegazioni – dice Milly Giaccone - mi ha confermato che mio padre non rientra fra le “vittime del terrorismo mafioso”” e per questo lei non può essere considerata familiare di vittima di mafia.
Eppure Giaccone, che non aveva accettato di “ammorbidirsi” alle richieste di Cosa Nostra, fu assassinato proprio per mano di Cosa Nostra. Per questo delitto sono stati condannati Filippo Marchese, come mandante, e Salvatore Rotolo come esecutore. Nel 1995 la corte d'appello ha condannato dieci componenti della cupola mafiosa per lo stesso omicidio.
Una storia su cui la Prefettura e l’ente pensionistico Inpdap sono chiamati a fare luce al più presto, prima di tutto per rispetto verso la figura di un uomo coraggioso come è stato il professor Paolo Giaccone, che sembra essere diventato una ‘vittima di serie B’ per via di una burocrazia troppo spesso cieca.
Appresa la notizia Il parlamentare regionale del Pdl Salvino Caputo, che ha reso nota la vicenda, ha presentato un’interrogazione parlamentare al Governo della Regione e ha chiesto l’intervento del ministro dell’Interno Roberto Maroni
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