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Proposta di un programma politico- economico controrivoluzionario

Proposta di un programma politico- economico controrivoluzionario

La seguente è un’analisi politica-economica e una proposta di programma politico-economico controrivoluzionario rivolto ai partiti che vogliono realmente risolvere la crisi economica in favore della maggioranza della popolazione. I programmi politici in generale, infatti, sembrano non accorgersi che sono i molti e non i pochi che soffrono maggiormente gli effetti della crisi economica ancora in atto; e li soffrono letteralmente sulla propria pelle, viste le difficoltà sempre crescenti nel risolvere i problemi che pone la pura sopravvivenza quotidiana. Non è più da anni ormai, invero, solo una questione di qualità della vita, visto il generale aumento di persone costrette a stringere sempre più la cinghia per arrivare alla fatidica fine del mese o alla terza settimana (e dopo come fanno?), o, ancora peggio, a servirsi delle mense dei poveri per sfamarsi. E’ diventata soprattutto una questione vitale, una situazione non più sostenibile dato che la classica corda è stata tirata troppo dai detentori del potere economico e quindi politico, prossima al punto di rottura.

 In linea di massima tale programma potrebbe definirsi di sinistra, ma oggi, se non si vuole andare contro la storia e negare l’effettiva trasversalità politica del dovere di chiunque abbia la capacità di risolvere temi sociali fondamentali per la stessa sopravvivenza dell’umanità, quali la salvaguardia dell’ambiente e di un generale tenore di vita che non ci riporti ad epoche feudali, non ha senso attribuire ad esso una qualsiasi colorazione ideologica o politica. 

Se in Italia ad esempio, un nutrito gruppo di destra e anzi con radici storiche di estrema destra sente la necessità di staccarsi da un partito del quale non condivide più la linea politica troppo spostata verso interessi di nicchia e che per garantirli e mantenerli nel tempo ha varato e vorrebbe varare ancora delle leggi vergognosamente anticostituzionali e antidemocratiche, significa che la trasversalità della soluzione di problemi sempre più pressanti comincia per fortuna a fare capolino. Se a sentire parlare un Gianfranco Fini dei diritti degli immigrati dopo avere scritto e approvato la famigerata Bossi-Fini, di quelli delle coppie di fatto e, finalmente di legge uguale per tutti dopo avere appoggiato una miriade di leggi ad personam, pare di ascoltare un Di Pietro, qualcosa, ancora allo stadio larvale, sta succedendo, come qualcosa, molto più in grande e più o meno manifesto è già successo, quando politici diciamo di sinistra hanno favorito attraverso la loro azione politica a dir poco subdola gli interessi dei pochi.

Basta andare a vedere la lista degli invitati ai consessi segreti del Club Bilderberg: Bill Clinton è stato presente nel 1991 e un anno dopo è diventato Presidente degli USA; Tony Blair nel 1993 e l’anno dopo diventa leader del Partito Laburista e nel 1997 Primo Ministro; Romano Prodi nel 1999 e nello stesso anno riceve l’incarico di Presidente della UE fino al 2005 e l’anno dopo diventa Presidente del Consiglio. Lo stesso Barack Obama ha perso le elezioni di mid-term per aver voluto “dialogare” troppo con gli avversari repubblicani, concedendo decisamente troppo agli interessi che questi rappresentano, e poco o niente a quelli della popolazione che due anni fa lo aveva fatto vincere vedendo in lui quasi un nuovo messia. 

 Ora in casa nostra sta accadendo finalmente un’inevitabile inversione di tendenza per non rimanere fuori dagli inarrestabili processi storici? Forse è ancora presto per dirlo. Certo, in Italia l’enorme dimensione del problema della illegalità e del generale conflitto d’interessi può sembrare un fatto quasi endemico e molto più estremizzato, specie negli ultimi 16 anni a causa di un premier padrone di aziende, per cui è diventata inevitabile e quasi fisiologica un’azione contraria e di uguale intensità, come in fisica, per riequilibrare le cose; ma non si può negare che il problema è epidemico: ovunque si avverte sempre più un gigantesco conflitto d’interessi che ha ridotto il concetto di democrazia a una pura convenzione formale.

Il voto di qualunque cittadino, dal Nord al Sud e dall’Est a all’Ovest del mondo, è diventato qualcosa di subdolamente influenzabile, manovrabile e orientabile, visto che chi ha il potere economico nelle mani detiene anche quello mediatico, e assodato che è l’informazione a creare le coscienze e quindi le opinioni e quindi il consenso elettorale che non può che risultare falsato se gran parte dei media che raggiungono il vasto pubblico fanno disinformazione di parte. A tal proposito raccomando di andarsi a leggere "Le 10 Strategie di Manipolazione Mediatica" del linguista americano Noam Chomsky; basta digitare questo titolo su Google per trovarle; e, sempre dello stesso autore, il libro dall’illuminante titolo La Fabbrica del Consenso.

  Il nostro pianeta è sempre più impoverito, inquinato e devastato da catastrofici eventi climatici sempre più estremi a causa dell’uso sconsiderato che si è fatto e si continua a fare delle sue risorse e della scienza e della tecnologia che hanno migliorato i nostri agi ormai niente affatto sostenibili se gli estrattori di risorse e i produttori di beni inseguono unicamente e ciecamente il profitto, trasformandosi in potenti lobby che del bene comune e della salvaguardia del pianeta non gliene importa proprio un bel niente.

Una cecità, a mio parere, che non può durare ancora a lungo poiché saranno costretti dagli eventi ad accorgersi e soprattutto ad ammettere che essa gli si ritorcerà contro come un boomerang lanciato circa un mezzo secolo fa. Ormai il boomerang ha fatto il giro di boa e si dirige con una velocità direttamente proporzionale al progresso scientifico e tecnologico diritto sulle loro e le nostre teste, ma ciò che conta contro i loro stessi enormi interessi economici, e soprattutto questi a loro interessano. Quando le lobby si accorgeranno che il tentativo di arraffare tutto l’arraffabile del pianeta alla lunga condurrà alla povertà delle masse che non avranno più niente da spendere per acquistare i beni e i servizi più voluttuari da loro prodotti, che faranno? Li immagazzineranno insieme all’immenso denaro indebitamente accumulato? O dovranno piuttosto rendersi conto che ridistribuire ricchezza crea infine ricchezza? Vedremo. A mio parere dovranno ricredersi soprattutto per tutelare i loro interessi. Non si pretende che lo facciano per metterci al riparo dai rischi ambientali e dall’esaurimento delle risorse naturali a cui andiamo tutti incontro se continuano ad estrarre e a produrre beni senza un minimo di eco-sostenibilità.

 Finora le guerre, le catastrofi ambientali e le malattie per le lobby sono state una manna dal cielo, un business gigantesco talmente irrinunciabile che è probabile che abbiano pensato e già realizzato da tempo anche le strategie e la tecnologia per provocarne volontariamente alcune. Sì, ciò è certamente terribile e di un cinismo inimmaginabile, ma la storia è anche questa per quanto sconvolgente e inaccettabile possa rivelarsi. L’uomo è capace di tutto! La cosiddetta Shock Economy – L’ascesa del capitalismo dei disastri, titolo del libro della giornalista canadese Naomi Klein, autrice anche di No logo, libro definito la “Bibbia del movimento antiglobalizzazione”, è anche un antico progetto scellerato divenuto purtroppo una tragica e sconvolgente realtà.

Quello che è raccontato in Shock Economy era già stato proclamato dal guru dell’ultraliberismo Milton Friedman (deregolamentazione selvaggia, privatizzazioni a tappeto - e possibilmente a prezzi stracciati - e tagli consistenti alla spesa sociale) negli anni ’60 con le seguenti parole: Solo uno shock - provocato da un cataclisma naturale o dalla violenza intenzionale della guerra, del terrorismo, della tortura – può trasformare il “politicamente impossibile” in “politicamente inevitabile”. Chissà se egli, nell’enunciare simile cinico proclama, immaginava fino a che punto potessero spingersi le generazioni future. Fatto sta che i suoi zelanti allievi formatisi nella a questo punto famigerata Scuola di Chicago, l’hanno messo in pratica con grande abilità. L’11 settembre ad esempio ha consentito a Bush e al suo staff neocon di appaltare ad aziende private la sicurezza interna e la guerra in Iraq; lo tsunami di Sumatra ha sloggiato provvidenzialmente centinaia di migliaia di pescatori dalle coste dell’Oceano Indiano liberandole per nuovi villaggi turistici, e l’uragano Katrina ha spazzato le case popolari e le scuole pubbliche di New Orleans, prontamente rimpiazzate con le scuole charter, cioè pubbliche in quanto a sovvenzioni statali attraverso i buoni spesa, ma gestite da privati in quanto a utili e regole.

 Anche in Italia nel nostro piccolo abbiamo i fanatici dei disastri, come i due costruttori raggianti di felicità in una telefonata avvenuta alcuni istanti dopo aver saputo del terremoto in Abruzzo. Restando in Italia e ritornando al programma politico-economico controrivoluzionario (dato che quello ultraliberale sta tentando di cancellare in qualche decennio le rivoluzionarie conquiste sociali ottenute in un paio di secoli) che vorrei proporre ai partiti di sinistra italiani quali il Pd, Idv, Sinistra Ecologia Libertà, Movimento cinque stelle (ambiente, acqua, sviluppo, connettività, trasporti), Rifondazione Comunisti Italiani e, se possibile, a qualunque altro partito a cui sta a cuore la sorte del pianeta e dell’umanità e non quella degli interessi dei pochi. A dire il vero, la volontà di realizzarlo dovrebbe appartenere tradizionalmente ai partiti di sinistra fisiologicamente nati con l’obiettivo della giustizia sociale. Ad ogni modo, oltre al necessario programma politico di salvaguardia ambientale, di lotta alla corruzione e alla illegalità in generale, è indispensabile affiancare una politica economica efficace per fronteggiare l’attuale crisi, invece che cercare di ridimensionarla nella sua gravità o addirittura colpevolmente negarla.

 Non va certo nel senso della giustizia sociale, e quindi nemmeno in un senso risolutivo della crisi, una manovra finanziaria da 25 miliardi di euro fatta unicamente di irresponsabili (o subdolamente strategici?) e consistenti tagli alla spesa di servizi pubblici essenziali quali scuola, cultura, sanità e giustizia, e congelamenti di stipendi. Ciò aggrava soltanto la situazione delle famiglie italiane e soprattutto compromette il futuro sociale ed economico del Paese, privato delle risorse finanziarie per rilanciare l’istruzione, la cultura e la ricerca, principali motori dello sviluppo economico e sociale. Altroché se con la cultura non si mangia! Con essa invece ci si nutre sia il corpo che l’anima in uno straordinario e magnifico circolo virtuoso innescato qualche secolo fa. Vorrei ricordare al ministro Tremonti, che unicamente il progresso culturale e quindi scientifico ci ha portati all’era moderna fatta di cibo e agi, anche se purtroppo diversamente e ingiustamente distribuiti: ma ciò è più colpa della scarsa spiritualità comportata dall’idolatria del nuovo dio denaro e dalla volontà del profitto, che del progresso in sé. Accanto a quello tecnologico si doveva affiancare necessariamente, per non rendere distruttivo il progresso scientifico, l’evoluzione spirituale dell’uomo, che credo nelle masse sia avvenuto poiché per forza di cose sono state tenute distante dalla follia del profitto a tutti i costi, mentre non è potuto accadere in coloro che per criteri sociali di selezione ereditaria o altro si ritrovano assorbiti dalla gestione del denaro e del potere che esso implica, totalmente intenti non solo a conservarlo ma a moltiplicarlo senza prefiggersi alcun limite, secondo la poco illuminata e quindi perversa, disumana necessità del capitalismo fattasi subito ordinamento, scienza e istituzione imperanti.

 In ultima analisi però, a voler considerare la prima e magari anche la seconda (dunque dalla nascita ai 14 anni) delle tre fasi in cui la scienza neuro-psicologica divide l’età evolutiva, poverini, costoro non hanno neanche tanta colpa di tutto ciò, se invece che con i balocchi nell’infanzia hanno dovuto trastullarsi, volenti o nolenti, col denaro e i soldatini di piombo. Crescendo saranno diventati pure colti, plurilaureati e pluridecorati, ma ad anima sono rimasti zero; e si vede la totale mancanza di anima nella loro azione politica! Quindi, sforzandosi a volere essere comprensivi e giustificativi dei loro comportamenti quando questi sono confinati alla loro sfera privata, non si può esserlo più quando invece questi investono quella pubblica. Infatti, nel momento in cui costoro hanno in mano il potere economico e politico e quindi quello decisionale delle sorti delle masse, ciò ci deve preoccupare terribilmente poiché non si tratta più di commiserare dei bambini immaturi che al massimo possono fare del male a se stessi, bensì del dovere di ognuno di noi ad adoperarsi per togliere dalle mani di costoro il potere decisionale del nostro prezioso futuro, che stoltamente considerano alla stregua di un trastullo con cui lenire la loro mortale noia determinata dalla loro pochezza interiore, che inconsapevolmente o meno cercano di compensare attraverso il perseguimento e il consolidamento della ricchezza esteriore, del potere, del dominio globale, tutti ambiti non spirituali in cui riescono ad esplicitare al meglio i loro deviati talenti.

Mi viene in mente Charlie Chaplin nel suo film capolavoro Il Grande Dittatore mentre, impersonando il dittatore di Tomania Adenoid Hynkel, come tutti sanno parodia di Hitler, danza con l’enorme mappamondo gonfiato divertendosi come un bambino a lanciarlo in aria. Ecco, così mi pare che giochino col mondo gli odierni potenti. E allora politici del mondo che non avete ancora bruciato del tutto l’ultimo rimasuglio di saggezza e di umanità, non assecondate più simile tragico e scellerato gioco che alla lunga si ritorcerà contro il genere umano, e riprendete in mano la situazione affidandovi alle esigenze della popolazione!

 Quindi, partiti italiani, volete ricevere la potenziale preferenza di circa 21 milioni di elettori italiani? Se gli parlate chiaro e onestamente potreste ottenerla! Vi assicuro che non sono pazzo, perciò voglio spiegarvi minutamente e spero con chiarezza come conseguire simile enorme consenso. Poco meno di 4 milioni sono gli impiegati statali italiani che con il valore di acquisto dei loro stipendi dimezzato per effetto della conversione della lira in euro e per giunta ora congelati, non se la passano affatto bene. Lo stesso dicasi per gran parte dei circa 17 milioni di pensionati, togliendo qualche migliaio di cosiddetti pensionati d’oro, cioè ex parlamentari, alti dirigenti, manager ecc., una vera casta di privilegiati che magari nel computo delle enormi cifre alla fine contano poco ma sul piano della giustizia sociale fanno molta rabbia, specie nel sapere a quali fantasiosi calcoli contributivi hanno piegato le leggi in proposito, fatte da loro stessi in Parlamento ovviamente, e specie quando con un inedito e assurdo populismo e con suadente paternalismo cercano di convincerci, complici i media, della necessità, determinata dalla crisi, di tagli e austerità. Crisi mondiale determinata da chi? Per ora però tralasciamo ciò. Togliamo anche qualche migliaio di stipendiati d’oro, anche se alla fine cambia poco. Insomma, quei 21 milioni di potenziali elettori riduciamoli per comodità a 20 milioni, lasciando fuori il rimanente milione che non otterrebbe benefici diretti dalla proposta che esporrò, che è di una semplicità estrema.

 In pratica propongo, udite udite!, di raddoppiare gli stipendi medi degli impiegati statali, che da circa 1.300 euro netti s’innalzerebbero a 2.600 euro netti (esentasse, dato che già su di loro gravano oneri fiscali pesantissimi a causa dell’evasione fiscale generalizzata), quanto guadagna pressappoco, ad esempio, un professore tedesco o inglese, dunque niente di eccezionale da pretendere come sacrosanto diritto ad una vita più dignitosa! Una manovra simile, anche se farà inorridire i propugnatori della austerità e della moderazione salariale per evitare, dicono, bancarotte statali (tutta l’Europa, innegabilmente, la sta adottando: ma simile unità d’intenti non significa necessariamente che è la giusta e unica panacea!), in realtà è fattibilissima. In Italia costerebbe circa 5,2 miliardi di euro reperibili eliminando tanti veri sprechi o latrocini. Ad esempio alcune fra le banche d’affari mondiali, tra le quali la Lheman Brothers, la Goldman Sachs e la J. P. Morgan, nel 2007 hanno frodato il fisco italiano e quindi gli italiani per una somma di 4,3 miliardi di euro chiedendo, e ottenendo in tempi sospettosamente rapidi, indebitamente il rimborso del credito d’imposta che invece spetta solo a società residenti in Italia. Lo Stato italiano, come è stato celere nel rimborsare ciò che non doveva, potrebbe esserlo per farsi restituire il maltolto, magari con l’aggiunta degli interessi legali maturati in 3 anni, per rilanciare i consumi di 4 milioni di italiani. Fra l’altro farebbe un’ulteriore opera meritoria togliendo una somma indebita alle banche le quali non sempre utilizzano per fini nobili, quali il finanziamento per acquisto armi, voce che purtroppo rientra nella normale attività delle banche. Inoltre le 600.000 auto blu, decisamente troppe, ci costano 4 miliardi di euro l’anno. Tagliando magari della metà tale spreco risparmieremmo 2 miliardi che aggiunti ai 4,3 di prima assommano 6,3 miliardi di euro, trovando così ampiamente la cifra necessaria per raddoppiare gli stipendi medi degli statali, con una rimanenza di 1,1 miliardi che si potrebbero versare all’INPS per compensare le maggiori spese contributive determinate dal raddoppio appena detto, cumulando così anche una pensione più dignitosa.

 Pure ai pensionati, considerandone 16 milioni con reddito minimo, si potrebbe aumentare la mensilità di 1.300 euro, per cui servirebbero 20,8 miliardi di euro. Dove li prendiamo? Semplice, pretendiamo con petizioni e manifestazioni varie gli 88 miliardi di euro frodati al fisco italiano e quindi a noi cittadini dalle società che gestiscono le slot machine, che lo Stato invece starebbe pressoché abbonandogli, ricorrendo, contro se stesso fra l’altro, a vari e strani cavilli fiscali. Rimarrebbero 67,2 miliardi per incentivare le piccole e medie imprese, determinando sviluppo economico e occupazione. Uno Stato forte con i deboli e debole con i forti non è più credibile. Se agisse al contrario, immaginate 20 milioni di italiani che ogni mese hanno da spendere 26 miliardi di euro in più, quale impulso potrebbero dare all’economia? Mentre non è esattamente calcolabile la ricchezza indotta dai 67,2 miliardi prima detti, ma è certo ricchezza che non andrebbe nelle mani di pochi come invece sta accadendo da qualche decennio, cosa che ha causato enormi disparità sociali in tutto il mondo e continue, funzionali a simile sistema e quindi volontarie crisi economiche. Credeteci, è così! La cosiddetta sudamericarizzazione è già stata esportata in tutto il globo da tempo.

 Restando in Italia, ma anche altrove, la più equa distribuzione della ricchezza prima prospettata comporterebbe più spesa alimentare, più acquisti di abbigliamenti e scarpe ad ogni stagione, più pranzi e cene al ristorante e in pizzeria, più serate al pub, al cinema e al teatro, più turismo culturale nei week end visitando città d’arte e musei, più acquisto di libri, più vacanze e più lunghe, più rottamazioni di auto vecchie e inquinanti da sostituire con altre di nuova generazione che hanno meno consumi e meno emissioni nocive, più acquisti di elettrodomestici, arredamenti e, perché no?, più beni voluttuari, e ancora più costruzioni e ristrutturazioni edilizie con tutto il prezioso indotto che mettono in movimento. Dal rilancio di tutti questi settori appena elencati nascerebbe nuova occupazione, fra l’altro meglio retribuita e con più sacrosanti diritti, perché non ci sarebbe più l’alibi della crisi o comunque, come accade spesso attualmente, la reale necessità di ridimensionare salari e diritti perché si lavora e si fattura poco a causa della crisi. Insomma, un flusso monetario così ridistribuito sarebbe una boccata d’ossigeno per l’economia non indifferente, la quale sicuramente ripartirebbe in quarta come si suol dire.

  Inoltre, legiferando seriamente per recuperare i circa 140 miliardi di euro di evasione fiscale e i circa 60 miliardi di euro che costa la corruzione, lo Stato potrebbe aiutare concretamente tutte le famiglie con basso reddito, i disoccupati per non ridursi all’accattonaggio, gli invalidi, quelli veri, per non essere costretti a incatenarsi per protesta e anche tornare ad investire in nuove infrastrutture veramente utili quali scuole e università pubbliche, ospedali, strutture sportive e carceri visto il sovraffollamento e lo stato pietoso in cui versano invece che ricorrere agli indulti per svuotarli. E potrebbe ristrutturare gli edifici pubblici esistenti che si trovano in una condizione poco dignitosa per chi li abita, quando non sono fatiscenti e a rischio sicurezza per le persone, quali scuole, università, strutture sanitarie, commissariati, caserme, ecc.. E investire in strade, autostrade, aeroporti e ferrovie dove la viabilità è ancora da Terzo Mondo come al Sud. E soprattutto in ricerca, cultura ed energie ecosostenibili. Inoltre, se lo Stato riuscisse a recuperare buona parte delle somme sopradette, una parte potrebbe impiegarla per risanare gradualmente il debito pubblico, o comunque per pagarne gli interessi che ammontano a 82 miliardi di euro annui. Debito schizzato già a circa 1.850 miliardi di euro a causa della irresponsabile spesa pubblica dei governi passati, ma anche attuale, gran parte per sostenere il sistema clientelare, quella sì da tagliare drasticamente. Suddividendolo per ogni italiano vivente, anche quello neonato, viene fuori che ognuno di noi è gravato fin dalla nascita di oltre 30.000 euro di debito. Da considerare inoltre che oggi il nostro deficit ha raggiunto il 116 % nel rapporto Debito/Pil. Badate che in Argentina nel momento del crac finanziario più clamoroso della storia arrivò al 138%. Alcuni arrivano già a proporre la privatizzazione, cosa niente affatto saggia per tentare di ridurre il debito pubblico, come fece l’Argentina e tanti altri stati, compresa l’Italia in passato. Chissà perché, ma ciò suona come: “Evviva, svendiamo il patrimonio dello Stato!” Già vedo potenti affaristi dagli occhi libidinosi fregarsi le mani e con l’acquolina in bocca. Si deve sapere che vendendo, o svendendo, inizialmente il debito si riduce un po’, ma poi risale perché le spese impellenti rimangono e soprattutto le clientele, con la beffa di avere ceduto i pezzi più appetibili del patrimonio pubblico ai famelici privati che nel frattempo hanno ridotto i salari e licenziato in nome del profitto, senza alcun freno normativo derivante da contratti equi, aggravando ancor più le disparità sociali. Anche a questo disegno criminoso serve innalzare il debito pubblico.

 Probabilmente la mia proposta verrà tacciata di pericolosa follia (magari rossa, violenta e sovversiva il cui autore è certamente da menare) da chi ha in qualche modo la mangiatoia nel sistema, che troverà probabilmente gli argomenti convincenti per smontarla pezzo per pezzo: sono tutti così abili con le parole! E io preventivamente gli rispondo che sì, sono pazzo da legare, da TSO urgente, se folle è chi non si conformerà mai alle verità ritenute tali solo perché sostenute dalla maggioranza. Penso che ricorderete la fiaba di Andersen dove solo un bambino ebbe la spontanea sincerità di affermare che il re era nudo, mentre tutti lo adulavano magnificando i suoi splendidi ma inesistenti vestiti. Ecco, cerchiamo di vedere il mondo così com’è, con occhi innocenti, senza gli infingimenti che a volte servono solo per compiacere e altre, cosa più deprecabile, per conservare un sistema elaborato da pochi a beneficio di pochi, e perciò esclusivo delle masse. Pertanto vi esorto ad essere abbastanza folli per combattere ed abbattere tale sistema, ma con l’arma incruenta della cultura e dell’educazione all’umana solidarietà.

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