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Presidenzialismo | Un sovrano per il popolo sovrano

Tra bicamerali ricorrenti e provincialismo à la carte, riparte la giostra del presidenzialismo, il principale proiettile d'argento della marmotta italiana che incartava le riforme

Siamo giunti all’immancabile capitolo di ogni legislatura dotata di una minimale ambizione: le riforme. Questo termine ormai logoro, levigato a consunzione, a cui ognuno attribuisce poteri salvifici. Un rito sciamanico diventato ennesima arma di distrazione di massa.

Il menù è ricco e ammuffito: premierato forte, debole, con vitamine e zabaione, cancellierato, semipresidenziale, presidenziale, cabriolet o coupé. Per quelli che ancora credono che la sovrastruttura possa fungere da camicia di forza della struttura, anziché essere il prodotto di quest’ultima.

POCHI GOVERNI, MOLTA CRESCITA?

Prima di proseguire, un consiglio: procuratevi il programma elettorale di Fratelli d’Italia. Perché i nostri eroi, con commendevole coerenza, stanno effettivamente cercando di seguirne la traccia. Potete usare questo mio post, che era solo una collezione di spigolature ma che sta rivelandosi utile.

Ad esempio, per l’ammirevole caparbietà con cui il/la/id premier sta cercando di realizzare il demenziale slogan “più assumi, meno tasse paghi”, anche contro ogni evidenza e tentativi di instradare quel precetto verso tutt’altri esiti, previo stravolgimento. Ma oggi non parliamo di questo bensì delle riforme costituzionali.

Leggete quello che diceva il programma di FdI al riguardo, punto 24 a pagina 35. Un preambolo piuttosto stralunato di correlazione spuria:

Negli ultimi 20 anni l’Italia ha avuto 11 diversi governi. Una instabilità che ci indebolisce nei rapporti internazionali e che penalizza gli italiani, perché governi che durano così poco non hanno una visione di lungo periodo, ma cercano solo il facile consenso nell’immediato. Anche per questo da decenni l’Italia cresce meno della media europea. L’instabilità politica è anche uno dei principali fattori del nostro declino economico. Assicurare governi stabili, grazie al presidenzialismo, non è una misura astratta: è la più potente misura economica di cui necessita l’Italia.

Troppi governi uguale decrescita economica, anche a causa della “ricerca del facile consenso”. Wow. A voler essere spiritosi verrebbe da consigliare una monarchia assoluta, senza nemmeno una costituzione ottriata, per puntare a tassi di crescita da Singapore. Ma ci asterremo dalla facile tentazione.

Che il presidenzialismo (di qualunque cosa si tratti) sia garanzia di crescita economica credo non lo teorizzerebbe neppure uno studente di lungo (fuori)corso di diritto costituzionale. Far durare i governi per una legislatura, cioè un quinquennio, non può essere obiettivo per sé. Per raggiungere quell’obiettivo occorre forse evitare i famosi ribaltoni? Non saprei. Da quell’obiettivo sono conseguite aberrazioni come la suggestione del vincolo di mandato, peraltro mai implementato. Ma poi, perché chiamarli ribaltoni?

“FACCIAMO COME”

Non parlo da addetto ai lavori ma solo da cittadino e contribuente, sia chiaro. Quindi perdonerete le eventuali sgrammaticature giuridiche. Ma torniamo ai “modelli” e agli esempi altrui, visto che proprio nell’ambito delle riforme si scatena il provincialismo malato di questo sovrano paese di copycat. Troppi governi uguale decrescita economica? Siamo sicuri? Che possiamo dire del Giappone, allora? Il Giappone cresce poco, mi direte. Sì, tutto è relativo: forse ora cresce poco per motivazioni relative alla sua decrescita demografica. Quindi devono tenere alta la produttività (fatto) e aumentare la partecipazione femminile al mercato del lavoro (fatto anche questo). Più avanti, forse, decideranno di aprirsi all’immigrazione. Resta il fatto che il Giappone cambiava primi ministri in modo “italiano” proprio quando cresceva a passo di carica, nei decenni scorsi. Anzi, soprattutto allora. Col Partito Liberaldemocratico, vera Balena Bianca di correnti e giochi di retrobottega, come la nostra Dc.

Allora vogliamo il modello britannico! Siamo sicuri? Quello basato su una legge elettorale che prevede l’uninominale secco a turno unico, il cosiddetto first-past-the-post? Aspetta, allora: forse che la stabilità di un governo dipende dalla legge elettorale? Ma da noi quest’ultima non ha rango costituzionale, e infatti quasi a ogni legislatura c’è la maggioranza pro tempore che vuole modificarla per fotografare i rapporti di forza esistenti. Salvo essere sbertucciati dagli elettori, a modifica avvenuta.

E poi, il modello britannico? Quello dove colpi di palazzo interni al partito che governa portano alla sostituzione del premier? Uhm, il programma di FdI vorrebbe assicurare la stabilità di governo ma anche il “rapporto diretto tra cittadini e chi guida il governo”, quindi forse è meglio di no.

E il semipresidenzialismo francese? Quello che non esclude la coabitazione tra un presidente di un colore e un esecutivo di colore differente? Uhm, allora nemmeno questo, il valoroso popolo italiano non lo gradirebbe.

Allora il cancellierato tedesco? Quello è notevole, in effetti. Il cancelliere nomina e revoca i ministri, mica come da noi, signora mia, dove è schiavo di partiti e correnti di partito. Un vero unto dal Signore Popolo Sovrano. O no? Uhm, forse no, visto che può essere rimosso dal parlamento attraverso il meccanismo della sfiducia costruttiva. Come in Spagna, del resto. Ma anche in Albania, Ungheria, Polonia, Israele, Slovenia, Belgio e pure Lesotho. Il che, tra le altre cose, significa che un governo che ha perso la maggioranza parlamentare resta in carica sin quando non si forma una alternativa in grado di ricevere la fiducia del parlamento. Interessante.

Aspetta, però: vorremo mica l’elezione diretta del premier-presidente unto dal Popolo Sovrano e pure la sfiducia costruttiva da parte del parlamento, no? Sarebbe una lieve contraddizione in termini. Forse avete ragione. Evitiamo i modelli Frankenstein, se possibile.

E allora come fare, per tenere imbullonato/a alla poltrona di capo dell’esecutivo il demiurgo che deve guidare il paese per una intera legislatura? Ah, saperlo. E il presidenzialismo americano? Ma loro sono lontani, e hanno comunque rilevanti pesi e contrappesi, che fanno del presidente un soggetto che molto spesso finisce col diventare un’anatra azzoppata. Aspettate, non è che volete un dittatore, vero?

UNA SUPER-ELEZIONE POLARIZZATA

Rileggetevi la storia liofilizzata delle nostre riforme-miraggio e scoprirete che, anche se si arriva al fatidico e fatale articolato dopo la navigazione lunga e faticosa ex articolo 138 della nostra Carta, al momento del dunque il popolo sovrano finisce a votare la fiducia (anzi, la sfiducia) al nome che si è intestato quelle riforme e le ha polarizzate. Diventa una super-elezione politica, in pratica.

Allora forse servirebbe un’assemblea costituente eletta col proporzionale puro, per cambiare la costituzione e poi sottoporre il prodotto al popolo sovrano? Forse, ma avete visto cosa è successo in Cile? Da una costituente di sinistra, ultrasinistra e gruppettara con chitarra è uscito un testo che ha spaventato l’elettorato, che lo ha quindi bocciato. Ora ci si riprova, con il guardrail di un testo base scritto da 24 costituzionalisti. Ma nel frattempo, dopo aver visto all’opera il governo del radical-millennial Gabriel Boric, la società cilena ha deciso di indirizzare a destra (e oltre) la nuova costituente, e di dare una sorta di seconda opportunità a quello che fu il contendente presidenziale di Boric, quel José Antonio Kast che guida il Partito Repubblicano, formazione di estrema destra.

Un mondo terribilmente difficile, anche per i provinciali che cercano di cogliere à la carte spunti per cristallizzare quella che resta una temporanea posizione di forza. A volte si cerca di ottenere questa cristallizzazione con la “semplice” modifica della legge elettorale. Altre volte si è più ambiziosi e si dirige la prua verso la carta costituzionale. Rompendosi la prua e le corna, come direbbero lontano da Bolzano. Vi accorgerete della prossima esaustione del chiacchiericcio quando, dalle fila della maggioranza, qualcuno dirà che forse basterebbe mettere mano ai regolamenti parlamentari.

Siamo ancora alla ricerca del proiettile d’argento definitivo, dunque. Farebbe quasi tenerezza, se il tempo non scorresse in modo implacabile. Anche qui, vi dico la mia: finirà in un gagliardo nulla. Ma ci riproveremo. E ci sarà sempre qualcuno disposto a giurare che stiamo fallendo (e anche estinguendoci, e le due cose sono collegate) perché abbiamo governi che durano poco. Perché Dante (quel noto pensatore di destra, ricordate?) si è scordato di illustrare quel girone infernale in cui avrebbero trovato posto gli abitanti della Penisola: quello dei fonditori di proiettili d’argento dalle fattezze sinistramente simili a quelle di una marmotta.

 

Immagini governo.it – licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT

 

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