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Presadiretta: Il salario delle donne

Questa sera quello di Presadiretta è stato un lungo servizio sulla disparità salariale tra uomini e donne: le donne sono costrette ad accettare contratti part time, salari più bassi nello sport, non fanno carriera e guadagnano di meno perché sono madri. In Italia essere madri è una colpa, mancano gli asili nido con cui poter continuare a lavorare.

Le donne sono state costrette a lottare per la parità salariale in Italia e in Europa, come a Glasgow: il più grande furto al mondo, sotto gli occhi di tutti.

Anche dietro le storie di violenza c’è una questione di salario.

Generazione Stem

Generazione Stem è una community di ragazze che segue materie scientifiche, quelle considerate a prevalenza maschile: pubblicano in rete documentari si temi scientifici con grande seguito, nonostante si parli di fisica e meccanica quantistica.

Chiara De Marchi è una delle ambasciatrici della scienza: non ha abbandonato questo lavoro nemmeno per la sua malattia, perché il suo sogno era laurearsi in questo settore. Nonostante i pregiudizi che allontana le ragazze dalle materie scientifiche: il mercato del lavoro si sta orientando sempre più nel mondo Stem, ma le ragazze che si sono laureate in questo settore sono solo il 16%, tra i rettori, le donne sono solo 12.

Le telecamere di Presadiretta sono entrate dentro una delle aule della facoltà di ingegneria di Pavia, ad assistere ad una delle lezioni del professor Alessandro Reali, dove insegna scienza delle costruzioni, dirige il dipartimento di ingegneria civile e architettura. I suoi studenti diventeranno ingegneri civili e ambientali: tra i banchi a seguire la lezione ci sono poche ragazze, lo confermano anche i numeri che il professore riporta. Nel ramo di elettronica ci sono percentuali ancora più basse 13-15%, in questo ramo civile siamo in media, al 20-25%: studiare ingegneria nel 2024 è ancora considerata una facoltà per maschi.

Lo raccontano le stesse studentesse: “quando esprimevo la mia propensione per ingegneria mi dicevano perché non fai infermiera oppure altri percorsi più ‘femminili’..”.

Un’altra racconta che è stato proprio il padre a farle il primo discorso: “mi aveva chiesto perché? - di solito questa è una scelta per maschi..”.

Ovviamente agli studenti maschi questi discorso non sono mai stati fatti.

Nel dipartimento di ingegneria civile si fa ricerca, dentro la presenza delle donne è scarsa, al 30%, tra i professori ordinari c’è una donna su 13 (professori), perché per le donne è più difficile fare carriera.

Le laureate Stem donne sono di meno e, a parità di ruoli, è inferiore a quella degli uomini: anche se sono più brave guadagnano di meno, si tratta di discriminazione, un danno sociale per la nostra società, che non gode del talento delle persone migliori.

Ma è tutto il mercato del lavoro che ruota attorno a questo sfruttamento, questa discriminazione.

Il lavoro delle donne

Cassina De Pecchi, hinterland di Milano: Miriam lavora in una struttura per malati psichiatrici, dopo anni di lavoro guadagna 9 euro l’ora, ovvero 6 euro netti. Avendo dovuto seguire le figlie non ha potuto studiare, cercando fare carriera.

Nel palazzo del lavoro a Pavia Presadiretta ha incontrato Maria, addetta alle pulizie: ha sempre dovuto lavorare in part time, perché alle donne non davano mai contratti full, perché la donna è considerata meno affidabile, “la donna è sempre al servizio, prima con mamma e papà e poi nelle case, noi donne siamo sempre a servizio”.

Quasi una donna su due ha un contratto part time, per gli uomini il livello è uno a sei: i lavori per le donne poi sono quelli a meno qualificazione, con salari più bassi, meno stabili – racconta l’economista Azzurra Rinaldi. Sono lavori che permettono di sopravvivere vicino casa, si deve scegliere tra figli e lavoro: “anche sul lavoro sei sempre donna, mamma..”

Nelle regioni del sud lavora poco più di una donna su 3: in Puglia,a Brindisi, quando si devono raccogliere ortaggi e frutta, molte occupate sono donne. Ma in questo settore c’è molto sommerso: sono donne che si alzano col buio e tornano a casa col buio, dopo una giornata a raccogliere frutta.
Qui al sud non ci sono alternative - racconta la signora Francesca – non ci sono fabbriche: nemmeno puoi lamentarti altrimenti non ti fanno lavorare, anche se prendi poco. Poi a casa l’altro lavoro, col marito, coi figli.

Il lavoro non retribuito è alla base di intere filiere, alla base del sistema capitalistico – spiega Azzurra Rinaldi.

Anche nel settore dei metalmeccanici, ben strutturati, ci sono differenze salariali tra uomini e donne: le donne hanno a che fare coi bambini, coi genitori e questo è un ostacolo alla carriera.

Uno studio della FIM CISL del 2022 realizzato per la prima volta su un campione di 701 aziende metalmeccaniche ha rivelato un dato scioccante: le operaie ricevono meno premi di produzione superminimi rispetto ai loro colleghi uomini, il 15% in meno che arriva addirittura al 43% in meno nelle aziende senza il sindacato, sono in media oltre 600 euro in meno l’anno.
“Perché la donna è più soggetta ad assentarsi sul lavoro per dedicarsi alla famiglia, in quel caso non è che non stava venendo a lavorare ma non fa nulla, no sta dando socialmente un contributo elevatissimo” racconta a Presadiretta Arianna Malandra delegata Fim Cisl.

Nelle trattative il sindacato vorrebbe aggiungere delle clausole per le donne che devono occuparsi anche della famiglia.

“La verità è che per le donne, soprattutto se decidono di avere figli, la progressione di carriera va verso un imbuto inesorabile” è il commento dell’economista Azzurra Rinaldi.

Una donna che ha avuto figli in questo paese, a distanza di quindici hanno guadagna anche il 15% in meno di una che non ha avuto figli – continua Rinaldi – gli uomini guadagnano 8000 euro l’anno in più, c’è poi tutto il mondo delle libere professioni, dove un avvocato guadagna più di una avvocata.

Le ingegnere guadagnano in meno il 45% in meno, le notaie il30% in meno, come le architette.

Bruna Gozzi è una architetta che sta lavorando ad una ristrutturazione a Cremona di una cascina: donna l’architetta e donna anche la responsabile dei lavori, che però sono considerate meno competenti dei colleghi maschi.

Così molte ragazze nella scelta della facoltà, devono considerare anche la possibilità di avere famiglia, non di quello che vogliono fare.

A Milano vive l’avvocata Algarotti: esercita da 12 anni ma ancora oggi fa fatica a far valere le sue competenze, molti clienti fanno fatica a chiamarla avvocata.

Nel 2019 è diventata mamma e si è accorta di un altro problema: la cassa forense da un contributo calcolato in base alla retribuzione.

Così, se si guadagna meno, è più facile abbandonare il lavoro, per seguire la maternità: si fa molta retorica sulla maternità, ma in realtà si fa poco, lo racconta ancora l’economista Rinaldi, tenere le donne al lavoro (a parità salariale) è un vantaggio per tutto il paese, per l’occupazione, per la sua crescita. Avremmo un mondo più libero e ricco.

Anche nel mondo dello sport ci sono le discriminazioni: il servizio racconterà la storia della Geas, una società di Sesto San Giovanni che ha scritto la storia del pallacanestro in Italia, nel suo palmares ci sono 8 scudetti, una coppa Italia e una coppa campioni e oggi è ai primi posti del campionato in A1.
Per gestire le partite della squadra servono 20 persone – racconta l’head coach Cinzia Zanotti – per montare e smontare il campo: “molte volte mi chiedo, ma se noi fossimo una squadra di basket maschile a Sesto San Giovanni, ci lascerebbero in questa palestra”. Perché si allenano e giocano in una palestra in condivisione con una scuola.
Il campionato maschile gode di vantaggi che le donne si sognano: loro di devono accontentare della palestra di questa scuola e non si tratta dell’unica disparità.

“La prima disparità riguarda lo stipendio” spiega Valeria Trucco, una giocatrice della squadra, “perché ci sono ragazzi che giocano in serie C che prendono duemila euro al mese mentre ci sono ragazze in A1 che ne prendono 700 di euro”.

In Italia il basket maschile è uno sport professionistico, pagato di più, mentre alle donne questo non è riconosciuto: difficile però per la Geas andare avanti con un campo disponibile solo tre giorni a settimana.

In Italia lo sport con più tesserati donne è la pallavolo: Lara Lugli è una schiacciatrice di serie A, quando è rimasta incinta è stata licenziata ed è stata pure citata a giudizio dalla sua squadra. Come se la maternità fosse una cosa da pattuire assieme ai capi.

È stato il campionato femminile nel 2019 a lanciare il calcio femminile: dopo anni di lotte nel 2022 il professionismo entra nel calcio femminile, ovvero uno stipendio minimo, le invalidità, ma non ancora una vera parità salariale.

Sara Gama è stata una delle calciatrici che ha portato avanti questi battaglie: abbiamo fatto passi da gigante, siamo un esempio per molti altri settori.

Tutto è nato nel 2015, quando i primi investimenti arrivarono anche al calcio femminile: la Juventus fu una delle prime squadre a seguire questa strada, far giocare le calciatrici nelle stesse condizioni dei maschi.

Il Tavagnacco è stata la prima squadra dilettantistica a portare 7000 persone paganti in uno stadio per una partita di calcio femminile: nel suo vivaio sono cresciute calciatrici poi finite in nazionale, gli allenamenti avvengono solo di sere perché le atlete sono ancora dilettanti, di giorno devono lavorare.

Se la Federazione vuole investire nel calcio femminile, per vincere il mondiale, deve investire nella base, facendo crescere il numero delle tesserate.

Le lotte per la parità salariale

In Gran Bretagna le donne sono scese in piazza, per denunciare le disparità salariali coi colleghi maschi.

Presadiretta ha raccontato le testimonianze di tante donne: Jacky ha fatto causa ad Asda, una catena di supermercati, perché guadagnava meno dei colleghi maschi, fino a 3 sterline l’ora, “noi donne siamo ancora considerate cittadine di serie B”.

Non aver un diritto equo è considerato da Jacky un furto ed è questo che è andata a contestare in Tribunale.

Lavorare di più, lavorare di fretta, avere a che fare con le lamentele dei clienti, un forte stress e poi un salario inferiore: che significa una condizione di inferiorità rispetto ai mariti e compagni, significa una condizione continuare a vivere su una linea di galleggiamento.

Anche nella sede della BBC c’è stata una battaglia per la parità salariale: nel 2022 una sentenza ha stabilito che giornalisti donne e uomini dovevano avere un pari salario, è stata una vittoria storica per le donne e in generale per i diritti di tutti.

Circa 700 giornaliste e impiegate hanno fatto causa alla BBC: ma sono tanti i settori con questi pregiudizi, non solo nel giornalismo o nei supermercati, ci sono altre catene di negozi per arrivare al settore pubblico.

Presadiretta racconterà della protesta dell’ottobre 2018 a Glasgow in Scozia, quando scioperarono le dipendenti del comune. 10 mila donne avevano incrociato le braccia per due giorni bloccando i lavori nelle scuole, negli asili nido e nell’assistenza domiciliare: protestavano perché i dipendenti uomini del comune guadagnavano 3 sterline in più l’ora. Dopo un decennio di battaglie il comune di Glasgow deve ora pagare 770 milioni di sterline alle 19 mila donne che negli anni hanno fatto causa, per saldare il mancato guadagno. La stessa cosa sta succedendo in altri 20 comuni della Gran Bretagna, come Birmingham, la seconda città del Regno Unito, nel secolo scorso capitale dell’industria britannica. Si trova nelle Midlands occidentali e ci vivono quasi 1 milione e duecento mila persone, la metà ha meno di 25 anni. Qui le dipendenti che negli anni hanno fatto causa al comune sono circa 20 mila: il contenzioso è iniziato nel 2008 quando un primo gruppo di donne si era rivolto al tribunale.

Una di loro si chiama Sally Maybury, ed è stata una delle prime dipendenti del comune a fare causa, ora è in pensione ma è una attività del sindacato GMB: “È stato un vero shock per me scoprire che noi donne venivamo pagate meno dei nostri colleghi uomini, che avevano lo stesso livello. Dopo due anni dalla causa il comune ha pagati i soldi richiesti dalle cause”.

Ma il comune di Birminghan continua a pagare le sue dipendenti di meno dei maschi: maestri, cuoche, operatrici per l’assistenza al domicilio, lavori di grande responsabilità, che viene pagata anche il 25% di meno.

Oggi il comune è sotto un commissario, perché ha i conti in rosso: si dovranno tagliare servizi, come l’assistenza agli anziani, non si potranno costruire case popolari e questo si ripercuoterà sulle persone più deboli.

Tutta colpa della passata amministrazione che ha fatto finta di niente, dopo le prime cause, continuando a pagare meno le dipendenti donne.

Avrebbero dovuto affrontare la parità di salari dieci anni fa, non avrebbero così dovuto affrontare le cause.

Equality Act è una legge pubblica che obbliga a pubblicare i salari alle aziende: questa legge ha aiutato le donne, ma servono anche asili, strutture di assistenza per gli anziani.

Il ruolo della politica

La politica deve fare la sua parte, con le politiche per i servizi sociali, per la costruzione di nuovi asili.

Perché non tutte le aziende possono fare come Terna, che ha un suo asilo interno per le tante dipendenti, che tiene i bambini fino alle 18.30 (perché ci sono le riunioni che si prolungano fino a tardi).

Grazie all’asilo, in Terna non ci sono casi di donne che hanno abbandonato il lavoro dopo la maternità: lo scorso anno sono state 44mila, le donne che hanno fatto questa scelta.

Le aziende con asili interne sono medio grandi e sono per lo più al nord: dovrebbe essere lo Stato a garantire l’accesso al nido, nel privato le rette sono care, si arriva a 600 euro al mese.

Gli asili nido sono pochi e per pochi: in Campania il 90% dei bambini è escluso, proprio dove le donne ne avrebbero più bisogno, perché si accompagna al tasso di occupazione femminile più basso.

Gli asili nido curano i bambini ma anche le donne, che possono occuparsi dei loro sogni, di studiare, di cercare un lavoro.

Tutto il sud d’Italia sconta il problema della mancanza di asili: il federalismo fiscale della Lega ha di fatto svantaggiato il sud, si sono contati i mattoni, gli asili già esistenti per suddividere i fondi per nuovi asili.

Il criterio vergognoso della spesa storica è discriminatorio, un vantaggio solo per le regioni ricche del nord: la regola è decaduta solo grazie ad un ricorso al TAR, ma si è perso del tempo.

Il PNRR prevede 4 miliardi per nuovi asili, ma anche qui si danno soldi più ai comuni con già asili: si è scelto il criterio del bando, delegando ai comuni le scelte, penalizzando i comuni meno attrezzati nel gestire i bandi.

Non solo, il governo ha scelto di tagliare il fondo per gli asili, con la scusa dell’aumento dei costi: ancora una volta si è scelto di tagliare gli asili, non considerati una priorità dalla politica, diversamente dagli investimenti dati alle ferrovie.

Ma da dove si prendono i soldi? San Lazzaro di Savena spende 3 ml di euro per il suo asilo: i soldi li hanno trovati dalla lotta all’evasione, dall’efficientamento delle spese energetiche che ha portato un risparmio di 500 mila euro.

Questo comune ha esentato dall’Imu le aziende che assumono mamme, finanzia le startup gestite da donne.

Così nel giro di pochi anni tante famiglie si sono trasferite in questo comune, dove nascono tanti bambini quanti negli anni 80.

Qui le donne possono essere lavoratrici e madri, con una buona qualità della vita.

Complimenti alla sindaca Isabella Conti che ha creduto in questi valori.

Il governo Meloni ha rassicurato che i 264mila posti per gli asili nido ci saranno. Ha poi stanziato il bonus asili nido, ma per il secondo figlio e con vincoli di isee.

Le violenze economiche

Il gap salariale è legato anche alle violenze di genere.

Le donne che guadagnano di meno sono più vulnerabili nei confronti dei loro mariti o compagni.

Presadiretta ha raccolto diverse testimonianze di donne che hanno subito violenze fisiche o psicologiche: una di questa è stata costretta ad abbandonare il lavoro, rinunciando alla propria indipendenza economica, una forma di controllo anche questa: il 37% delle donne non ha un proprio conto corrente, il che rende difficile abbandonare il marito violento.

A Piacenza la provincia, col supporto dell’ordine dei notai, ha organizzato dei corsi per l’indipendenza economica: come si apre un mutuo, un conto, bancomat e carte di credito. Saper gestire i soldi in modo consapevole, saper gestire i propri soldi: tra le testimonianze raccolte c’è stata la storia di Elisa, scappata dal marito col figlio, dopo anni di soprusi.

Il compagno le chiedeva dei soldi per bollette ed affitto, senza permetterle di lavorare: piuttosto vai in strada..

C’erano donne che lavoravano col marito ma non erano assicurate, erano pagate a nero, avevano esperienze lavorative che non potevano essere messe in un curriculum. Donne a cui era impedito di avere un proprio conto corrente, dando tutti i soldi al marito.

12 sono i femminicidi ad oggi in Italia. Troppi.

Una donna uccisa ogni due-tre giorni, diamo troppi pochi soldi ai centri di ascolto, ai centri anti violenza, che raccolgono le prime richieste di aiuto dalle donne. Facciamo poco per cambiare la non cultura del patriarcato, dal basso, dalle scuole.

Il nobel della parità

Il 7 dicembre 2023 il premio nobel in economia è stato vinto per la prima volta da una donna, da sola: Claudia Goldin, 77 anni una cattedra ad Harvard, da sempre si è occupata di gender gap.

Questo riconoscimento ha messo sotto gli occhi dei riflettori il valore del lavoro delle donne: nella conferenza stampa per la premiazione ha raccontato di come la pandemia ci ha insegnato che esiste un modo diverso per lavorare, la tecnologia ha consentito a lavorare da remoto, questo ha consentito un grande risparmio di tempo per chi deve prendersi cura delle persone. Questo può essere di aiuto per le donne.

La dottoressa Goldin ha fatto una importante analisi sull’evoluzione del lavoro femminile: nonostante le evoluzioni del mondo del lavoro, c’è ancora un forte divario tra portare avanti occupazione e famiglia.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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