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Perché Berlusconi non fa cadere subito il governo Letta? Il gioco del cerino

Torneremo a breve sul tema dello Ius soli, per ora poniamoci un problema più urgente: Berlusconi ha interesse a far durare il governo Letta e questa legislatura?

 

E’ evidente che no. In primo luogo perché ha bisogno di un intervento legislativo che lo salvi dall’interdizione dai pubblici uffici, prima che la Cassazione possa decidere di confermare la sentenza d’appello. E mi sembra piuttosto difficile che il Pd possa aderire a questa richiesta, a meno che non abbia proprio deciso di sciogliersi. Con nuove elezioni potrebbe avere quella maggioranza che gli permetterebbe di ottenere quel che gli serve. E, calcolando i tempi tecnici, fra tempi per elezioni, insediamento del nuovo Parlamento, formazione del nuovo governo, preparazione ed iter della nuova legge (magari un'amnistia o un'anticipazione dei tempi di prescrizione…) ci vuole un annetto pieno e questo significa votare ad ottobre-novembre 2013, perché a partire dalla tarda primavera 2014 si entra in “area di rischio” dove ogni giorno è utile per mettere il Cavaliere fuori combattimento. Anche una successiva amnistia, a quel punto, sarebbe costituzionalmente molto discutibile e bisognerebbe vedere anche cosa ne pensa il Capo dello Stato.

In secondo luogo, tutti i sondaggi (per quel che li si possa prendere sul serio dopo la figuraccia di febbraio) danno oggi il Pdl ed alleati avanti di 10 punti sul centro sinistra, mentre anche Grillo è dato in flessione, sia pure di poco.

Dunque vincente pieno con il Porcellum, salvo qualche dubbio per il Senato. Ma non è detto che questo “stato di grazia” duri indefinitamente: se il governo Letta dovesse mantenere questo peso fiscale, l’elettorato si rivolterebbe contro tutti i suoi componenti e sostenitori, Pdl incluso.

C’è poi un terzo motivo specifico: è evidente che il Cavaliere non abbia interesse ad una revisione del Porcellum che, comunque gli darebbe una maggioranza assoluta alla Camera (cosa non garantita da altri sistemi elettorali) però non può dire apertamente che ne vuole la conferma, perché questo è uno dei presupposti dell’alleanza di governo. Può prendere tempo (e lo sta facendo), ma il giochetto non può andare avanti indefinitamente. Mentre un repentino scioglimento delle Camere renderebbe la cosa automatica togliendo di mezzo la questione della legge elettorale.

Ancora: a giugno 2014 ci sono le elezioni europee dove si vota con il proporzionale e lo scenario potrebbe diventare meno favorevole al Pdl anche per l’emergere di nuovi soggetti politici (ad esempio una nuova Alleanza Nazionale fatta da Larussa, Storace e qualche altro pezzetto) o per la ripresa di quanti sono stati schiacciati dal “voto utile” (Scelta Civica, Fid, Lega…).

Infine, c’è una ragione più generale: a settembre farà 77 anni e, quando si è sotto gli ottanta, ogni giorno può rappresentare un pericolo, anche solo per il declinare delle forze. Immaginarsi se possa accettare la prospettiva di andare a votare fra tre anni, quando ne avrà ottanta suonati. Dunque, non c’è dubbio che il Cavaliere abbia interesse a “far saltare il banco” entro luglio-agosto, al più tardi nei primi di settembre. E, sin qui, a differenza di quei molluschi dei suoi avversari (Fini, Casini, Bersani…) ha sempre dimostrato di essere tempista e di non lasciarsi mai sfuggire l’occasione.

Allora salterà tutto in poche settimane? Non è così semplice, perché ci sono alcune cose che possono mettersi per traverso.

In primo luogo vediamo cosa succede nelle elezioni amministrative dell’ultima domenica di Maggio, che sono state molto sottovalutate, sinora. Votano circa 700 comuni fra cui Roma, Catania, Messina, Brescia, Siracusa, Vicenza, Ancona, Barletta, Pisa, Treviso, Lodi, Imperia, Viterbo, Avellino oltre che centri minori, alcuni dei quali decisamente popolosi come Cinisello Balsamo o Molfetta per diversi milioni di elettori, dunque un test ben più rappresentativo di quello friulano di un mese fa. Si capisce subito che non sarebbe affatto la stessa cosa se i risultati confermassero o smentissero i sondaggi.

In secondo luogo, è ovvio che il Cavaliere ha interesse a far saltare il banco, ma a fare in modo che sembri che a farlo siano stati quelli del Pd. E qui la sua indubbia capacità comunicativa non dovrebbe incontrare ostacoli insormontabili, data anche la ben nota balbuzie comunicativa del Pd.

I guai più seri vengono da un altro aspetto della questione: il rischio che il governo salti, ma la legislatura resti in piedi. Immaginiamo che, dopo la crisi di governo, Grillo decida di cambiare atteggiamento e dare al Pd quell’appoggio, sin qui negato, al Senato e consenta la formazione di un governo a tempo, anche solo per fare la legge sul conflitto di interessi e sulla sua ineleggibilità (al Senato i 123 seggi della sinistra + i 54 del M5s darebbe quota 177, anche senza Sc, molto più del richiesto). Magari non per un governo Pd ma per una nuova edizione di tecnici pensata solo per fare l’operazione “ammazza Cavaliere”. Nel frattempo, per giunta, potrebbe arrivare la temuta pronuncia della Cassazione.

Sarebbe la sua Caporetto: si ritroverebbe fuori gioco in men che non si dica, le elezioni potrebbero slittare anche nell’autunno 2014, quando i trend elettorali potrebbero essere diversi da quelli attuali, ma, soprattutto, quando ci sarebbe da vedere se un centrodestra senza Berlusconi candidato sia in grado di prendere i voti necessari.

Ma il Cavaliere può sempre sperare nel fatto che Grillo, per non smentirsi, mantenga il suo atteggiamento di chiusura totale.

Qui però, potrebbe aprirsi un altro rischio: che dal M5s si stacchi una costola di una quindicina di senatori che diano vita ad un nuovo gruppo parlamentare alleato al Pd ed a Sc per l’operazione Ammazza Cavaliere. E questo potrebbe essere favorito dalle insofferenze verso gli eccessi autoritari di Grillo (a proposito: Crimi dice che Grillo si comporta come un buon padre che tiene lontani i suoi figli dai rischi corruttivi del denaro, ma, insomma, che degli ultra quarantenni abbiano bisogno di un papà che li guidi fa un po’ ridere) o per dissensi politici o, anche solo per paura di non tornare in Parlamento ecc. potrebbero cedere alle sirene di un fronte Pd-Sc.

Per evitare questi rischi, il Cavaliere ha bisogno di due condizioni: assicurarsi che Sc non partecipi all’operazione ed acquisire una ventina di senatori fra M5s e Pd, con cui fare una nuova edizione del “Responsabili”. Solo che qui si tratterebbe non di far durare la legislatura, ma al contrario, di farla saltare, insomma questa volta un gruppo “Irresponsabili” da riportare poi in Parlamento nelle capaci falangi berlusconiane. Operazione non semplice, sia perché non è detto che Sc scelga questo lato della barricata, sia perché il numero di senatori da trovare non è piccolo. Tuttavia, qualche Calearo, qualche Razzi, qualche Scilipoti si trova sempre e, poi, il Cavaliere ha una certa esperienza in materia.

Dunque, una operazione non semplice ma possibile che, però, chiede i suoi tempi e, questa volta, il tempo non gioca dalla parte del Cavaliere.

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