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Palestina come Stato osservatore, voto storico per l’Onu

L’Assemblea generale dell’Onu voterà questo pomeriggio alle 16, ora italiana, la risoluzione presentata da una delegazione guidata dal presidente palestinese Abu Mazen - che nei giorni scorsi ha incontrato gli emissari dell’amministrazione Obama e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon - per riconoscere la Palestina come Stato osservatore non-membro delle Nazioni Unite

La proposta prevede, quindi, il riconoscimento della Palestina come Stato osservatore non membro e se dovesse essere approvata segnerebbe una pagina di storia importante del conflitto con Israele. Ci sono molte possibilità che la risoluzione passi, nonostante il secco “no” incassato da Washington e ovviamente da Tel Aviv, una prima previsione prevede circa 140 adesioni su 193 votanti.

Un riconoscimento certamente simbolico quello di Stato osservatore, ma che potrebbe aprire la strada ad un'affermazione come Stato e all’inserimento come membro a pieno titolo nelle Nazioni Unite, obiettivo perseguito da Abu Mazen fin dall’inizio del suo incarico a capo dell’Anp.

Victoria Nuland, portavoce del Dipartimento di Stato americano, ha definito l’approvazione "un errore che rallenterà solo il processo di pace", possibile solo con un accordo tra le parti in causa senza interventi esterni. Forse gli americani hanno dimenticato tutte le volte in cui sono andati a mettere pace nel mondo a suon di bombe, dando ben poco spazio ai negoziati tra i paesi interessati.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è stato perentorio affermando che “non cambierà alcunché sul territorio”, al contrario un'eventuale approvazione dell’Assemblea “non avvicinerà la costituzione di uno Stato palestinese, anzi lo allontanerà”. Per il portavoce del governo israeliano, Mark Regev, il provvedimento “viola lo spirito e le parole dell’accordo firmato per risolvere la questione attraverso i risultati”. Israele ha comunque fatto sapere che la mano è sempre tesa verso la pace anche se il Premier ha ribadito che la nascita di uno Stato Palestinese passa obbligatoriamente per il riconoscimento di Israele come "Stato Ebraico", Stato degli ebrei. Abu Mazen teme che questo riconoscimento possa limitare i diritti della minoranza palestinese in Istraele e annullare la risoluzione 194 dell'Onu per il ritorno dei profughi palestinesi della guerra del 1948.

Fallito il tentativo dell’Unione Europea di presentare un fronte unico di astensioni, sono ben 15 i paesi che voteranno a favore del riconoscimento partendo da Spagna e Francia. Ancora da definire la posizione dell’Italia che sembra orientata verso l’astensione, il ministro degli Esteri Giulio Terzi teme “effetti collaterali sul fragile equilibrio del Medio Oriente”, ma con l’auspicio che il voto di oggi sia “un impulso forte per la ripresa dei negoziati”. Tra le potenze internazionali Cina e Russia hanno espresso parere favorevole insieme a gran parte degli Stati africani, asiatici e Paesi emergenti.

Il problema reale è un altro, il riconoscimento di Stato osservatore aprirebbe le porte dei tribunali internazionali alla Palestina, primo tra tutti la Corte Internazionale di Giustizia, davanti alla quale Abu Mazen potrebbe denunciare Israele. Questo è il timore espresso dalla Germania che ha minacciato di esprimere voto contrario nel caso in cui Abu Mazen non rinunci a tale diritto, per poi fare un passo indietro e dichiarare l’astensione quando si è resa conto che il voto dei tedeschi non è determinante. Per essere precisi la Corte penale internazionale non è un organismo dell'Onu e l'accesso della Palestina dovrebbe passare per l'autorizzazione degli Stati che hanno firmato lo Statuto di Roma, Israele e Stati Uniti non ne fanno parte.

''Alcuni Stati sono molto preoccupati su un nostro possibile ricorso alla Cpi e ci hanno fatto molte pressioni per farci impegnare a non intraprendere un'azione del genere, ma noi ci siamo rifiutati'' ha affermato il ministro palestinese Riyad al Malki. Il rappresentante palestinese al Palazzo di Vetro Mansour ha chiarito che se le autorità israeliane continueranno ''a non rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, a costruire illegalmente insediamenti, che rappresenta un crimine di guerra dal punto di vista del Cpi e dello Statuto di Roma, ci consulteremo con tutti i nostri amici, compresi gli europei, e chiederemo loro: che dobbiamo fare ora per indurre Israele ad adeguarsi?''

Un’eventuale denuncia dei palestinesi aprirebbe scenari ben più complessi, costringendo i Paesi Onu a prendersi delle responsabilità a cui fino ad ora si erano potuti sottrarre nascondendosi dietro i negoziati. È impossibile prevedere quali scenari si aprirebbero e quale sarebbe la reazione di Israele, forse è proprio questo a spaventare molte super potenze che negli anni hanno cercato di costruire un dialogo, anche se a senso unico. Ecco perché al di là del titolo simbolico di Stato questa rappresenterà una pagina importante non solo per Israele e Palestina ma anche per tutti i Paesi dell’Onu. 

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