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Omsa Faenza, le operaie non si arrendono

Risale a più di un mese fa l’ultimo incontro che le operaie Omsa hanno avuto con un partner istituzionale, il Ministero. Era il 5 settembre, e da allora l’unica nota positiva sul tavolo delle trattative, di quella che sta diventando una situazione sempre più preoccupante, è stato un impegno (informale) per garantire la cassa integrazione anche il prossimo anno.

Tuttavia anche questa misura resta solo un intendimento, come ci spiega Samuela, una delle delegate Cgil più presenti nel corso di questa lotta che dura ormai da due anni, come ha raccontato il 14 ottobre a Faenza, assieme ai nostri blogger Marco e Michele, lì per presentare il libro Asinara Revolution.

Bisognerà poi valutare se si parla di cassa integrazione in deroga o straordinaria, fra le due sussiste una bella differenza: la prima slega virtualmente l’azienda dal territorio e viene anticipata dall’Inps. E se c’è stato un intendimento chiaro in tutta questa vicenda è proprio quello da parte della Golden Lady, proprietario di Omsa, di voler abbandonare questo territorio che ha loro dato tanto.

Una misera soddisfazione, in ogni caso. Perché quello che veramente chiedono le operaie a gran voce da un anno e mezzo a questa parte, dalla firma del primo accordo, è proprio quel piano industriale che latita, ed è una triste storia ricordare puntualmente le mille promesse fatte e non mantenute e le tante volte in cui la proprietà ha millantato fantomatici compratori svizzeri, napoletani e da ogni dove. L’ultima della serie di fandonie raccontate alle dipendenti è stata proprio in sede ministeriale – spiega Samuela – dove l’azienda si è nascosta dietro il cavillo della riservatezza nel rivelare il nome di questo potenziale acquirente, solo perché a rappresentare la Uil vi era solo il segretario del territoriale anziché quello nazionale come imposto dallo statuto.

A tutt’oggi infatti in Omsa non resta aperto che il reparto di confezione, dove lavorano a rotazione 30 dipendenti, che, stranamente, sono quasi sempre le stesse a venire chiamate perché questa chiamata la decide l’azienda ed non è certo un eufemismo dire che non tutti i sindacati si sono posti in netto contrasto con la proprietà dall’inizio della vicenda. In una situazione tale, dove molto è stato dovuto anche alla mancanza di unità interna da parte dei sindacati, e spesso anche all’interno dei sindacati stessi, ora si parla di operare scelte sindacali forti.

Entro il 15 di ottobre doveva esserci un incontro con l’ennesimo compratore, come al solito non pervenuto. Ma le operaie Omsa non si arrendono, in questi giorni hanno partecipato alla trasmissione “L’ultima Parola” di Raidue, e sabato 22 due di loro, Marina ed Anna, sono intervenute a Bologna all’evento Il nostro tempo è adesso della Serracchiani e Civati del Pd. “È ora di agire” dice Samuela. E’ ora che le istituzioni si sveglino, aggiungiamo noi.

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