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Omicidio di Rémi Fraisse. Le registrazioni dei militari: "Non devono sapere"

Emergono nuove rivelazioni sul caso della morte del giovane attivista Rémi Fraisse, ucciso nella notte tra il 25 ed il 26 ottobre mentre prendeva parte alle proteste contro la costruzione di una diga nella zona umida del Testet, nella regione del Tarn. Fin da subito era stato chiaro il coinvolgimento della gendarmeria francese nell'uccisione del ragazzo, colpito da una granata di tipo offensivo in dotazione alle forze dell'ordine dispiegate in difesa del cantiere di Sivens.

Ieri Le Monde ha pubblicato le trascrizioni dell'audio di un filmato realizzato da un gendarme durante gli scontri di quella notte. Nel video sono registrate le reazioni dei suoi commilitoni nel momento in cui Rémi si accascia al suolo, colpito dalla granata. Dalle frasi pronunciate, appare chiaro che i militari ebbero immediata coscienza della gravità della situazione. Un dato, questo, che imbarazza ulteriormente le autorità transalpine, impegnate nelle ore successive alla tragedia ad opacizzare la dinamica dei fatti.

Intorno all'1:40 del mattino i gendarmi, equipaggiati con visori notturni, inquadrano un manifestante che si accascia al suolo negli attimi successivi all'esplosione di una granata di tipo OF, offensivo. Dieci minuti dopo, un militare ordina di sospendere il lancio di granate lacrimogene: “Stop con le F4!, Il ragazzo è laggiù, ok, per ora lo lasciamo là”. La voce di un altro gendarme subentra, come per rassicurare: “Va bene, ora si alza! Sta per rialzarsi, a posto!”. Ma Rémi non si muove e intanto i minuti passano. Alle 2 parte l'ordine: Si va!” e un plotone abbandona il fortino eretto in difesa del cantiere per andare a recuperare il ferito.

Rémi viene raggiunto e il suo corpo trasportato nella zona protetta. Un superiore domanda ai suoi, preoccupato: “Ma respira o no!?”. L'infermiere del plotone tenta di rianimarlo, inutilmente. Alle 2:03 un gendarme esclama, in preda all'ansia: “Il ragazzo è morto...è maledettamente grave... non devono saperlo...”.

La notizia, poche ore più tardi, diventa invece di dominio pubblico. Secondo l'ufficio comunicazione della gendarmeria, contattato da Le Monde, l'ultima frase registrata faceva riferimento ai manifestanti, e non alla volontà di nascondere l'accaduto. “Bisognava evitare – spiega il responsabile – che gli aggressori agissero con foga ancora maggiore, venendo a sapere della morte di Rémi Fraisse”. Nella concitazione del momento, lo scopo non sarebbe stato quello di insabbiare la vicenda, dunque, ma di non esasperare ulteriormente la situazione sul campo. Sta di fatto che la Procura della Repubblica viene avvisata immediatamente, permettendo l'avvio di un'indagine nel giro di poche ore.

Anche accettando l'ipotesi che le procedure siano state rispettate scrupolosamente (sarà l'inchiesta, eventualmente, a confermarlo), restano i dubbi e l'indignazione per il modo in cui è stata gestita la vicenda, anche da parte del governo. Bernard Cazeneuve, Ministro degli Interni dell'esecutivo Valls, ha preferito tacere per oltre 48 ore, dopo la tragedia, pur essendo presumibilmente già in possesso delle informazioni fondamentali.

Dopo le turbolente manifestazioni di piazza della settimana scorsa, l'affaire Rémi Fraisse non accenna dunque a placarsi e le nuove rivelazioni pubblicate da Le Monde ravvivano ulteriormente il fuoco delle polemiche. Il governo è accusato di aver ecceduto nell'uso della forza e il dibattito pubblico sul ricorso alla violenza da parte delle forze dell'ordine è destinato a protrarsi.

Perché la gendarmeria è equipaggiata con granate di tipo militare? Perché quella notte ne sono state lanciate a decine? Chi ha dato l'ordine? Quali sono le regole di ingaggio del Ministero della Difesa per l'ordine pubblico? Questi interrogativi dovranno necessariamente trovare risposta, mentre la famiglia di Rémi aspetta che l'inchiesta della magistratura ristabilisca almeno la verità dei fatti.

 

Foto: guy masavi, Flickr

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