Numero zero, di Umberto Eco
Un bigino dei segreti d'Italia dal dopoguerra, un manuale del non giornalismo, un sassolino della scarpa che Eco si toglie nei confronti di certi giornali e certi giornalisti.
Numero zero è un romanzo insolitamente (per Umberto Eco) scorrevole e veloce da leggere: ambientato nelle settimane successive alle elezioni del 1992, racconta di una redazione di un giornale che non dovrà uscire. Servirà solo al suo editore, che viene chiamato “il commendatore”, per poter entrare nel salotto buono della finanza. La redazione, composta da giornalisti con poca etica e poca esperienza nel mondo delle inchieste, dovrà sfornare tanti “numero zero” che non avranno diffusione.
“Il Commendatore vuole entrare nel salotto buono della finanza, delle banche e magari dei grandi giornali. Lo strumento è la promessa di un nuovo quotidiano disposto a dire la verità su tutto. Dodici numeri zero, ..”
[..]
“Il Commendatore valuterà e poi farà in modo che siano viste da chi sa lui. Una volta che il Commendatore abbia dimostrato che può mettere in difficoltà quello che si chiama il salotto buono della finanza”
Un mezzo ricatto qui, una mezza allusione la, ..
“Simei aveva la faccia di un altro. Voglio dire, io non ricordo mai il nome di chi si chiama Rossi, Brambilla e Colombo, o addirittura Mazzini o Manzoni, perché ha il nome di un altro, ricordo solo che dovrebbe avere il nome di un altro”.
La storia è raccontata, usando il meccanismo del flashback, da Colonna, una sorta di capo redattore che lavora come braccio destro del direttore Simei. Colonna è uno che ha fatto diversi lavori prima, anche il ghost writer: una di quelle persone che la vita ha fatto diventare serenamente ciniche e disincantate.
Nelle riunioni di redazione conosce i colleghi del giornale che si intitolerà “Domani”: c'è un giornalista vicino ai servizi, il complottista (che si chiama Braggadocio, un nome che è un programma) e una ragazza che nel passato si era occupato del poco lusinghiero compito degli oroscopi e gossip e che ora in questo contesto si trova male.
Colonna e Simei spiegano ai collaboratori come dovranno lavorare, che genere di informazione dovranno proporre al loro elettore medio:
“Partiremo dal principio che non siano quel che si dice lettori forti, anzi gran parte di loro non avrà un libro in casa, anche se quando sarà necessario si parlerà del grande romanzo che sta facendo milioni di copie”.
Nel modo con cui far passare come fatti, delle opinioni personali del giornalista:
“L’astuzia sta nel virgolettare prima un’opinione banale, poi un’altra opinione, più ragionata, che assomiglia molto all’opinione del giornalista. Così il lettore ha l’impressione di essere informato circa due fatti”.
Ma ci sono altri modi per far passare un'opinione al lettore, facendola passare come fatto:
“Ma per far passare opinioni senza dar nell’occhio ci sono anche altri mezzi. Per sapere che cosa mettere in un giornale bisogna, come si dice nelle altre redazioni, fissare l’agenda”.
Avete presente quando ci sono notizie che per giorni e giorni occupano tutte le prime pagine dei quotidiani, oscurandone altre? Per esempio l'occupazione delle case, i reati commessi dagli immigrati, le emergenze rom, … Oppure quando si cavalca l'onda di un fatto grave di cronaca, solo per puntare sull'emotività del lettore? Siamo tutti Charlie, ci siamo detti dopo la strage nella redazione del giornale satirico parigino. Ma come siamo messi in Italia a libertà di satira e di informazione?
Insomma, il principio del non giornale raccontato da eco è che: “Non sono le notizie che fanno il giornale, ma il giornale che fa le notizie.”
E se qualcuno chiede una smentita o una rettifica, c'è la strada dell'insinuazione (“quella che riferisce fatti di per sé privi di valore, ancorché non smentibili perché veri”), con una smentita che incrina l'attendibilità dello smentitore,
E se le notizie non si trovano, basta inventarle: c'è un magistrato che sta facendo un'inchiesta che da fastidio?
“Palatino era tornato con notizie assai ghiotte. Aveva fotografato il magistrato mentre, seduto sulla panchina di un giardinetto, fumava nervosamente una sigaretta dietro l’altra, con una decina di cicche ai suoi piedi.”
Vi viene in mente qualcosa, a proposito di un giudice che indossava calzini stravaganti?
Mentre Colonna inizia una relazione con Maia, due perdenti che si trovano, Braggadocio gli rivela di una sua inchiesta così esplosiva che vorrebbe addirittura venderla ad un altro giornale.
“Non capivo se Braggadocio fosse un portentoso narratore d’appendice, che mi dosava il suo romanzo a puntate, con la dovuta suspense a ogni “continua” ...”
E' un'inchiesta che parte della morte di Mussolini, passa per il golpe Borghese, stay Behind, Gladio,le stragi degli anni '70, il rapimento di Moro, le brigate rosse, ….. Mussolini, il colonnello Valerio, Licio Gelli, il comandante Borghese, l'ordinovista Vinciguerra, padre Zucca …
La nostra storia, in fondo. Che ci siamo dimenticati. O forse a cui , cinicamente, ci siamo abituati. Perché anestetizzati da un mondo dell'informazione che non informa, pensato più per le lotte sotterranee dei gruppi di potere. Chissà, fa dire Eco a Maia nelle ultime righe, forse un giorno gli elettori voteranno in base a quello che guardano sulla TV con le televendite del “commendatore”.
Non c'è bisogno di scappare all'estero per sfuggire al terrorismo, servizi deviati, colpi di stato:
“ …. piano anche l’Italia sta diventando come i paesi di sogno in cui vuoi esiliarti. Se siamo riusciti prima ad accettare e poi a dimenticare tutte le cose che ci ha raccontato la BBC significa che ci stiamo abituando a perdere il senso della vergogna.”
Basta solo aspettare: una volta diventato definitivamente terzo mondo, il nostro paese sarà pienamente vivibile, come se tutto fosse Copacabana. Non posso dire che non mi sia piaciuto, ma nemmeno che sia uno di quei libri che lasciano profondamente il segno. Lo ritengo più come un'opera di “divertissement” dell'autore, per prendere in giro l'informazione di oggi, usando il meccanismo del parlare al passato.
Buona lettura!
Su l'Espresso potete leggere il confronto tra Eco e Saviano:
Torniamo al romanzo. L’impressione è che Eco voglia dire alla fine: in Italia il progetto di costruzione della nazione è fallito.Eco - Questo Paese ha attraversato momenti in cui sono successe cose incredibili e di cui tuttavia non è fregato niente a nessuno. Sì, sotto sotto, c’è un’idea di una nazione e di uno Stato incapaci di funzionare.La stessa idea, del fallimento di noi tutti, si trova in un recente articolo di Saviano su “la Repubblica” circa “Mafia Capitale”, quando dice: la terra di mezzo, il mondo di mezzo di cui parla Carminati, siamo tutti noi...Saviano - La terra di mezzo non è la cerniera tra i colletti bianchi e la teppa. È invece un territorio, l’Italia, in cui se non forzi le regole, non puoi fare business, non puoi lavorare. Ed è anche un modo per dire: liberi tutti, tutti si comportano così. Quindi tutti colpevoli nessun colpevole.ECO - L’Italia ha scelto dal 1861 di vivere nel mondo di mezzo. In questo senso è fallita l’idea di uno Stato unitario.Avete detto peste e corna dei retroscena, del gossip. Però il genere retroscena, gossip politico, il ministro fotografato con l’aspirapolvere in mano, lo ha inventato in Italia “l’Espresso”, di cui voi siete rubrichisti illustri...Eco - Ma non ha insinuato, ha denunciato. Il problema è lo stato della nostra informazione. Prendi la mattina il giornale, anche il più importante, e trovi quattro o più pagine di pettegolezzi su fatti politici nostrani. Se prendi “Le Monde”, trovi invece pagine su quanto avviene in Africa o in Asia, tanto che quasi mi chiedo, ma perché mi parlano di queste cose e non dell’amante di Hollande?“Le Monde” ha parlato dell’amante del presidente.Eco - Sì, ma perché la storia è stata fatta circolare da un altro giornale, specializzato negli scandali, e solo così è diventata notizia.Nel libro Eco presenta una teoria cospiratoria, un personaggio suggerisce che lo stragismo in Italia è stato manipolato da Mussolini che non è stato fucilato il 28 aprile 1945 ma fatto fuggire all’estero. E arriva a essere convincente. Perché le teorie complottiste hanno tanto successo?Eco - Faccio un esempio. Sabato pomeriggio mi trovo in un’autostrada intasata. Mi arrabbio e comincio a chiedermi di chi è la colpa. Cerco istintivamente il Grande Vecchio. Non mi viene in mente che la colpa è mia, che sono uscito di sabato in macchina, sapendo di contribuire all’intasamento. Ma se la stampa con un’inchiesta, mi desse una spiegazione sul perché l’autostrada si intasa, anziché raccontare la polemichetta tra un assessore e un deputato, forse non cercherei il Grande Vecchio. E invece, immagino che a far intasare l’autostrada siano stati Andreotti, la massoneria, la Trilaterale. Facciamo un esempio al contrario? La vicenda “Mafia Capitale”. Dal momento che i magistrati spiegano come stanno le cose e i giornali lo raccontano bene, nessuno cerca una teoria cospirativa. Chi c’è dietro Carminati? C’è Carminati. Non credo che a qualcuno verrà in mente di dire che dietro Carminati ci siano i Rosacroce.Saviano - Io insisto sul ruolo della Rete. Basti pensare alla diffusione dei Protocolli degli anziani savi di Sion da quando esiste il Web. Aggiungo: per un dietrologo chiunque si oppone alla sua teoria, fa parte del complotto.Avete descritto un mondo assai brutto, di diffamazione, fango, dossieraggio. Voi come fate a opporvi?Eco - Ciascuno di noi cerca di fare bene il proprio mestiere. Per quanto mi riguarda: io ho dato la mia testimonianza. Io vi ho raccontato come stanno le cose.Saviano - Io ho sentito che la mia testimonianza ha innescato molto. Dall’altro lato ho sempre sentito l’esigenza di rimarcare la mia diversità. Diversità, non superiorità morale. Mi hanno proposto incarichi politici, ma me ne sono sempre tenuto lontano, perché temevo che il sistema mi avrebbe stritolato. Confesso: mi sento isolato. Non ci sono più gruppi che condividono un percorso intellettuale, come accadeva quando Eco aveva la mia età.Eco - Anche gli intellettuali sono vittime della liquidità della società. Oggi, non ti rimane altro che lasciare il tuo messaggio nella bottiglia. Saviano lo fa, dovrebbe mettere su una bottiglieria. Io ho scritto questo romanzo, di più in una società liquida non si può fare.Testimoniare non è agire politico.Eco - Se dico che la società è liquida dico anche che non c’è più la nozione dell’agire politico.
La scheda del libro sul sito della Bompiani.
Qui potete scaricare il primo capitolo.
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