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No inceneritori, Sì recupero di materia: lettera aperta di Zero Waste Sicilia a Faraone

In replica alle recenti affermazioni del sottosegretario Davide Faraone, plenipotenziario renziano in Sicilia, sull’ipotesi nuovi inceneritori (per una capacità stimabile in 700.000 ton/anno), previsti dal decreto Sblocca Italia e il probabile commissariamento della gestione del rifiuti in Sicilia, l’associazione Zero Waste Sicilia ha esposto, in una lettera aperta, le ragioni del no a qualsiasi forma di termovalorizzazione dei rifiuti.

«Il valore delle risorse pubbliche rifiuti – sostiene il docente universitario Beniamino Ginatempo, presidente di ZWS - che ogni anno in Sicilia vengono abbancati inquinando, è di circa 100 milioni di euro (circa 40 euro a tonnellata). Se si pensa che, il costo di conferimento da solo è di circa 100 euro a tonnellata si capisce che i padroni delle discariche rischiano di perdere oltre 200 milioni di euro/anno. Ovviamente si oppongono in tutti i modi a che questi materiali post-consumo vengano recuperati. Purtroppo, la politica economica della Sicilia consiste da troppo tempo nel trasformare risorse pubbliche nel lucro di pochi».

Zero Waste Sicilia sostiene che ci siano 5 buone ragioni per opporsi a questi progetti.

L’incenerimento non disintegra la spazzatura né la trasforma solo in energia, ma in ceneri, scorie, gas serra (CO2), macroinquinanti (SOx, NOx, CO) e microinquinanti (diossine, furani, metalli pesanti, polveri e nanopolveri), cioè emissioni o tossiche, o nocive o climalteranti. Il 20-30% sono scorie pericolose che vanno smaltite a costi almeno quadrupli in discariche speciali e non esistono sistemi che possano fermare le nanopolveri. Visto che nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma, dove va a finire il resto? Con buona pace delle tecnologie ad emissioni zero, va tutto nella discarica più grande che c’è: l’atmosfera. Cioè l’aria che noi ed i nostri figli vorremmo a buon diritto respirare. E poi nell’acqua che vorremmo bere, e nel terreno che vorremmo coltivare per nutrirci.

L’Europa ci chiede ben altro da decenni (ultimo atto la Risoluzione del P.E. del 09/07/2015) e spinge i paesi membri verso una economia circolare, tramite il massimo recupero di materie prime seconde. Nel futuro a causa della spietata concorrenza dei paesi in veloce sviluppo, la competizione nel mercato delle materie prime sarà sempre più dura e costosa. Così per l’Europa, che delle materie prime ha bisogno, si delinea lo spettro della crisi da scarsità di risorse. Ecco la funzione strategica del recupero.

L’iter che porta alla costruzione di un inceneritore potrebbe durare oltre un decennio. Bisogna chiedersi che ne sarà dei 2.5 milioni di ton/anno di tal quale siciliano nel frattempo. Quindi gli inceneritori non sono una soluzione per l’emergenza. Né lo saranno a regime, visto che i 2 inceneritori siciliani avranno forse una capacità al massimo di 700.000 ton/anno. Che ne sarà delle rimanenti? Si aggiunga che a parità di costi si potrebbero finanziare impianti di compostaggio e fabbriche dei materiali.

L’inceneritore è uno strano caso nel quale una impresa non acquista la materia prima per le sue produzioni ma si fa pagare per prenderla! E i cittadini pagano ben tre volte: non incassano il controvalore dei materiali recuperabili, pagano per il conferimento e pagano una maggiorazione delle bollette elettriche per gli incentivi a questa falsa energia rinnovabile.

Man a mano che decolla il recupero di materia e si raggiungono percentuali europee di RD (consorzio Contarina, a Treviso e provincia, 554.000 persone, 85%) gli inceneritori restano “affamati”. Ma se si prevede che la RD decolli, come si può pensare di costruire questi impianti?

«Infine – conclude Ginatempo - c’è una questione etica: gli inceneritori rientrano nella nostra “cultura dello spreco”, aborrita da Papa Francesco nella sua stupenda “Laudato si’ ”. Quelle materie prime seconde che vengono trasformate irreversibilmente in scorie, emissioni e veleni sono un intollerabile spreco a fronte del saccheggio continuo delle risorse terrestri, che diminuiscono sempre più velocemente e drammaticamente. Per accaparrarcele facciamo guerre nei paesi che deprediamo e da cui in milioni fuggono per inseguire il sogno non del benessere ma della semplice sopravvivenza».

 

Foto: Facebook

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