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Martin Luther King, mi manchi

Il 15 gennaio è stato l’anniversario della nascita di Martin Luther King, uno dei più importanti, se non il più importante, leader del movimento dei diritti civili degli afroamericani.

King, nato il 15 gennaio del 1929, ad Atlanta, fu assassinato a Memphis il 4 aprile 1968.

Io nel 1968 avevo 11 anni e, quindi, ho avuto modo di conoscere le sue attività solo successivamente, anche grazie ad alcuni film a lui dedicati, ultimo dei quali “Selma”.

Il reverendo King – era infatti un pastore protestante – è passato alla storia non solo per i risultati ottenuti in seguito alla sua leadership del movimento afroamericano per i diritti civili ma anche per i metodi utilizzati (è diventato anche uno degli ispiratori del movimento pacifista a livello internazionale).

Il 10 dicembre 1964 ricevette ad Oslo il premio Nobel per la pace.

Celebre è rimasto il discorso che King tenne il 28 agosto 1963 a Washington, nel corso del quale pronunciò più volte la frase “I have a dream”.

Non si è mai saputo con certezza, almeno fino ad ora, chi avesse realmente assassinato Martin Luther King e soprattutto chi fossero i mandanti.

Perché mi manca Martin Luther King?

Perché attualmente, sulla scena politica internazionale, leader della statura morale e politica di King non solo non esistono ma le attività dei leader esistenti sono distanti anni luce da quelle che caratterizzarono l’impegno del pastore protestante, nato ad Atlanta.

E’ vero che King non ha ricoperto incarichi nell’amministrazione del suo Paese e ciò lo ha indubbiamente reso più libero nell’assumere le posizioni che lo hanno contraddistinto.

E’ vero anche che la politica, negli Usa e in tutti gli altri Paesi del Mondo, svolge oggi, rispetto a 50 anni fa, un ruolo decisamente meno incisivo rispetto al mondo economico-finanziario.

Ma, probabilmente, uno dei motivi alla base di questo minore ruolo della politica è rappresentato dall’assenza di leader che abbiano come obiettivo fondamentale della loro azione il perseguimento dell’interesse collettivo e che intendano cambiare radicalmente lo stato di cose esistente, essendo proiettati più verso il futuro che verso il presente.

Che abbiano, come si dice spesso oggi, una visione.

Chi sono i leader politici attuali che potrebbero, credibilmente, pronunciare anche loro la frase “I have a dream”?

Nessuno, purtroppo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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