Maledetta coscienza paratelevisiva di fine anno

Premesso che questo è un post che nasce dopo aver ascoltato a Domenica In verso le 15.25 di domenica 26 dicembre, Sgarbi che sbraita ed urla "Meglio Taricone che Saviano, meglio la verità senza retorica di Taricone"... ecco, premesso questo, la fine di ogni anno è sempre il momento giusto e più opportuno, per ogni cittadino e per ogni Paese, per fare una ricapitolazione di fine anno.
Mentre in tv i vari anchormen si affannano a ricordare il "vivere osando" di Pietro Taricone, l'umorismo tagliente di Sandra e Raimondo, il pendolino di Maurizio Mosca, piuttosto che lo spessore di Josè Saramago e di Mario Monicelli, ho notato come alcuni politici, italiani e non solo, quasi sempre in questo periodo dell'anno usino più o meno sempre gli stessi "modelli", per fare gli auguri di fine anno.
Non è un caso che Schifani e Obama quest'anno l'abbiano pensata alla stessa maniera: il Presidente del Senato Italiano si è recato dalle truppe in Afghanistan, "fiore all'occhiello del Paese", mentre il Presidente degli Stati Uniti con la moglie Michelle ha fatto visita ad una base militare alle Hawaii.
Cosa c'entra un soldato, una truppa o una guerra, con i valori cristiani del Natale? Perché per ricordare valori come la carità, l'altruismo e l'abnegazione, Obama, piuttosto che Schifani o qualsiasi altro politico, non ricorda mai gli ospedali, gli infermieri e i medici che passano il Natale con i propri pazienti, piuttosto che i tanti volontari che garantiscono un pasto caldo alle tante persone che non hanno una fissa dimora o una famiglia?
Qual è il messaggio da recepire: bisogna assicurare il Natale a tutti, anche con l'uso della forza e dell'esercito? Giuseppe e Maria non erano due talebani? I Re Magi arriveranno con i carrarmati?
Allora mi chiedo: perché la gente non capisce che potrebbe esserci un filo conduttore che lega gli auguri di fine anno ai militari, l'insistente ricordo di Taricone e Vianello come eroi nazionali, e la coscienza e la memoria di un Paese?
Il distogliere l'attenzione per cogliere l'attenzione, il parlare di altro per parlare di tutto, il limite tra l'informazione e la manipolazione: ma basta spegnere la tv per evitare la moral suasion, la persuasione morale, che un intero popolo è costretto a subire in maniera subdola? O guardare la tv è anche un modo per affrontarla, per capire come evolve la società e non solo noi stessi?
Diceva Josè Saramago, Premio Nobel per la Letteratura nel 1998, scomparso nel giugno scorso: "L'uomo più saggio che io abbia mai conosciuto non sapeva né leggere, né scrivere".
La mia sensazione è che è proprio questa dicotomia della società tra Sì e No, tra pro e contro, tra eutanasisti e pro-life, tra gomorristi e savianisti, tra innocentisti e colpevolisti, che finirà per autodigerirla e spaccarla ancora di più.
E' facile dire: spegni la tv.
La tv non è il fine ma il mezzo, bisogna smetterla di considerarla un capro espiatorio. E che si voglia accettarlo o meno, e per quanto si voglia apologizzare la Rete, il futuro del nostro Paese per ora è e sarà ancora legato in futuro ai palinsesti televisivi.
Il mio augurio di Natale e di fine anno non è non vuole essere "Spegnete la tv", ma affrontatela. Affrontate la coscienza paratelevisiva di chi vi circonda, non evitatela. Con la consapevolezza e la speranza che il più saggio di noi, in fondo si possa nascondere tra chi non sappia né leggere né scrivere. E se lo diceva un Premio Nobel per la Letteratura, c'è da starne certi.
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