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Mala tempora currunt? L’illusione del declino morale

In ogni epoca (anche la nostra) si tende a giudicare negativamente il presente rimpiangendo il passato, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti etici. Il chimico e divulgatore Silvano Fuso esplora la percezione del “declino morale” nella società sul numero 5/2023 di Nessun Dogma

Il fisico e filosofo della scienza Giuliano Toraldo di Francia (1916-2011) nel 1996 scriveva:

«Tra le insopportabili lamentazioni con le quali ci affliggono giornalmente tanti “pensatori” e commentatori contemporanei ce ne sono soprattutto due che spiccano per la loro banale vuotezza: intendiamo parlare della perdita dei valori e della perdita delle certezze. Anche ammesso, ma non affatto concesso, che quei termini abbiano un preciso, e univoco, significato, non viene in mente a nessuno che forse si stia piangendo la perdita di cose che in realtà non ci sono mai state, di concetti costruiti solo per la volontà di deplorare i “mali” della nostra epoca? Lasceremmo volentieri ai moralisti la preoccupazione per i valori, passando subito al caso delle certezze; ma non è così facile, dato che molto spesso coloro che parlano di perdita delle certezze, si riferiscono più che altro al fatto che oggi l’umanità comincia a non essere più tanto sicura che alcuni valori tradizionali siano davvero valori! Si ripiomba così nell’assiologia, della quale volevamo liberarci» [1].

Nel suo articolo Toraldo di Francia non si occupava espressamente di valori e sviluppava le sue considerazioni per mostrare come lo sviluppo della scienza abbia enormemente ampliato le nostre conoscenze e quindi ridotto, casomai, le nostre incertezze rispetto al passato. Tuttavia lasciava intendere che anche riguardo ai presunti valori vi fosse sostanzialmente un’errata percezione che portava a criticare il tempo presente e a rimpiangere un idilliaco tempo passato.

Si tratta di una percezione molto diffusa. La stessa espressione da noi usata come titolo per il presente pezzo (corrono tempi cattivi) è di origine latina, quindi molto antica. Essa mostra come, in ogni epoca, vi sia la tendenza a giudicare negativamente il presente rimpiangendo il passato, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti etici e morali.

Tutti questi temi sono stati recentemente oggetto di un serio e interessante studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature [2]. Lo studio, intitolato L’illusione del declino morale, è stato realizzato da Adam Mastroianni della Columbia University (New York) e da Daniel Gilbert della Harvard University (Cambridge).

I due autori esordiscono con questa citazione: «Si ponga attenzione a come, man mano che il rigore morale veniva meno, i costumi dapprima si siano infiacchiti, poi come siano sempre più degenerati, infine come abbiano iniziato a precipitare, finché si è giunti a questi tempi in cui non possiamo tollerare né i nostri vizi né i loro rimedi».

Essa sembra riferirsi ai nostri tempi, ma in realtà è tratta dalla prefazione all’opera Ab Urbe condita, dello storico romano Tito Livio, e venne scritta tra il I secolo a.e.v. e il I secolo e.v., ovvero più di 2000 anni fa.

Gli autori partono dalla seguente domanda: «Perché così tante persone diverse, in così tante epoche e luoghi diversi, sono convinte che i loro concittadini siano meno morali di quanto non fossero una volta?».

Le possibili risposte, secondo loro, sono due: 1) è possibile che la moralità sia in effetti in declino in tutto il mondo da millenni, un declino così costante e così precipitoso che le persone di ogni epoca sono state in grado di osservarlo nel breve arco di una vita umana; 2) è però anche possibile che la percezione del declino morale sia un’illusione cui le persone di tutto il mondo e nel corso della storia sono state soggette. Ebbene, l’accurato studio condotto mostra, senza ombra di dubbio, che la risposta valida è proprio la seconda.

Gli autori hanno preso in considerazione sia dati di archivio, sia quelli raccolti direttamente da loro nel 2020 attraverso sondaggi effettuati negli Stati Uniti. Innanzi tutto essi mostrano che le persone di almeno 60 nazioni credono effettivamente che la moralità sia in declino. E la cosa curiosa è che lo credono da almeno 70 anni.

Inoltre le persone attribuiscono tale declino sia alla diminuzione della moralità dei singoli individui man mano che invecchiano, sia alla diminuzione della moralità delle nuove generazioni. Infine però i ricercatori dimostrano che il giudizio delle persone sulla moralità dei contemporanei di loro conoscenza non è peggiorata nel tempo. E questo suggerisce fortemente che la percezione del declino morale sia, appunto, un’illusione.

Nella loro ricerca, Mastroianni e Gilbert hanno esaminato una serie di 177 sondaggi specifici condotti complessivamente su oltre 220 mila persone statunitensi tra il 1949 e il 2019. Le domande che venivano poste erano del tipo: «Pensi che negli ultimi decenni, in relazione al comportamento delle persone, la nostra società sia diventata meno onesta ed etica, più onesta ed etica, o che non ci sia stato alcun cambiamento?» e «Allo stato attuale, pensi che la condizione dei valori morali in questo Paese nel suo insieme stia migliorando o peggiorando?».

La maggior parte delle persone (circa l’84%) ha sostenuto una progressiva riduzione delle qualità morali dei propri contemporanei. La percentuale di partecipanti che ha rilevato un declino morale non dipendeva dall’anno di somministrazione del sondaggio, ma era sostanzialmente stabile nei decenni. Anche sondaggi simili, condotti tra il 1996 e il 2007, in altri 59 Paesi e su oltre 354 mila persone hanno fornito risultati simili.

Per contro, analizzando i risultati di sondaggi somministrati almeno due volte con un intervallo minimo di 10 anni (in modo da poterne confrontare le risposte e misurarne l’eventuale evoluzione nel tempo), non si osservava alcun peggioramento.

In pratica, se alle persone veniva chiesto esplicitamente di valutare il cambiamento morale, rispondevano che c’è stato un peggioramento. Se invece veniva loro chiesto di giudicare la moralità dei loro contemporanei, le loro risposte non cambiavano nel tempo. Come hanno sintetizzato i due autori: «Le persone in tutto il mondo credono che la moralità sia diminuita, e lo credono fin dai tempi in cui i ricercatori glielo hanno chiesto».

Oltre ai dati di archivio, i ricercatori hanno condotto direttamente sondaggi su cittadini americani nel corso del 2020. Veniva chiesto di valutare quanto le persone fossero «gentili, oneste, simpatiche e buone» nel 2020 e quanto lo fossero invece in anni precedenti. Anche in questo caso i risultati hanno confermato la tendenza a valutare un peggioramento delle qualità morali nel corso del tempo. L’inizio del graduale peggioramento era di solito coincidente con la data di nascita degli interessati.

I risultati apparivano inoltre indipendenti dal genere, dall’età, dal livello di istruzione, dall’appartenenza etnica e dall’ideologia politica degli interessati. In particolare, come ha affermato Mastroianni [3] «L’effetto dell’età è molto limitato» e questo contraddice la credenza secondo la quale le persone più anziane sarebbero più inclini a giudicare negativamente il tempo presente.

Naturalmente i due autori si sono chiesti quale possa essere la causa di un simile comportamento e hanno ipotizzato due possibili risposte.

Numerosi studi psicologici hanno dimostrato come gli esseri umani abbiano la tendenza a evidenziare i comportamenti negativi degli altri, piuttosto che quelli positivi. Tale tendenza è assecondata e involontariamente incentivata dai media che danno molto risalto agli eventi negativi rispetto alle buone notizie. Questo “effetto di esposizione distorta” può contribuire a spiegare perché le persone credano che la moralità attuale sia relativamente bassa.

Molti altri studi hanno inoltre dimostrato che quando le persone pensano a eventi del passato, è molto più probabile che vengano preferenzialmente ricordati quelli positivi, mentre quelli negativi tendono a essere dimenticati. Questo “effetto di memoria parziale” può ulteriormente aiutare a spiegare perché molte persone credano che in passato il livello di moralità fosse più elevato.

L’azione combinata di queste due tendenze può determinare l’illusione di un declino morale. I due autori hanno condotto ulteriori studi per verificare le loro ipotesi interpretative e i risultati le hanno confermate.

L’effetto di memoria parziale che tende a privilegiare i ricordi positivi rispetto a quelli negativi è ben noto in psicologia e viene spesso indicato con l’espressione “retrospettiva rosea”. Talvolta viene anche chiamato “sindrome o effetto di Pollyanna”. Il nome fa riferimento a un famoso romanzo scritto nel 1913 dalla statunitense Eleanor Hodgman Porter (1868-1920). Da esso sono stati tratti anche due film: Pollyanna nel 1920 e Il segreto di Pollyanna nel 1960 (della Disney). La protagonista Pollyanna è caratterizzata da un inguaribile ottimismo che le fa percepire aspetti positivi anche in situazioni di estrema difficoltà.

Queste caratteristiche della nostra mente possono aiutarci a interpretare anche altre tendenze piuttosto diffuse nella nostra società. È infatti molto comune la nostalgia dei bei tempi antichi, dei sapori di una volta, delle cose genuine, dei mestieri di una volta, eccetera. In tutte queste tendenze nostalgiche tuttavia il passato viene idealizzato e ricostruito a posteriori in modo del tutto difforme da qualsiasi dato storico.

Una semplice analisi dei dati mostra infatti come il cosiddetto bel tempo antico fosse tutto fuorché bello. Basta considerare parametri quali l’elevata mortalità infantile, la bassa aspettativa di vita alla nascita, la miserrima qualità della vita, l’impotenza di fronte a terribili malattie, l’analfabetismo diffuso, la durezza del lavoro, la mancanza di tempo libero, eccetera.

Noi spesso ci lamentiamo della vita che conduciamo ma, se vogliamo essere obiettivi, dobbiamo ammettere che il livello medio della qualità della nostra vita non ha mai avuto precedenti nella storia (naturalmente per noi che abbiamo la fortuna di vivere in Paesi ricchi). Inevitabilmente anche le caratteristiche morali degli individui dipendono dalla qualità della loro vita. Se una persona sta bene ha molti meno motivi di comportarsi male [4]. Per contro le condizioni di malessere e di degrado sociale favoriscono inevitabilmente comportamenti negativi.

Se guardiamo alla storia, possiamo facilmente constatare che i numerosi predicatori, che si sono proposti di migliorare l’etica umana appellandosi a principi superiori di natura religiosa o meno, hanno conseguito ben pochi risultati. Per contro i migliori risultati in tal senso sono stati raggiunti dal progresso tecnico-scientifico che, paradossalmente, viene invece indicato da molti come fonte di declino morale.

Purtroppo, come gli stessi autori dell’articolo di Nature sottolineano, l’illusione del declino morale può avere anche rilevanti conseguenze sociali e politiche. Essa infatti può esporre le persone al rischio di pesanti manipolazioni psicologiche.

Gli autori citano a tale proposito un sondaggio del 2015. Da esso risultava che il 76% degli americani era d’accordo sul fatto che «affrontare il declino morale del Paese dovesse essere una priorità assoluta per il governo». È abbastanza ovvio che convinzioni di questo tipo possono pesantemente influenzare le scelte di voto.

Distogliendo l’attenzione da problemi reali, alcune forze politiche possono infatti sbandierare pericoli inesistenti e ipotetici nemici per ottenere facili consensi. Le crociate moralistiche portate avanti dai partiti conservatori nel nostro e in altri Paesi e i loro continui richiami alla sicurezza contro presunti nemici ne sono purtroppo una triste conferma.

Silvano Fuso

Approfondimenti

  1. G. Toraldo di Francia, Il mito della verità approssimata, in AA.VV., Scienza e filosofia alle soglie del XXI secolo (atti del convegno organizzato a Milano il 6 ottobre 1995 a cura della rivista Le Scienze), Le Scienze S.p.A. Editore, Milano 1996 (p.35)
  2. A.M. Mastroianni, D.T. Gilbert, The illusion of moral decline, Nature 618, 782-789, 2023: go.uaar.it/p0dxw64
  3. go.uaar.it/5ddzhtx
  4. B. Friedman, Il valore etico della crescita. Sviluppo economico e progresso civile, Università Bocconi Editore, Milano 2006.

 


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