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M5S: rivoluzione o compromesso?

Dopo l'affermazione elettorale del movimento creato da Grillo il dilemma del movimento: collaborazione col sistema attuale o opposizione dura e senza compromessi?

Dopo le recenti elezioni italiane in cui la forza politica creata da Beppe Grillo (e Casaleggio) si è affermata numericamente come terza forza, insieme all'astensione, ma moralmente come vincitrice assoluta, è apparso sempre più evidente che il monopartitismo competitivo della casta ha potuto mantenere il potere solo grazie al lavaggio del cervello della “fabbrica del consenso” di regime, grazie a una legge elettorale (“legge porcata”) sconcia e antidemocratica che dovrebbe offendere invece che far votare, nonché grazie al fatto di presentarsi con le solite liste-ammucchiata, laddove invece il M5S di Grillo non solo non si è apparentato elettoralmente con nessuna delle forze di sistema ma, al contrario ha corso da solo, rimarcando così la propria “alterità”, la distanza tra il M5S e il “teatrino della politica” dove le differenze tra i partiti sono puramente semantiche (usum populi) e dove l'unica logica è quella del potere e del denaro (come già diceva 50 anni fa Ernesto Rossi).

Mai come oggi si può affermare che la partitocrazia è uno dei principali nemici della democrazia, di quella poca che rimane nelle odierne tecnocrazie?

Dal punto di vista politico ciò che è successo nelle elezioni di febbraio 2013 ha una portata storica: si può ben dire che la Seconda Repubblica (quella videocrazia nata dopo la rivoluzione di Mani Pulite nel 1992 e poco dopo il crollo del Muro di Berlino) è finita. Resta da vedere cosa accadrà dopo. Ora siamo nel mentre.

Un sistema di potere politico sta crollando, (quel sistema politico che sempre più, negli ultimi 30 anni, si è fatto ventriloquo e cameriere del vero potere, quello finanziario), ma il “nuovo” stenta a farsi riconoscere e forse nemmeno c'è. Non dimentichiamo che dopo la partitocrazia della Prima Repubblica, abbiamo subito un (altro) ventenio di uomo forte, il tycoon mediatico nostrano, (un caso di potere senza eguali nel mondo occidentale).

Quindi resta da vedere cosa accadrà dopo lo tsunami grillino: avremo una rivoluzione democratica oppure le élite riusciranno a mantenere gattopardescamente, per l'ennesima volta, il potere?

Le élite, i centri di potere neoliberali che, tramite la loro controrivoluzione conservatrice, stanno prendendo il controllo totale del mondo occidentale (Bilderberg, Trilaterale, finanza globale) faranno di tutto perchè i loro camerieri (la Casta che noi chiamiamo “onorevoli”) mantengano il potere il più possibile, ma ormai è chiaro che, in Italia, per tenere soggiogate le classi subalterne, serviranno altre tecniche.

L'obiettivo, naturalmente, è sempre lo stesso: far sì che i ricchi siano sempre più ricchi e il popolo bue, tramite panem et circenses (ma anche carceri e poliziotti, MES ed Eurogendfor) stia al suo posto: quello dove il popolo e il lavoro non hanno diritti e dove il Panopticon tecno-totalitario chiamato “stato democratico” veglia sull'ordine finanziario globale (il Nuovo Ordine Mondiale), l'unico ammissibile, dice la TV, poiché, come diceva la Tatcher (pronuba e levatrice di questo ordine ingiusto e mostruoso: la globalizzazione): T.I.N.A ovvero "there is no alternative".

Inutile dire che questo orrore è “l'unica alternativa” sin tanto che la massa crede ai media bugiardi al soldo di stati bugiardi. Ma tant'è, con internet le cose stanno cambiando e molta gente comincia a dubitare delle verità del pensiero unico della “tecnocrazia”.

Tornando alle elezioni di febbraio, tutti sono d'accordo su un punto: è stato un terremoto. Il regime corre il rischio di perdere il potere, prova ne è che la borsa (il vero parlamento della democrazia neoliberale), dopo il pronunciamento popolare, è crollata, sia in Italia che in Europa.

I centri finanziari hanno capito che, quella che la pubblicistica liberale classica ha sempre apostrofato come “moltitudine suina” oppure “gregge confuso”, ovvero noi, il popolo, ebbene, noi stiamo cominciando a mangiare la foglia.

La gente in Italia e non solo, comincia a capire che l'austerità lacrime e sangue della parte produttiva del paese a beneficio di quelle banche criminali che hanno causato questa catastrofica crisi, è una strada completamente sbagliata, che ci porterà alla rovina: altro che “finire come la Grecia”, come minaccia la casta; la gente comincia a capire che, con questa classe dirigente finiremo come l'Italia.

Il popolo comincia a capire e a dubitare e questa per i “tecnici” che ci governano è una calamità che va combattuta all'ultimo sangue. Il risultato delle ultime elezioni ci dice questo: basta austerity, basta dare soldi alla speculazione internazionale, basta governi fantoccio legati a interessi stranieri. Cambio radicale di direzione.

Questo dice, a chi non sia in malafede, la vittoria del M5S di Grillo. Quindi rivoluzione, democratica, non violenta, ma radicale. Ma sino a che punto? E come?

We, the people, cominciamo ad avere dei dubbi su ciò che i servi dei camerieri politici, ovvero i giornalisti mainstream, ci ripetono allo sfinimento, ovvero che viviamo nel migliore dei mondi possibili e che (T.I.N.A. Dixit) alla globalizzazione non c'è alternativa, al mercato come valore supremo non c'è alternativa, allo smantellamento del welfare per “salvare” le banche (questo socialismo a favore dei ricchi) non c'è alternativa, alla pauperizzazione della classe media che deve regredire a precariato globale non c'è alternativa, e via dicendo.

La gente comincia a capire che l'euro è un affare per la finanza globale (pochissima svalutazione/inflazione) e nel contempo una catastrofe per la popolazione. La gente comincia a capire che bisognerebbe lasciare fallire le banche e salvare le popolazioni e le conquiste sociali, che l'austerity sine die sta portando oggi solo miseria e difficoltà e domani disperazione e rivolta o guerra civile.

Usano la paura per governarci. Ormai non gli resta altro.

La Tv minaccia con lo spread ma i piccoli imprenditori si suicidano, i disoccupati aumentano, non esiste futuro e la gente comincia a nutrire sentimenti di odio e disprezzo per la casta, per il sistema finanziario e, piu o meno consciamente, disaffezione totale per la macchina burocratico-statale.

Pare di essere nei paesi del socialismo reale nel 1989. L'aria che si respira è quella di fine di un regime inviso a (quasi) tutti. Dopo queste elezioni è caduta la maschera alle élite di potere. La collera popolare ha acquisito visibilità. Il re è nudo, ha ancora lo scettro, ma per quanto ancora, se la legittimità è ormai perduta?

Se poi sommiamo ai voti presi dal M5S il NON voto espresso da chi a votare nemmeno ci va, perchè non vuole legittimare il sistema, perchè anarchico o perchè comunque non gliene frega niente, in tal caso vediamo che oggi in Italia circa uno su due non si sente rappresentato dal sistema in cui è costretto a vivere, per non dire che, se potesse, vorrebbe un cambiamento più o meno radicale.

Questa situazione è per il regime, altamente drammatica.

Nessuno crede più alle menzogne del proconsole impostoci dalla Troika, che ripete come un automa, che la crisi è finita e la ripresa già si vede (anche se è sempre “l'anno prossimo”).

La casta ora è nell'angolo, sa che può perdere il potere e che il paese corre il rischio di una svolta democratica, l'incubo delle élite. I camerieri delle banche potrebbero non avere più gli strumenti necessari per continuare a far obbedire le greggi. I ricchi correrebbero il rischio di essere meno ricchi. Questa è la situazione ora, dopo le elezioni.

Ma non crediamo che il regime molli facilmente la presa sul potere. Sarebbe un errore clamoroso. Storicamente non è (quasi) mai accaduto. Mai come oggi il potere politico (e la sua metastasi mediatica, chiamata eufemisticamente “informazione”) obbedisce a quello economico.

Mai come oggi le istituzioni degli stati cosiddetti democratici sono svuotate e private di qualsivoglia democrazia. Quindi il fatto che il popolo (nella sua parte più consapevole) sia riuscito ad organizzarsi e a vincere una battaglia, una elezione, non significa avere vinto la guerra per la liberazione e la giustizia sociale.

Secondo l'analisi classica di Noam Chomsky, il potere cercherà sempre di mantenersi, distraendo il popolo, spaventandolo, raccontandogli bugie e, fondamentalmente, tenendolo sempre fuori dalla partecipazione alla cosa pubblica: il gregge confuso deve rimanere, nelle moderne “democrazie”, uno spettatore.

Il M5S ha “vinto” le elezioni, ma resta intatta la struttura di potere di un paese semidemocratico come l'Italia, dove permane il conflitto di interessi di uno degli uomini più ricchi del mondo, dove resta un sistema finanziario criminale irriformato, dove restano gli oligarchi nominati dal regime nei gangli della società, resta un complesso militare industriale tra i più potenti (e corrotti) del mondo. E questi poteri, (il vero potere) sono intatti e non sono propriamente contenti di queste elezioni. E non stanno a guardare.

Questi poteri, tramite laloro “fabbrica del consenso” mediatica, riprenderanno il loro terrorismo catodico, cercando di instillarci ogni genere di paura, perchè nulla come la paura fa obbedire la gente, sempre e dovunque.

Cercheranno di spaventare la gente con il famigerato “spread”, così come ieri usavano “l'ebreo internazionale”.

Le pravde di regime cercheranno di intimorirci brandendo il pretesto della “governabilità”, pardon, della “governance”, (come la chiama il quisling della speculazione internazionale Mario Monti), così come ieri dicevano che concedere il voto alle donne sarebbe stato “stolto e irragionevole”.

Cercheranno di continuare a nascondere il fatto che la “crescita” infinita è un'idea folle in un mondo finito e che l'euro, questa moneta partorita non da uno stato ma dal ventre immondo delle banche (private), è un cancro che, se non verrà estirpato quanto prima, porterà i popoli europei alla catastrofe.

I media mainstream continueranno quindi a fare il loro sporco lavoro di omissione e disinformazione, del resto è proprio per questo che sono prezzolati dal regime (“aiuti all'editoria”). Anche se, con internet, forse, il controllo tradizionale sulla popolazione non basta più.

Questo, ripetiamo, certificano le elezioni di febbraio. E il potere vero, quello economico-finanziario, non può agire se non dietro la finzione di quello politico, il teatrino della politica per le masse, mentre le decisioni vere sono prese lontano dal fragore della plebaglia (plebaglia che, parafrasando Brecht, sbaglia pure a votare).

A questo punto, poiché siamo di fronte a una crisi sistemica, per Grillo e il suo movimento si apre una fase nuova. Perlomeno così dovrebbe essere.

Lo stesso Bersani, leader del PdmenoElle, consapevole della sua vittoria di Pirro, ha detto a Grillo di “fare delle proposte”, che tradotto significa entrare a far parte di questo sistema marcio e corrotto. Una tecnica vecchia come il mondo a cui speriamo Grillo non offra il fianco: fare un qualsiasi accordo con la casta significherebbe perdere per sempre la “verginità”, significherebbe diventare parte del regime. Il M5S sarebbe finito. Perlomeno come elemento di rottura, antisistema, rivoluzionario che dir si voglia.

E qui, siamo di fronte non a una questione politica bensì storica, per questo Grillo non dovrebbe fare politica ma la storia. E la storia non si fa accettando un compromesso col regime; la storia si fa trasformandosi definitivamente in una vera forza rivoluzionaria che spazza via il vecchio regime e ne instaura un altro, magari (ci auguriamo) democratico.

Il M5S è una forza politica creata in pochissimo tempo da Grillo e gli spin doctor della Casaleggio, che è riuscita ad organizzare la protesta e l'ira di moltissimi italiani, con mezzi modestissimi e sfidando un apparato mediatico di regime tra i più potenti del mondo. Questa è una impresa straordinaria. Storica. Ma non basta.

Urge, dopo la bomba elettorale, spostare la lotta su un piano ulteriore, superando anche i punti del programma elettorale.

La domanda ora è: compromesso col regime o rivoluzione democratica? Questo sistema socio-economico corrotto e in declino è riformabile o va ripensato e ricostruito? Questa burocrazia totalitaria è riformabile o va spazzata via e sostituita da altre istituzioni?

O Grillo e il suo M5S è una forza veramente antisistema, rivoluzionaria, che vuole veramente proporre una società diversa, una (de)crescita diversa, un'etica diversa, una visione diversa, da quelle imposteci sin'ora.

Oppure quella di Grillo si rivelerà solo l'organizzazione di un malcontento fine a se stessa e che quindi non produrrà nulla, ma verrà normalizzata, fagocitata dal ventre del mostro.

Grillo dovrebbe riflettere su questo momento storico e domandarsi se, a fronte di un risultato elettorale inimmaginabile sino a poche settimane fa, non sia il caso di approfittarne per dare una spallata al regime e farlo crollare definitivamente.

Grillo è riuscito nell'impossibile impresa di non usare violenza per arrivare sin nei palazzi del potere politico, anche per questo ha vinto, e gliene siamo grati perchè aborriamo la violenza. Ma ciò non significa che, con questo potere in mano, non si possa pensare di fare una rivoluzione, pacifica, libertaria, sociale.

Ma bisogna esserne consapevoli, e poi volerlo. È un passaggio difficile, un cambio di paradigma che richiede ulteriore coraggio.

Bisogna cominciare a vedere le cose come quei leader che hanno cambiato il mondo. Grillo e i neo parlamentari a 5 Stelle dovrebbero coordinarsi, come in una moderna Pallacorda e giurare che mai scenderanno a patti col vecchio regime e che faranno di tutto per abbattere quelle istituzioni marce e corrotte, senza minimamente venirci a patti.

Si dovrebbe dire, chiaro e tondo, che con queste elezioni è iniziata un processo storico di cambiamento e battere su questo punto fondamentale, perchè e su questo punto che si può spazzare via il vecchio regime, altro che alleanze o “governi di scopo” con la casta.

Grillo potrebbe proporsi come leader rivoluzionario (e temporaneo) di una rivoluzione pacifica e non violenta, attuata tramite la pattuglia di eletti nei palazzi del potere, con l'obiettivo di abbattere le istituzioni irriformabili del paese e di rinnovare radicalmente le altre.

Come si diceva più in alto, sarebbe necessario integrare il programma del M5S con alcune riforme radicali essenziali.

Tali riforme dovrebbero essere radicalmente contro le banche, contro la finanza internazionale, contro la deregulation, contro la burocrazia, contro i monopoli e a favore della popolazione delle classi lavoratrici e medie, (colpendo le classi agiate), a favore del welfare, dei diritti del lavoro e dei più deboli. Colpendo senza alcuna pietà il privilegio e la rendita, dovunque essi siano.

Non solo reddito di cittadinanza quindi, ma anche referendum sull'euro (catastrofe), audit sul debito (odioso), no alla guerra e al militarismo, no alle grandi opere, protezionismo per l'agricoltura e la manifattura nazionale, rinegoziazione di tutti i trattati europei, in primis MES e pareggio di bilancio per lo stato.

Servirebbe un'altra elezione via web, per vedere se sia possibile dare a Grillo tali poteri “dittatoriali” (nel senso del diritto romano, ma anche Schmitt o Lenin) per abbattere il regime ma, in sostanza, si seguirebbe la falsariga delle “parlamentarie grilline”.

Lo so, un dittatore non piace a nessuno, ma se siamo in guerra, serve la massima coordinazione, e poi parliamoci chiaro, il M5S senza Grillo avrebbe preso le percentuali di Giannino. Il M5S è Grillo, le sue parole, il suo impeto debordante, la sua indignazione contagiosa.

Nelle rivoluzioni, come nelle guerre, come in ogni impresa, serve un capo, meglio se scelto in battaglia. La democrazia viene dopo. Purtroppo è il prezzo da pagare per abbattere il sistema e dare uno shock al paese, fargli capire che bisogna veramente cambiare.

Se ci si chiedesse a che modelli pensiamo non potremmo che indicare l'attuale Sud America, dove i presidenti sono ex guerriglieri, ex sindacalisti, ex operai, dove i presidenti sono donne, come in Argentina e Brasile. Il Sud America sta, in questi anni, ribellandosi a secoli di sottomissione.

Se lo fanno loro perchè non può farlo anche l'Italia, o almeno provarci? Grillo dittatore. Ma vorrei dire ispiratore. Per ricominciare a pensare che piuttosto che un solo piccolo imprenditore si suicidi, piuttosto che un solo operaio muoia sul lavoro, è meglio molto meglio che tutto il casinò internazionale della borsa e delle banche fallisca per sempre.

Per cominciare a pensare che il capitalismo industriale, quella forma di organizzazione sociale iniziata in Europa alla fine del XVIII secolo con la macchina a vapore, di cui il finanzcapitalismo attuale è l'orrenda forma suprema, è finito per sempre.

Servirebbero poi altre misure, come il boicottaggio e la disobbedienza civile, tecniche ben illustrate nel famoso pamphlet di Gene Sharp (“Come abbattere un regime”), ma alla fine anche il popolo italiano potrebbe avere la sua piccola rivoluzione. E la rivoluzione, non dimentichiamolo, è fonte di diritto.

Grillo dittatore. Grillo come un capo partigiano. Ma vorrei dire Grillo come ispiratore. Narratore. Sì, narratore, perchè se Grillo è riuscito a fare, nel bene e nel male, ciò che ha fatto, è stato perchè, infondo, ci ha racontato la nostra storia, con le sue parole ci ha svelato noi stessi.

La liberazione, però, spetta a tutti noi. E se sapremo trovare o ritrovare lo spirito dei partigiani che combattono, combatterono e sempre combatteranno sulle montagne, allora impareremo cos'è la libertà.

Quella libertà che, come diceva Piero Calamandrei, “non nasce nei salotti e nei palazzi, bensì in tutti i luoghi di lotta e di dolore dove i fratelli sono caduti per restituire a tutti i cittadini italiani dignità e libertà. Nelle montagne della guerra partigiana, nelle carceri dove furono torturati, nei campi di concentramento dove furono impiccati, nei deserti o nelle steppe dove caddero combattendo, ovunque un italiano ha sofferto e versato il suo sangue per colpa del fascismo, ivi è nata la nostra Costituzione.

Se essa può apparire alla decrepita classe politica che lotta vanamente per salvare i suoi privilegi come un'inutile carta che si può impunemente stracciare, essa può diventare per le nuove generazioni, che saranno il ceto dirigente di domani, il testamento spirituale di centomila morti, che indicano ai vivi i doveri dell’avvenire”.

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