• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Europa > Loi Travail: la riforma che cancella i diritti

Loi Travail: la riforma che cancella i diritti

La Francia è in subbuglio. Continua il braccio di ferro tra un Governo che ha deciso di portare a compimento la riforma di legge sul lavoro “Loi travail”, che corrisponde al “Job act” italiano, ed un Paese che dice no. Però sono rimasti soltanto pochi giorni per lottare; il 20 luglio la riforma francese del mercato del lavoro entrerà in vigore, nonostante chi vede in quella riforma la cancellazione dei diritti dei lavoratori, lo strapotere di chi può licenziare facilmente senza tenere più conto dei contratti collettivi. C’è chi dice no a una legge che non serve a frenare la disoccupazione galoppante e ad attenuare lo stato di crisi in cui versa anche la Francia. Sembra strano che la culla dei principi ispiratori di ogni democrazia compiuta, possa cedere così facilmente sotto i colpi di quell’imperialismo finanziario che domina oramai tutta l’Europa ed al quale pochi paesi tentano o pensano di sottrarsi.

La Gran Bretagna ha intrapreso la sua lunga marcia verso quel traguardo e tutti i segnali, nonostante la narrazione delle prefiche europeiste, indicano che la più grande monarchia d’Europa raggiungerà la meta. Ma in Francia no; la sua classe dirigente e è arroccata nel suo palazzo; intenta a eseguire, pedissequamente, i dettami che vengono dalla UE. L’Europa glielo chiede a Parigi, e Parigi, la capitale della Rivoluzione più celebre del mondo, non se le fa ripetere due volte le cose. Peggio ha fatto e continuerà a fare solo l’Italia; cattivo esempio e ventre molle di tutto il sistema dell’Europa unita, laddove tutto passa; dal “fiscal-compact” alla politica del “venite tutti qui” che fa arricciare il naso agli stati membri della UE che ritengono di conservare ancora un minimo orgoglio di sovranità nazionale. A conti fatti, la monarchia in Francia forse era meno impopolare di quanto sia oggi il governo di Francois Holland e del suo primo ministro che non ha mancato di attuare un altro colpo di mano per far passare una legge di riforma del mercato del lavoro che i francesi non vogliono.

Manuel Valls, il primo ministro di Holland, ha fatto ricorso alla procedura dell’articolo 49.3 per bypassare il voto del Parlamento e fare arrivare direttamente all’Assemblea Nazionale la legge sulla Loi Travail. Dopo questa ennesima decisione la Destra ha abbandonato gli scranni dell’aula, e mugugni e dissensi non sono mancati nemmeno nelle fila del partito socialista a cui appartiene lo stesso Valls. Per costoro il disegno di legge è un tradimento in piena regola dei valori della sinistra e così facendo si generano le premesse per scavare un baratro tra società civile e Governo in carica, chiuso nelle sue ragioni nonostante le reiterate proteste dei cittadini francesi che stanno dando luogo a cortei e manifestazioni in tutto il Paese.

Incidenti si sono registrati, mercoledì 6 luglio, a Rennes e Nantes; cortei si sono svolti a Marsiglia e Tolosa, mentre Parigi è stata controllata dall’alto da un elicottero della Polizia mentre a terra ha usato lacrimogeni e fatto ricorso a cariche di alleggerimento. Allo stato attuale sono 12 i fermi e la protesta è stata molto partecipata. La Francia rischia di scoppiare. Gli scioperi attuati prevedono a turno la mobilitazione di alcune categorie di lavoratori. Tra lunedì e martedì hanno cominciato ad incrociare le braccia i camionisti; si sono fermati i lavoratori della rete ferroviaria ed a seguire i marittimi; poi è toccato agli aeroporti. Nonostante il clima teso e da guerra civile, Hollande ha ribadito che la legge seguirà l’iter parlamentare e sarà approvata.

Il 20 luglio dovrebbe entrare addirittura in vigore. Questa prova di forza rischia di scardinare i principi di libertà e democrazia così cari ad una nazione come la Francia che ha sempre fatto storia, paladina dei diritti civili, di colpo declassata, inascoltata ripiombata ai tempi della “Comune di Parigi” dove i lavoratori lottavano contro poteri che usavano qualsiasi mezzo pur di far valere le proprie ragioni. Parigi, dove le voci del dissenso non mancano non può riavvolgere la pellicola della sua Storia e ripiombare nella dittatura, non può lasciare che la libertà venga tradita da una globalizzazione che sta solo provocando povertà, ed ingiustizie. Ci sarà un nuovo 1848 in questa Europa governata dall’impero della finanza e delle banche? Quando si calpesta la dignità e le catene della schiavitù tintinnano nitidamente, la ribellione diventa la chiave per aprire quelle maglie che consumano la carne dei polsi e fanno male. Ma c’è da chiedersi quale sia la logica che sottende talune scelte della UE. Appare evidente che il concentrarsi delle attenzioni sulle tematiche del lavoro e della immigrazione risponda al principio dei vasi comunicanti.

La logica, qualora fosse quella, sarebbe a dir poco aberrante: meno salario, meno diritti per i cittadini europei che hanno un lavoro, (“Job-act” e “Loi travail”), maggior ricorso alla schiavitù (nel più prossimo dei futuri possibili), seppure oggi quest’ultima abbia un nome diverso e si chiami accoglienza.

 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità