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Lettera al Presidente sul 25 Aprile


Gentile Presidente,

le scrivo in merito al sospetto, ventilato anche dal suo ministro Ignazio La Russa, che anche quest’anno il 25 aprile la possa vedere come disertore.

Volendo parlare di storia e non di vita vissuta nelle pieghe della pelle, credo anch’io che sia paradossale chiamare "liberazione" l’invasione di un esercito fino a poco prima nemico, visto anche l’accertato credo fascista del tempo in Italia, nonchè la continua volontà di passare alla storia del popolo italiano per saltare sul carro del vincitore.

Tuttavia il 25 Aprile non può essere un giorno come un altro
.

Il 25 Aprile, presidente, è il giorno in cui tendendo l’orecchio verso Vercelli, o Novara, si possono sentire levare in cielo assieme al polline i canti delle mondine. Se ne può raccogliere frammenti, tra le lacrime, di sudore, fatica e stupore di una vita che non ha speranza di elevarsi.

Il 25 Aprile, presidente, volgendo lo sguardo alla piazza, socchiudendo gli occhi, potrebbe vedere davanti a sè Caserio alzare alto il nome del popolo, alcuni secondi prima che la ghigliottina francese gli tranciasse la testa.

Il 25 Aprile, presidente, è il giorno di chi per un ideale ha dato la vita, come fecero Sacco e Vanzetti, in una terra lontana, nemici solo perchè di origine oscura, diversa. Uno puzzava probabilmente di pesce, l’altro forse di cuoio, ma la loro anima era immacolata.


Il 25 Aprile, presidente, è il giorno della democrazia, il giorno in cui volgendo lo sguardo a queste lande colorate, tra la Toscana e l’Emilia, dure e polverose, potrà osservare come la terra si tinga di rosso al solo nominare il nome del Diavolo, Al Dievel.

Il 25 Aprile, comunque la voglia vedere, presidente, è la festa di tutte quelle anime represse dalla controffensiva slava in Istria, anche la loro offesa ed i loro ultimi respiri sono padri della democrazia e di questa repubblica.

Il 25 Aprile, presidente, è il giorno in cui vedendo gli occhi fieri di un uomo, potrà ricordare gli occhi di Salvo D’Acquisto, eroe di puro altruismo, che si autoaccusò di una esplosione ai danni dei nazisti per non far seguire a quella alcuna repressione.

Il 25 Aprile, presidente, è il giorno in cui si alza qualche spanna sopra questa terra polverosa e ingrata, il nome del popolo; lo stesso giorno in cui il popolo si prende il diritto di avere scelto, combattuto, per questa patria.

Non sono, proprio io, il simbolo dei patrioti, presidente. Non mi azzarderei a dipingermi come manifesto dei partigiani. Tuttavia mi sento in dovere di riconoscere a chi ha dato la vita per me, per la mia libertà, quantomeno un senso di riconoscenza senza riposo.

La saluto, sicuro di non avere risposta, sperando in una sua lettura.

(lettera inviata veramente a Berlusconi, al suo indirizzo e mail alla Camera e alla presidenza del consiglio).


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