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Le due leggi di Moore e la singolarità tecnologica

In matematica se una funzione non è continua in un punto c del suo dominio si dice che c è un punto di discontinuità o singolarità. Al di fuori delle rigide terminologie matematiche, la singolarità tecnologica identifica il momento del sorpasso dei sistemi elettronici sull’uomo, in altre parole è il punto di non ritorno in cui l’uomo riuscirà a progettare e costruire, grazie all’indispensabile contributo delle nanotecnologie nel quantum computing o nel DNA computing, il primo computer super intelligente.
 
Le leggi di Moore possono dare un’indicazione attendibile sui tempi necessari all’evoluzione della sopra enunciata singolarità tecnologica. Infatti, l’enunciato della prima legge di Moore dice che le prestazioni dei processori, e il numero di transistor ad esso relativo, raddoppiano ogni 18 mesi.
 
Nel 1965 Moore intuì che le prestazioni dei microprocessori sarebbero raddoppiate ogni 12 mesi. Dieci anni dopo questa previsione si rivelò ancora corretta e prima dell’inizio del successivo decennio i tempi del raddoppio si allungarono a 24 mesi, periodo che rimase valido per tutti gli anni Ottanta.
 
La legge è stata riformulata alla fine degli anni Ottanta nella sua forma definitiva, elaborando una media aritmetica tra le due previsioni precedenti fermandosi ad un raddoppio delle prestazioni dei processori ogni 18 mesi.
 
Negli stessi anni Arthur Rock osservò con gran timore, vista la sua posizione di finanziatore della Intel, che il costo dei macchinari per la fabbrica di cui era azionista, raddoppiava circa ogni quattro anni. Da qui una prima osservazione su cui fondare una nuova legge, evidenziando il concetto che il costo delle apparecchiature per costruire semiconduttori raddoppia ogni quattro anni. In seguito, da queste osservazioni, Moore integrò definitivamente la sua legge originaria con una seconda, asserendo che il costo di una fabbrica di chip raddoppia da una generazione all’altra.
 
Con questa seconda legge si cominciò a ragionare sull’osservazione della dinamica dei costi legati alla costruzione delle nuove fabbriche di chip, poiché questi costi erano cresciuti ad un ritmo superiore rispetto all’incremento di potenza dei processori.

 
Oggi siamo a conoscenza che abbiamo bisogno di circa 10^16 calcoli al secondo (cas) per ottenere un equivalente funzionale di tutte le regioni del cervello. I supercomputer contemporanei sono già a 10^14 di cas e si prevede che raggiungeranno i 10^16 cas verso la fine del 2020.
 
Ritorniamo al concetto di singolarità tecnologica che fu coniato per la prima volta nel 1993 da Vernor Vinge. Secondo Vinge, entro il 2030, avremo a disposizione le tecnologie necessarie a creare intelligenze artificiali super-umane.

Il perfezionamento dello scaling nel campo dell’hardware e l’approfondimento delle ricerche biotecnologiche e nanotecnologiche potrebbe portare alla creazione di computer coscienti, con intelligenza nettamente superiore a quella umana. Questi perfezionamenti dell’hardware, come è stato detto, sono confermati pienamente dalle due leggi di Moore, la prima per il mantenimento del trend dimensionale costantemente decrescente, la seconda per una costante temporale dell’incremento dei costi che rende fattibile un’efficiente programmazione degli investimenti a favore di un miglioramento delle prestazioni di sistemi elettronici sempre più evoluti.
 
Lo sviluppo di queste tecnologie nanotech porterebbe fra le altre cose, anche alla progettazione di modelli di intelligenza amplificata contraddistinti dall’integrazione biotecnologica tra uomo e telematica verso livelli di intelligenza “post-umana”.
 
Quindi nella futurologia, una singolarità tecnologica potrà rappresentare un punto, previsto nello sviluppo di una civilizzazione, dove il progresso tecnologico accelera oltre la capacità di comprendere e prevedere degli stessi esseri umani. In ogni caso, il fatto che una singolarità tecnologica possa mai avvenire, è in questo periodo materia di dibattito.
 
 

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