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Le dimissioni "lente" di Berlusconi, facendo i propri interessi e tradendo l’Italia

"Il fare in questo momento della tattica politica, il cercare di ottenere vantaggi elettorali dalla tragedia di tutto il paese, può essere definito solo con un termine di cui si è finora abusato: è un vero tradimento dell’Italia e degli italiani".

Tra tutti gli scenari, quello che si è delineato ieri è il peggiore; tanto pericoloso per le sorti del Paese che, attribuendo alla nostra pseudo-destra un minimo di senso di responsabilità, pensavo che non si sarebbe realizzato. Pensavo, nella mia dabbenaggine, che alle dimissioni di Silvio Berlusconi sarebbe immediatamente seguita la formazione di un Governo di Unità Nazionale, affidato a Monti (proprio ieri nominato Senatore a vita) o a qualche figura di simile caratura.

La situazione del nostro debito mi pareva tanto drammatica da rendere una simile situazione inevitabile. E' l'equivoco in cui è caduto ieri sera il mercato statunitense che ha festeggiato con netto rialzo la notizia delle dimissioni del nostro Presidente del Consiglio. Hanno pensato, anche gli operatori americani, che fossero rimasti un minimo d’amor di Patria nel cuore di Silvio Berlusconi ed un minimo di ragionevolezza nella sua parte politica.

Pare invece che si voglia creare un "governicchio di transizione" per andare, nel giro di qualche mese, ad elezioni anticipate; ad elezioni da cui, con ogni probabilità, uscirà pure un'altra maggioranza debole, di qualunque colore sia, nei numeri quanto nella coesione interna.

Una soluzione dunque, che è tale solo per Silvio Berlusconi che, condizionando le proprie dimissioni all'approvazione della Legge di Stabilità, mette l'opposizione con le spalle al muro e può pensare, approfittando di questi mesi d'interregno, si ricostruirsi una "verginità" agli occhi dei propri elettori storici: sia lui o un altro il candidato del PDL, di sicuro la sua campagna elettorale sarà all'insegna dell'antieuropeismo e, dell’opposizione ad una “sinistra” che sarà dipinta come il partito dell’Europa e, orrore, delle tasse.

Una simile operazione, anche appoggiata dal solito bombardamento mediatico, ben difficilmente porterà ad una vittoria elettorale della pseudo-destra, ma darà sicuramente risultati sufficienti a garantire la sopravvivenza politica del PdL; a far sì che, anche nel prossimo Parlamento, gli interessi della famiglia Berlusconi siano degnamente rappresentati.

E gli interessi del Paese? Di questi, Silvio Berlusconi ha sempre tenuto pochissimo conto e molti dei suoi sostenitori ancora non hanno capito da che parte stiano. I commenti con i quali si compiacciono dell’arguzia del proprio beniamino, mi fanno letteralmente cadere le braccia; il berlusconismo, a questo punto, più che un movimento politico pare essere una forma di parestesia, affine al feticismo o al masochismo, e il libro da leggere per comprenderlo non è il trattato di qualche politologo o sociologo, ma il classico Psychopathia Sexualis di Richard Freiherr von Krafft-Ebing.

Difficile anche capire cosa abbiano avuto in mente, fino ad ora, i vari capi e capetti delle forze d’opposizione. Il fatto che ancora non vi sia tra loro un accordo esplicito e che non si siano dati un rappresentante comune, un futuro candidato alla Presidenza del Consiglio, quando era evidentissimo da mesi (o anni) che la situazione poteva precipitare in qualunque momento, racconta della loro miopia e della loro incapacità, fino ad ieri, di alzarsi dal livello bassissimo di una politica fatta di poca capacità polemica e nessuna capacità propositiva.

La reazione dei mercati (ieri il differenziale tra Btp e Bund ha sfondato quota 570) ci dice che solo una, sempre quella, è la nostra, peraltro a questo punto strettissima, via di salvezza: che va immediatamente formato un governo di solidarietà nazionale, affidato ad un tecnico di riconosciuta competenza, che prenda tutte le misure necessarie a fermare l’emorragia finanziaria che sta dissanguando l’Italia.

Non si tratta di rinunciare alla politica, bensì di posporre a dopo l’uscita dalla crisi la resa dei conti tra i nostri politicanti; di rinviare a tempi migliori la risoluzione di questioni che, nella drammatica situazione attuale, appaiono come beghe di cortile.

Alla politica, se si arrivasse a formare il governo che ipotizzo (e che mi pare di capire vuole il Presidente della Repubblica), resterebbe il compito importantissimo di rifare la legge elettorale e di definire, con calma, alleanze e programmi in vista di elezioni che, ad ogni modo, non potrebbero essere troppo lontane.

Altrimenti? Inutile farsi illusioni, non si esce dal baratro in cui siamo precipitati senza fare, tutti quanti, sacrifici straordinari. Sacrifici che nessun governo del 51% può chiedere senza firmare, contemporaneamente, la sentenza di morte per i partiti che lo sostengono.

L’Italia è un moribondo che può essere ancora salvato, ma solo se operato da un abile chirurgo. Un chirurgo a cui tutti saranno grati, poi, ma che dovrà fare un male atroce al paziente. Esitare e perdere altro tempo, renderà l’operazione ancora più difficile e, tra poco, impossibile.

Il fare in questo momento della tattica politica, il cercare di ottenere vantaggi elettorali dalla tragedia di tutto il paese, può essere definito solo con un termine di cui si è finora abusato: è un vero tradimento dell’Italia e degli italiani.

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