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La scuola di oggi alla ricerca di modelli

Mi sono chiesta spesso quale possa essere il messaggio conclusivo da affidare ai ragazzi che si preparano a diventare adulti, che varcano la soglia della scuola media e con occhi nuovi, con autenticità e pulizia interiore, scelgono qualcosa per sé, per quella parte della propria personalità ancora in fieri, tutta da costruire, e che già, tuttavia, si delinea nella scelta della scuola superiore.

di Maura Melissano

 Quel viaggio interiore che li conduce a conoscere sempre meglio capacità ed attitudini, che li aiuta a declinare le sfaccettature di un sogno personale e professionale, che, pur senza aver l’ambizione di realizzarsi, nutre gli anni inquieti dell’adolescenza e, talvolta, diventa realtà. Eppure, in un tempo così avaro di certezze, ma largo di modelli effimeri e patinati, forse la proposta di personaggi che nel tempo hanno contribuito in modo significativo a scrivere la storia della nostra società ed a lasciarne un segno indelebile, oltre che un esempio valido, può rivelarsi come promessa attuata come occasione di riflessione e spunto per la costituzione della propria realtà personale.

Un modello che mi ha colpito e mi è parso testimonianza forte per il messaggio umano e morale che si può trarre è quello di Rita Levi Montalcini, in grado di porsi come figura di riferimento per le nuove generazioni nella convinzione che lo studio delle scienze non costituisca solo un bagaglio culturale, ma sia il tracciato lungo cui istituire e comprendere le relazioni dell’uomo con gli altri esseri viventi e con l’ambiente in cui si vive. La scienza è, in altri termini, criterio di lettura dell’esistenza, capacità di discernere ed istituire rapporti umani e sociali.

Seguire, oggi, la lezione della Montalcini significa affrontare con competenza il lavoro di costruzione di sé, lavorare e pensare “con la propria mente”. “Pensate alla mente, non al corpo”, diceva lei invecchiando. Una frase emblematica per una donna che proprio per la scoperta del fattore di crescita nervoso (NGF), avrebbe dovuto credere solo all’esistenza del cervello, e che punta, invece, sul concetto di mente, sulla sintesi cioè di pensiero, intuizione, ragione, memoria e volontà.

Un ottimismo che ella definiva “epigenetico”. La sua fermezza e il suo coraggio le furono riconosciuti più volte sia in vita che subito dopo la morte, come quando il dottor Veronesi, parlando di lei nel corso di un’intervista al Tg, ebbe a rappresentarla come “un’alleata insostituibile nelle battaglie di pensiero più difficili: per la ricerca scientifica, per il diritto all’autodeterminazione della persona e le libertà di scelta correlate, per la valorizzazione dei giovani e della donna”. Doppiamente straordinaria perché donna, perché donna scienziato. Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente, hanno dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale.

Lungo la linea di discrimine che segna il passaggio al Novecento, in cui le scoperte scientifiche e il progresso tecnologico ridisegnano la nostra appartenenza al reale e il nostro mondo di valori, la Montalcini in un tempo come quello attuale così fervido di ricerca, così proiettato verso il superamento del limite imposto dall’epidemia, appare di estrema attualità. Non elude il confine tra il bene e il male, ma sostanzia la propria ricerca dell’attenzione verso l’altro da sé e si proietta oltre rigidi confini, verso l’acquisizione di un metodo di lavoro rigido e di un modo di pensare autenticamente moderno e mi piace pensare possa essere insieme ad altri personaggi di grande statura umana, scientifica e morale, il riferimento per la scuola che viene.

Foto Pexels

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