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La sconfitta di Angela e l’ottimismo di Mario

I risultati elettorali in Nordreno-Westfalia rendono più probabile una soluzione europea alla crisi del debito. Sempre che sia rimasto abbastanza tempo.

La politica ha i suoi tempi; i mercati, purtroppo, ne hanno altri, assai più rapidi. E’ questo che non mi fa essere ottimista per quanto riguarda il futuro a breve termine dell’Europa e dell’Italia. Il timore per quel che sta accadendo in Grecia, dove sembra ormai quasi sicuro si debba tornare alle urne, per l’incapacità delle forze politiche di formare un governo, rischia infatti di far precipitare la situazione prima che si riesca a trovare una nuova via europea alla soluzione della crisi.

Nuova via che, peraltro, appare sempre più possibile, dopo che elezioni nel più popoloso dei lander tedeschi, il Nordreno-Westfalia, hanno fatto registrare una clamorosa sconfitta della CDU di Angela Merkel, che ha perso un quarto dei propri voti in quella regione  passando dal 34 al 26%. Un risultato solo in parte atteso e solo in parte spiegabile con il “logorio del potere”, che, per quanto possa essere “solo” locale, è anche una sonora bocciatura della politica economica tutto rigore del Cancelliere.

Il candidato della CDU in Renania Settentrionale, il ministro dell’Ambiente e merkeliano d.o.c Roettgen, aveva infatti incentrato sull’economia la propria campagna elettorale, accusando il governatore uscente Hannelore Kraft di mantenere livelli troppo elevati di spesa pubblica. L’elettorato della Ruhr, invece, ha premiato proprio la Kraft, rappresentante della SPD, il più antico partito della sinistra europea, che ha replicato con un secco “troppi tagli e troppa austerità producono miseria, come nei paesi del Sud Europa ” e ha visto salire il proprio consenso fino al 39%.

Una sconfitta del proprio partito e una vittoria della sinistra (completata dal 12% raccolto dai verdi), su cui Merkel, che pure dichiara di non essere intenzionata a cambiare la propria linea in Europa, dovrà iniziare a riflettere, mentre si approssima il suo primo incontro con il nuovo presidente francese Hollande.

Di questo si rende conto anche Mario Monti che, nonostante la raffica di cattive notizie in arrivo dagli altri fronti (nuovo record del nostro debito pubblico e flessione, rispetto all’anno scorso, delle entrate statali), ha commentato quanto è accaduto a  Düsseldorf e dintorni lasciandosi sfuggire un “la svolta è a portata di mano” che è quanto di più ottimistico lo si sia sentito dire da quando è in carica.

Un ottimismo, quello del nostro presidente del Consiglio, che è comprensibile solo se si è capaci di guardare oltre le apparenze della sua politica e la freddezza “istituzionale” con cui ha accolto l’elezione di Hollande.

Monti per primo, infatti, sa che una politica di austerità non ha mai fatto uscire un paese dalla crisi, e non è un caso che gli sforzi della nostra diplomazia abbiano fin qui perseguito l’approvazione della Golden Rule, che dovrebbe permettere di non conteggiare gli investimenti e la spesa per la ricerca nei calcoli del deficit. Tagli e tasse, quanto Monti ha in buona sostanza fatto sinora, hanno risposto ad un duplice scopo. Il primo, quello elementare della nostra immediata sopravvivenza, convincendo fin qui i mercati a prestarci i soldi di cui avevamo bisogno. Il secondo, quello di comunicare ai cittadini, prima ancora che ai politici, degli stati settentrionali d’Europa, che l’Italia, per quanti errori possa aver commesso in passato, è intenzionata a redimersi; che aiutarla non significa gettare risorse nel pozzo senza fondo di una spesa pubblica fuori controllo.

Sempre, nella visione di Monti, è infatti apparsa chiara la necessità di una soluzione europea dei nostri problemi. Qualcosa che la rielezione di Sarkozy  avrebbe maledettamente complicato e che, invece, assomiglia molto al  nuovo “new deal”, imperniato su nuovi investimenti strutturali, sulla creazione degli eurobond e sull’ampliamento del ruolo della BCE che Hollande vorrebbe far accettare a Merkel.

L’incontro tra Monti ed Hollande che avverrà venerdì, a lato della riunione del G8 a Camp David, è, dunque, quello tra due naturali alleati. Difficile che riescano in quell’occasione a fare molto più che concordare un’azione comune per far approvare la Golden Rule già nel corso del vertice UE del 23 maggio. Probabile però che si inizi a parlare anche di quelle misure di carattere monetario che sole, a questo punto, possono stabilizzare il debito italiano e spagnolo.

Misure a cui Monti deve aver sempre puntato, di cui Merkel fino ad ora non ha mai neppure voluto sentir parlare, ma che, mentre la Grecia ha un piede e mezzo fuori dall’Euro, le borse affondano e gli spread corrono, sono sempre più urgenti.

Tanto, forse, da non lasciare a François, dopo essersi messo d’accordo con Mario, il tempo necessario a convincere Angela.

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