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La repressione amministrativa con i fogli di via

La nuova frontiera della repressione: i fogli di via – Maurizio Bongioanni

 

È la mattina del 12 agosto quando Caterina, attivista climatica di Extinction Rebellion Torino, riceve una telefonata inaspettata: deve recarsi agli uffici di polizia di Pinerolo per firmare la revoca del foglio di via con il quale il questore di Torino l’aveva allontanata per un anno dalla città in cui vive e studia. Il foglio di via le era stato notificato il 25 luglio 2022, quando altre due attiviste di Extinction Rebellion, Vic e Delfina, erano salite con una scala sul balcone del palazzo della Regione Piemonte per appendere uno striscione con scritto “Benvenuti nella crisi climatica: siccità, è solo l’inizio”. Un modo appariscente, ma nonviolento, per raccontare a tutta la città le responsabilità di una Giunta regionale che solo qualche mese prima aveva presentato e approvato in Consiglio tre ordini del giorno, tutti e tre firmati dalla destra, per chiedere al governo di prendere maggiormente in considerazione proposte di produzione energetica per mezzo di centrali nucleari, incenerimento dei rifiuti e di aumentare le estrazioni nei giacimenti di gas nazionali.

L’azione dimostrativa di Vic e Delfina si era conclusa per ordine del questore con il sequestro dell’impianto (casse e microfoni) con cui le attiviste facevano sentire la propria voce in piazza, striscioni, 22 denunce e 15 fogli di via dalla città. Tutte le persone presenti in piazza, infatti, anche chi distribuiva volantini o faceva foto, hanno ricevuto una denuncia: gli articoli violati, secondo le autorità, erano quelli relativi all’invasione di edifici o terreni e quello di “manifestazione non preavvisata”. Ma ciò che aveva fatto più discutere era stata la scelta del questore di espellere da Torino 13 persone – delle 22 denunciate – per un periodo di uno o due anni. I fogli di via obbligatori sono misure di prevenzione personale previste per «i soggetti che […] mettono in pericolo […] la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica» secondo il decreto legislativo 159 del 2011.

«Su consiglio dell’avvocato, abbiamo immediatamente inoltrato istanza di riesame alla questura in relazione al foglio di via» – spiega Caterina –. «L’esito positivo è arrivato in meno di tre settimane. Questa è la evidente conferma della necessità di fare marcia indietro su una decisione arbitraria e illegittima del questore di Torino». Quello di Caterina non è l’unico foglio di via ad essere stato revocato. Ad oggi la convocazione in questura è arrivata anche ad Alessio e Pedro. Ma se da una parte le autorità stanno revocando alcuni provvedimenti presi quel giorno, altri ne stanno arrivando a settimane di distanza dalla manifestazione. «Il 5 agosto ho ricevuto una chiamata dalla questura di Bologna, città in cui vive la mia famiglia, per dirmi che sarei dovuta rientrare entro 24 ore, in modo da ricevere la notifica del foglio di via» – è la testimonianza di un’altra attivista, Noemi –. «Ho dovuto lasciare tutto da un giorno all’altro. Ancora oggi non so se potrò tornare a vivere nella città in cui ho un affitto, in cui studio e in cui avrei dovuto iniziare un nuovo lavoro a partire da settembre».

Delfina, una delle due ragazze che si è arrampicata sul balcone, non ha ricevuto la notifica per il foglio di via, in teoria perché è residente nella città ma deve attendere l’esito della denuncia. «Ciò che mi spinge a partecipare a queste manifestazioni e ad assumermi tutti i rischi, è la consapevolezza che non sto facendo nulla di violento e nemmeno di così assurdo. Quello che perderemo, e che nel mondo molti di noi stanno già perdendo, è nulla in confronto a qualche denuncia. Sono molto più terrorizzata da ciò che mi attende in futuro, dal collasso sociale che ne verrà, che dalla reazione delle istituzioni e delle forze dell’ordine». Delfina è alla costante ricerca di dialogo e le manifestazioni organizzate sinora sono state pacifiche. «Consiglio e Giunta regionali agiscono per curare il danno a posteriori: prendiamo il caso siccità» – continua –. «Si investono soldi per riparare le dispersioni degli impianti idrici ma se poi non c’è acqua da far scorrere il problema non è risolto a monte. Insomma, nelle politiche attuali manca totalmente la prevenzione affinché determinati problemi non si ripetano in futuro. Per ottenere un Consiglio regionale aperto alla cittadinanza su questo e altri temi climatici abbiamo dovuto intraprendere uno sciopero della fame. A conferma che la disobbedienza civile è l’unico modo per farsi ascoltare. Queste denunce possono essere l’occasione per attirare l’attenzione su questi temi».

«Queste misure sono totalmente illegittime, perché la maggior parte di noi vive, studia e lavora a Torino» – ribadisce Alessio, costretto a rientrare forzatamente a Roma, città in cui vive la sua famiglia –. «Io ho perso il lavoro a causa di un foglio di via che il questore sapeva benissimo di non poter notificare. Chi mi ripagherà per tutti i danni subiti?». Per gli attivisti la strategia della questura è quella di tagliare le gambe alla protesta, silenziare la voce dei manifestanti che chiedono più attenzione e azioni concrete per contrastare la crisi climatica. «L’acqua che sta scendendo nei bacini idroelettrici piemontesi è acqua glaciale, cioè che è dovuta purtroppo allo fusione dei ghiacciai per l’innalzamento dello zero termico, quindi non è una bella notizia: arriva acqua, ma stiamo perdendo le riserve», ha ammesso l’assessore regionale all’ambiente Matteo Marnati, in quota Lega, lo stesso partito che durante un’informativa del Consiglio regionale richiesta per il giorno successivo alla manifestazione del 25 luglio, criticava i manifestanti per le loro proteste, invitandoli “ad andare a studiare”, pronunciandosi d’accordo con l’utilizzo del Daspo urbano (ovvero il divieto di accedere a un determinato luogo per motivi di ordine pubblico) verso i manifestanti e, infine, spiegando che chi deve ridurre le emissioni sono “Cina e India, non di sicuro il Piemonte”.

«Dando la colpa ad altri dimostrano che non c’è una visione olistica, interconnessa, dei cambiamenti climatici» – conclude Delfina –. «Ci dicono che la transizione non va affrontata ideologicamente ma qui si tratta di sopravvivenza».

L’articolo è tratto da Altreconomia dove è pubblicato con il titolo “I fogli di via delle questure che vogliono tagliare le gambe all’attivismo climatico”.

da qui

 Sul tema dell’attivismo fra i più giovani è interessante anche questo articolo pubblicato da “Sbilanciamoci”

Vertenze su obiettivi concreti

Il secondo raduno europeo dei Friday for Future, a Torino e i cui lavori ho avuto l’onore di aprire insieme al segretario della Fiom Michele Di Palma e a Carlo Petrini, è una boccata d’aria in questo clima elettorale asfittico, anche se quei ragazzi e quelle ragazze quasi certamente appartengono al partito che si astiene.
Luciana Castellina

SEGNALIAMO UNA VICENDA SIMILE A CATANIA

Comunicato di Solidarietà

Lo scorso 24 agosto, la questura di Catania ha dato un foglio di via di un anno dal comune etneo a un compagno che fa parte di diverse realtà politiche e associative impegnate, in città e in Sicilia, nella lotta antirazzista e per la libertà di movimento delle persone migranti.

Il foglio di via è stato comminato a seguito della notifica di un procedimento penale a suo carico con l’accusa di deturpamento e imbrattamento. Secondo il verbale, sulla “facciata principale della sede dell’Agenzia Frontex, sita in questa via Transito nr. 74” a Catania, “veniva lanciata della vernice contenuta in alcune latte e, mediante l’uso di bombolette spray, venivano scritte le seguenti frasi: “FRONTEX UCCIDE” e “BASTA MORTI”“.

Conosciamo il ruolo mortifero che l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera Frontex ha nel Mar Mediterraneo e agli altri confini della Fortezza Europa. Se servisse, l’inchiesta del quotidiano Le Monde che ha portato alle dimissioni in aprile scorso dello stesso direttore di Frontex, mostra bene la mancanza di trasparenza e le continue violazioni di diritti umani, come i respingimenti illegali in mare, che contraddistinguono l’operato di quest’agenzia. Non ci stupisce, quindi, se la sua seconda sede in Europa, che si trova a Catania, si sia ritrovata con delle scritte che indicano alla città che Frontex è complice delle stragi razziste compiute in mare.

Sottolineando che il compagno oggetto di tale provvedimento è allo stato attuale soltanto indagato, ci preme riflettere sul senso di questo foglio di via. Apparentemente è stato dato perché il compagno risulta residente in un’altra regione, rendendo irrilevante che da quasi due anni la sua vita lavorativa, sociale e affettiva sia radicata in questa città siciliana.

Questo atto segnala l’ennesima stretta repressiva in corso. E’ gravissimo che a Catania, come in molte altri parti di Italia, le questure continuino sempre di più a scegliere il foglio di via come metodo di censura e repressione a carico di attivistx impegnatx su diversi fronti di lotta. Non tolleriamo che si leda il diritto alla vita sociale, politica, affettiva e lavorativa con una misura repressiva che pone chi ne viene colpitx in un inaccettabile tempo d’attesa ed esilio. Una misura che richiede ingenti spese legali per poter essere revocata ma che può essere data sulla base di pregiudizi, in modo rapido e ampiamente discrezionale.

Infine, mostriamo l’amaro parallelismo che si viene a creare: nel foglio di via viene infatti ordinato il “rimpatrio” a proprie spese verso il luogo di residenza, così come spesso succede a chi viene colpitx da un provvedimento di respingimento alla frontiera. Sappiamo che la solidarietà collettiva coprirà i costi legati a questo spostamento coatto comminato all’attivista noborder e alla sua difesa legale. Chi è invece migrante, e magari anche razzializzatx, non ha quasi mai il privilegio di ricevere questo tipo di supporto.

E’ per questo che non smetteremo di dire che dei fogli di carta non possono decidere dove le persone devono fermarsi o non possono andare. Se pensano di farci paura o di isolarci si sbagliano, la lotta contro ogni tipo di frontiera e per la libertà di movimento e autodeterminazione delle persone continua.

Antirazzistx catanesi

Le firme che aderiscono all’appello: Sorcio Rosso, Arci Melquiades APS, Rete Antirazzista Catanese, Comitato di Solidarietà Popolare “Graziella Giuffrida”, C.s.a. Officina Rebelde, Gambian Youth Association, Comitato Territoriale ARCI Catania, Cobas Catania, Libera Assemblea Degenere Pratiche LGBTQIA+ Catania, Gruppo Anarchico Galatea – FAI Catania, Associazione Penelope coordinamento solidarietà sociale onlus, Comitato NoMUOS / NoSigonella, Potere al Popolo Catania, Rete catanese Restiamo umani- incontriamoci, Federazione del sociale USB catania, Arci Sicilia, Arci Amari – Caltagirone, Arci Porco Rosso – Palermo, Rete dell’agricoltura contadina e del lavoro in autogestione FuoriMercato Sicilia, Casa del mutuo soccorso FM Sicilia

Contadinazioni, FuoriMercato autogestione in movimento, Associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato – Cinisi, Comitato di Base No Muos Palermo, Assemblea No Guerra Palermo, Federazione anarchica siciliana, Forum antirazzista – Palermo, Progetto 20k – Ventimiglia, LasciateCIEntrare, Rete Mai Più Lager – NO ai Cpr – Milano, Linea d’ombra – Trieste, No Name Kitchen – Supporting people on the move Laboratoria TQF – Udine, Collettivo mai più cpr mai più lager – Torino, Sportello Il-legale – Torino, Collettivo Metamorfosi – Torino, CarovaneMigranti, Melting Pot Europa, Baobab Experience, Adif Associazione diritti e frontiere, Gruppo Mani Rosse antirazziste – Roma e Padova, Associazione Rete Milano Odv, Associazione comunista Olga Benario- Catania, Gruppo anarchico Bakunin-FAI Roma e Lazio

Per aderire all’appello o se interessat* a organizzare iniziative benefit o supportare direttamente i costi delle spese legali, scrivete a: [email protected]

L’iban di riferimento è : IT09G0501804600000017166307 – intestato a Arci Melquiades APS. Causale: sostegno alle spese legali

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